Organizzato da ACLI Circolo “La radice delle Idee”, Provincia di Lucca e SIULP, il seminario “la tutela del minore nella società digitalizzata” si è tenuto mercoledì 7 febbraio nell’Antica Armeria di Palazzo Ducale.
In apertura, portando il saluto del pres. Menesini, la consigliera Maria Teresa Leone ha ricordato l’impegno della Provincia a sostegno dei progetti su questo tema, recentemente affrontato anche in occasione della presentazione dell’iniziativa “Gentilezza Digitale”.
Vincenzo Alfarano, presidente del circolo, ha voluto poi ringraziare ACLI e la Provincia per aver supportato il circolo nella sua forte determinazione ad organizzare l’evento a Lucca.
Con la moderazione di Luigi Gino Velani, avvocato e professore a contratto dell’Università di Pisa, i lavori si sono focalizzati da subito sulla necessità della conoscenza degli strumenti e dell’ambiente digitale, per poter comprendere il contesto di riferimento dei giovani e anche per poter contrastare i fenomeni di devianza.
Il primo relatore ad intervenire è stato don Giovanni Fasoli, sacerdote, psicologo, psicoterapeuta e professore all’Università Salesiana di Torino. Don Fasoli tiene un corso di cybercrime a Verona, si occupa della prevenzione, educazione. Nella sua esperienza, don Fasoli ha tratto la convinzione che il cyberbullismo non è mai un evento monofattoriale, sia dal lato di chi lo subisce che di chi lo compie: il fatto in sé rappresenta il punto di caduta di una molteplicità di cause, motivazioni, dimensioni personali delle persone coinvolte. La multifattorialità è la cifra della dimensione “on life”: non c’è più una dimensione “online” ed una “offline”, conduciamo ormai una vita in cui le due dimensioni sono compiutamente compenetrate.
L’emergenza educativa principale è quella di avere un approccio radicalmente collegato alla realtà. In mancanza, l’intervento pedagogico non riesce: i giovanissimi sono in realtà saturati di informazioni sulla questione, e tuttavia ne sono ancora bisognosi. Questo perché il tema è affrontato quotidianamente ma in modo non sufficientemente collegato alla loro realtà. Il risultato è una refrattarietà a comprendere il messaggio. Va accolta la sfida, andando oltre il luogo comune: “tutta colpa della tecnologia”. Se ci si accanisce contro il digitale manchiamo semplicemente il bersaglio, perché così sfugge del tutto la questione della multifattorialità. A questo proposito don Fasoli ha mostrato un video, che usa spesso nei suoi interventi formativi, proprio perché a ben vedere non fa riferimento al digitale ma mostra bene invece la multifattorialità (in particolare, il primo dei 4 spot proposti nel video):
“Conosciamo i nostri figli? Li frequentiamo? Noi educatori, oltre allo studio e all’approfondimento, abbiamo una frequentazione reale con i ragazzi? La costruzione della loro identità si gioca ormai in quello spazio: vogliamo essere osservatori o avremo la forza di andare a vedere questi contenuti dal punto di vista dal nativo digitale?” Questo si è chiesto don Fasoli portando un esempio poco conosciuto ma già altamente pernicioso per i giovanissimi: l’app NGL, che consente di ricevere commenti anonimi sui propri social. Molti genitori nemmeno la conoscono e non si rendono conto quanto i minori sono esposti in un luogo come quello.
Don Fasoli ha concluso la sua relazione con un pensiero alla prevenzione – “la sfida è riuscire ad accompagnare i nativi digitali verso il passaggio a saggi digitali (digital wisdom)“ – ed uno al rimedio “Quando succede, l’unico modo è dare alla vittima quel senso di sé che le permetta, pur essendo dalla parte del bersaglio, di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Senza che questo tolga il ristoro, compresa la pena, previsti dalla legge“
Giuliana Guadagnini, psicologa clinica, psicoterapeuta, sessuologa, ha affrontato il fenomeno del revenge porn, particolarmente nella sua forma di pedopornografia non consensuale. In questo caso spesso tra minori la vittima è consenziente al momento in cui viene girato il video, non temendo l’uso che potrà esserne fatto. Al momento in cui c’è l’esposizione, questo causa un crash a livello della personalità, da cui conseguono disturbi di vario tipo. Nei fatti si osserva che spesso le famiglie colpite da questo reato cambiano casa come strategia di reazione. Ma si tratta purtroppo di un retaggio proveniente da un’altra epoca perché ormai quello che è in rete dura per sempre ed è accessibile ovunque.
