Una legge finanziaria prudente ma con le ali tarpate.

-

La legge finanziaria è arrivata. Con ostentata rapidità il Consiglio dei Ministri ha avviato l’ter della prima finanziaria interamente firmata da questo governo (la precedente era stata fatta a “4 mani” con il governo Draghi che la aveva impostata).

È una finanziaria abbastanza prudente: concentra gli sforzi nel mantenere gli sgravi fiscali della scorsa finanziaria che, anche quest’anno, sono però validi solo per un anno. Non c’è quindi la stabilizzazione ma solo una continuazione. L’effetto stimato è quello di dare, al massimo, un sostengo di circa 100,00 €/mese cioè 1’300,00 €/anno (contando la tredicesima).

Aggiunge qualche cosa sui redditi medio-bassi con una prima riduzione del numero degli scaglioni fiscali: viene estesa la prima fascia di reddito (quella che paga il 23%) dai 15’000,00 € ai 28’000,00 € cancellando la seconda (quella che andava dai 15’000,00 ai 28’000,00 € e che pagava il 25%). A conti fatti si tratta di uno sgravio fiscale che vale al massimo 260,00 €/anno. Non molto in valore assoluto sebbene la misura sia abbastanza costosa: 4-5 miliardi di euro complessivi secondo alcune stime. Segno evidente di quanto sia difficile fare tagli alle tasse.

Sempre in relazione al suddetto taglio, per limitarne il costo e per garantire la progressività, viene introdotta una franchigia sulle deduzioni per i redditi al di sopra di 50’000,00 € che, di fatto sterilizza il vantaggio sopra quella fascia di reddito. Il che equivale anche a mostrare come anche un sistema tendenzialmente piatto possa, tramite la gestione delle tax expeditures, essere progressivo come prescrive la costituzione.

Sempre in tema di attenzione ai redditi bassi c’è anche la super-rivalutazione delle pensioni minime per gli anziani (sopra i 75 anni).

In tema di “tagli” c’è una riduzione della spesa pensionistica spostando (di poco) in avanti il requisito per le pensioni anticipate. È la misura che ha più diviso il governo con la Lega che avrebbe voluto mantenere quota 103 (62 anni e 41 di contributi) e deve accettare la rimodulazione a quota 104 (63 anni e 41 di contributi). Scelta necessaria per mantenere almeno un po’ di equilibrio nei conti previdenziali che restano comunque sbilanciati nell’eccesso di spesa soprattutto in prospettiva dei prossimi anni. Sempre in tema pensionistico viene tolta anche Opzione Donna (misura di per sé assai discutibile perché prevede l’uscita anticipata per la parte di popolazione che vive più a lungo) assieme all’Ape Sociale a favore di un più corretto sostegno tramite il Fondo per la flessibilità in uscita: questo meccanismo permette, a determinate categorie, di uscire sempre a 63 anni (come quota 104) ma con meno anni di contribuzione (da 36), cosa che è più necessaria per le donne che spesso perdono anni di contribuzione per le maternità.

Più tagli che sostegni anche per le aziende: arrivano dei sostegni alle assunzioni (soprattutto per giovani, donne con figlio minori e ex percettori del reddito di cittadinanza), alcuni sgravi per le aziende del sud, i contratti di sviluppo e il rinvio della plastic tax e della sugar tax. Dal fronte dei tagli però sparisce l’ACE (Aiuto alla Crescita Economica). La differenza tra nuovi sostegni e sostegni tolti è negativa per circa 3 miliardi.

Per la sanità c’è un incremento del fondo nazionale che raggiunge il massimo storico. Ma l’aumento (circa 3 miliardi) è limitato e non tale da garantire un importante cambiamento: si tratta di un aumento del 2%. Meglio di anni precedenti ma certo nulla di miracoloso.

Finanziaria prudente, come dicevamo, ma resta una finanziaria con un significativo deficit aggiuntivo pari a circa 14 miliardi. Il grosso delle spese sono infatti assorbite (come abbiamo mostrato negli articoli sulla NADEF) da pensioni, interessi sul debito e pagamento degli oneri dei superbonus edilizi. Interessi sul debito e superbonus impattano per circa 33 miliardi (20 per il superbonus e 13 per gli interessi); 14 miliardi per le rivalutazioni delle pensioni in essere.

