Voto ai 16enni per allargare il peso dei giovani nella società, è questo un degli obiettivi espressi dal neo-segretario del Pd, Enrico Letta, sostenendo che il suo non sarà un partito: “Che parla di giovani, ma un partito che farà parlare i giovani”.
Una ‘battaglia’ iniziata nel 2019 e accolta ora anche dall’assessore del Comune di Lucca, Francesco Raspini che propone di far votare i giovanissimi già dalle Amministrative 2022: “I grandi cambiamenti avvengono sempre sulla spinta di una nuova generazione che chiede spazio e diritti. Ma per farcela serve anche di avere i numeri dalla propria parte. E oggi i giovani sono la parte meno numerosa dell’elettorato attivo. In un paese che da troppo tempo invecchia, nel quale nascono sempre meno bambini e bambine, nel quale l’istruzione passa sempre in secondo piano, allargare il corpo elettorale ai sedicenni forse non basterà ad allagare il loro peso nella società, ma sarebbe un primo concreto passo in avanti”, dichiarava nei giorni scorsi.
In un sondaggio proposto ad alcuni giovani lucchesi, in 83 hanno risposto di essere in disaccordo con questa proposta e soltanto in 3 hanno dato un parere favorevole. La maggior parte sostiene che un sedicenne non sia pronto ad affrontare le varie tematiche politiche vista la scarsa preparazione a riguardo e il fatto che, oramai, l’unico dibattito a cui assistiamo sia quello sui Social espresso ‘a colpi’ di like e tweet.
La questione della maturità dell’elettore come motivo principale per negare un possibile abbassamento del limite di età è confermata anche da una ricerca svolta nel 2011 dal Circap (Centro interdipartimentale di ricerca sul cambiamento politico) della Regione Toscana. L’analisi mostra, in parte, anche una raccolta delle opinioni di coloro che fino al 2013 hanno ricoperto la carica parlamentare del Parlamento regionale degli studenti della Regione Toscana.
Nel 2007 l’Austria è stato il primo paese europeo a consentire ai giovani di 16 e 17 anni di votare alle elezioni nazionali, ma il dibattito sul tema, nella maggior parte delle democrazie occidentali, era già partito molti anni prima. Nonostante questo però, secondo il report, sono proprio gli elettori più giovani ad esercitare tale diritto in misura minore. Un’apatia politica in aumento dovuta al fatto che le nuove generazioni si sentono ininfluenti di fronte alle decisioni parlamentari. Ininfluenza alimentata anche dalla diminuzione del tasso di nascita e la simultanea crescita della popolazione adulta le cui esigenze sono più rappresentate. Secondo quest’ottica quindi, la proposta di attribuire il diritto di voto ai 16enni rappresenterebbe un’importante incentivo per i partiti politici i quali dovrebbero riadattare i loro comizi ad un linguaggio più fresco.
Dall’altra parte invece, i dati ‘denunciano’ una certa inclinazione giovanile ad idee estremiste, quelle che si fanno largo sul web e sono sempre meno le scuole in cui si studia realmente educazione civica; senza contare che la maggior parte di loro vive ancora con i propri genitori (l’Italia è uno dei paesi con il più alto tasso di disoccupazione giovanile) ed è dunque propenso a seguire l’orientamento politico della famiglia perché privo dei reali strumenti per entrare a far parte dell’effettivo dibattito politico.
Ad analisi concluse allora, se ne ricava che, se pur i 16enni e i 17enni in Italia siano in totale un milione e 140mila 216, quindi un numero marginale in termini di bacino elettorale (+2,16%), forse, prima di fare proposte per cavalcare l’onda, la politica, anche quella locale, dovrebbe lavorare per avvicinarsi davvero ai giovani rinnovando i propri metodi.
Ad oggi neppure gli universitari, se pur maggiorenni e i ragazzi disoccupati sono in qualche modo tutelati o resi partecipi, salvo eccezioni. La maggior parte di loro si presenta insoddisfatta per il funzionamento della nostra democrazia e non riesce ad identificarsi in nessun partito. Sarebbe più adeguato iniziare questo percorso di inclusione investendo di più nell’educazione civica nelle scuole per arginare il disinteresse e la disaffezione, per educare e informare. Sarebbe più opportuno ripartire dai maggiorenni e dimostrare concretamente che le esigenze dei giovani-adulti hanno una rilevanza, che c’è spazio per il futuro e per i diritti. I più giovani, soprattutto in questo momento, non hanno bisogno di ‘contentini’, ma di fiducia.
Il voto ai 16enni allora rimandiamolo a quando scendere in piazza con i cartelloni colorati del FridayforFuture avrà realmente un peso di fronte a chi ci rappresenta.