Per la dottoressa Guadagnini il problema fondamentale è che la sessualità nell’adolescenza è ricercata nella rete, perché gli adulti non ne parlano e non fanno educazione affettiva. E qui si innesta la dimensione descritta da don Fasoli parlando di onlife. Per i giovanissimi il mondo è un unicum, senza capacità di distinguere l’online dall’offline. Così quello che succede online atterra nella loro vita reale, con effetti devastanti. Il fenomeno è molto più diffuso di quanto si creda, e di quanto se ne parli. Nella propria esperienza, Guadagnini ha rilevato che i ragazzi non avvertono assolutamente il pericolo: ritengono che il sesso che fanno in questo modo sia un loro modo di esprimersi e i tentativi degli adulti di parlarne vengono vissuti come un’invasione. I genitori sono perfettamente ignoranti rispetto a quanto avviene nell’ambito della sessualità online. Piattaforme come NGL sono un paradosso: in questo caso il soggetto si espone completamente e sono gli osservatori che conservano l’anonimato. Al fondo il problema è la visibilità: io sono visibile (ottengo like) quindi esisto. Il risultato è una totale sessualizzazione a scapito dell’intimità e dell’affettività.
Ma quali rimedi possono essere i rimedi? E quali strumenti? Per Guadagnini vanno forniti prima di tutto strumenti per decodificare la sessualità e per comprendere i rischi della rete. Usando strumenti che i giovani possano accettare: anche davanti ad articoli di cronaca non riescono ad immedesimarsi, mentre per esempio si ottengono migliori risultti utilizzando storie contenute nelle serie tv o sulle piattaforme streaming. Si ottengono risultati anche problematizzando la musica trap, con i contenuti molto forti che le canzoni di questo tipo veicolano. Ci sono anche testimonianze di coetanei, sui canali social, che raccontano la propria esperienza.
Prima di tutto però – in questo concordando con don Fasoli – per la dottoressa Guadagnini è indispensabile che gli adulti conoscano il più possibile il mondo dei giovanissimi, anche rivolgendosi ad esperti. Gli adulti devono superare il tabu e sforzarsi di informarsi su cosa fanno i ragazzi sulla rete.
Per l’avvocato Marco Martorana, professore a contratto presso l’Universitas Mercatorum, è semplicemente tardi per cercare di togliere i rischi per i minori dall’online. Gli esperti ci dicono che questo è il momento peggiore per essere minori online. Il minore passa infatti una parte importante della propria vita online, ma non è consapevole della differenza tra il tempo passato in connessione e quello sconnesso. Così come per gli adulti l’avvento dello smart working, favorito dalla pandemia, ha moltiplicato il tempo di lavoro ed i contatti, lo stesso effetto moltiplicatore si è ribaltato sul mondo dei minori: dallo studio al gioco, alla relazione. Questa dinamica è favorita e sfruttata commercialmente dal fatto che i social network sono costruiti per massimizzare il tempo di permanenza online dell’utente. I minori sono un target di mercato importante, perché hanno propensione alla spesa e potere di convincimento sui genitori.
Ancora più inquietante il fatto che i nuovi social siano costruiti in modo che gli adulti non riescono a starci, anche per la complessità di accesso. È un obiettivo esplicito: aumento di tempo di permanenza ed esclusione degli adulti. È per noi adulti difficile andare ad intervenire in un mondo in cui noi siamo oggi al massimo spettatori. L’intelligenza artificiale ci mette poi definitivamente fuori tempo: la nostra curva d’apprendimento è troppo più lenta. in questo quadro, Martorana sottolinea l’importanza della peer education, ossia delle metodologie di apprendimento tra pari, tra coetanei. ll minore non ascolta/non capisce un adulto quando parla di temi legati alla sicurezza digitale, ma può acquisire consapevolezza se vengono condivisi da una persona di un’età più simile alla sua. A proposito di questo, e prendendo spunto dal fatto che proprio in occasione della data del seminario ricorreva la giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, l’avvocato Martorana ha fatto un interessante parallelo: mentre il bullo più o meno se ne rende conto di esserlo, il cyberbullo spesso non ha nemmeno consapevolezza che ciò che fa è sbagliato/dannoso.
Il seminario è stato concluso dall’avvocato Zakaria Sichi, segretario AIGA Lucca, che ha esordito con una riflessione: anche la generazione che non è nata col digitale, ma che ha imparato a conviverci, si rende conto dell’accelerazione che il mondo ha avuto. E i ragazzi oggi viaggiano ancora più veloci. Nascono e si sviluppano fenomeni da capire; per esempio sono in crescita le statistiche relative ai decessi dovuti all’emulazione di comportamenti sbagliati/pericolosi veicolati in rete. Altro rischio: la dipendenza, da internet e da social. Anche alcuni reati si ribaltano sul web e traggono vantaggio dagli strumenti digitali, come ad esempio il cyberstalking.
Ci sono però anche opportunità: si va verso un mondo in cui non ci saranno più migranti digitali. Paradossalmente, per Sichi davanti a questa transizione così veloce dobbiamo avere un approccio che non è cambiato dagli albori della storia: il fuoco è pericoloso ma ha apportato grandi vantaggi.
Foto di Ron Lach per Pexels.