Un deficit aggiuntivo di 14 miliardi, pari a poco meno di un punto di PIL, è comunque considerato alto sul piano della tenuta del debito (che in questo modo, ovviamente, non cala) e potrebbe tendenzialmente essere pericoloso sulla scena internazionale. Al momento non costituisce una viva preoccupazione visto che la BCE (e i relativi banchieri centrali) sono più preoccupati dell’evoluzione del quadro generale che dei problemi di stabilità interna dell’Europa. In questo clima non vorranno certamente innescare anche tenzioni sul mercato domestico (ci sono già significative prese di posizione di Spagna e Irlanda ma anche l’andamento dello spread testimonia questo momento di fiducia nella BCE).

Complessivamente una finanziaria che imbarazza un po’ il centro sinistra, vista l’attenzione per ceti deboli e mancanza di tagli alla sanità (che rende la battaglia della sinistra abbastanza sterile), e che denuncia l’appesantimento dei conti dello stato operato dagli anni sconsiderati dei governi targati 5Stelle. Ma anche una finanziaria che, come abbiamo già evidenziato negli scorsi articoli, non potrà fare molto per spingere verso l’alto il PIL e, con esso, il benessere collettivo.

Foto di Pixabay

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

Share this article

Recent posts

Popular categories

4 Commenti

  1. Quando si ricorda l’avversione pluriennale nei confronti della riforma Fornero in materia di pensioni…caratterizzata da accuse e attacchi personali vergognosi verso la Professoressa, da parte di qualcuno che è nel Governo , alla luce delle misure restrittive in materia, presenti nella legge finanziaria, mi vien spontaneo dire: coerenza vo’ cercando ch’è sì cara…

  2. Premetto che quanto scrivo lo scrivo con beneficio d’inventario, basandosi su ricordi di molti anni or sono, pur se vissuti “con intensa rabbia”, e, quindi, in caso io commetta qualche errore, anche per quanto riguardi la attuale manovra – per la quale ci si avvisa di guardare i documenti “ufficiali” prima di giudicare -, documenti ufficiali che non conosco, e, quindi, in ogni caso mi scuso in anticipo per eventuali miei errori commessi, sia nel ricordare il passato, sia nel commentare il presente; e ringrazio chi, eventualmente, mi farà notare i miei eventuali errori.

    Per il passato:
    dagli anni dal 2011 in poi vi fu una delle tante campagne dei media (pensioni, contanti, moneta elettronica, digitalizzazione, esterofilia, evasione fiscale, cambiamento climatico, energie alternative, guerre, ecc.) che periodicamente si accompagnano “a completamento e commento” delle varie azioni intraprese dai vari Governi e, soprattutto, sul gradimento delle stesse da parte di Bruxelles e in relazione ai riflessi che tali azioni potrebbero comportare per la finanza.
    La democrazia, le regole, i diritti dei comuni mortali, ovvero i lavoratori, a me, a volte, posso sbagliare, ma sembrerebbero passare in secondo piano, anche se non mancano innumerevoli interpretazioni che ci spiegano che, proprio nell’interesse di questi ultimi, i lavoratori, tali azioni sono intraprese; mica per la finanza in se stessa!
    Quindi, quando da un giorno all’altro i pensionandi appresero che avrebbero lavorato cinque o sei anni, della loro, eventuale, vita rimanente, in più di quanto spettava loro di diritto fino ad allora, tutti spiegarono loro che:
    – era per il loro bene, altrimenti l’istituto pensionistico falliva;
    – il Paese tutto avrebbe rischiato di fare la fine della Grecia! (come se i Greci questo se lo meritassero);
    – andare in pensione quando spettava di diritto dopo aver pagato “tutti e sempre” i contributi previsti per legge era un atto di egoismo verso le future (future quanto, e quali?) generazioni;
    – i pensionati “prendevano più di quanto avevano dato”, per il sistema retributivo, per cui i giovani pagavano per gli anziani e, quindi, la tesi dei talk show era che i giovani avrebbero pagato per i pensionati; già, ma i pensionati, a loro volta, avevano “anche loro pagato per i pensionati precedenti”; e, quindi, avevano, di fatto, pagato per la loro pensione!
    – un diritto era acquisito solo quando lo si stava già godendo, non prima; i contratti, le regole e i patti stabiliti nel pagare i contributi, quindi, non contavano?

    Poi, se ben rammento, si iniziò, da parte di alcuni partiti, alcuni media e alcuni talk show, a proporre l’idea e il desiderio di calcolare le nuove pensioni a “contributivo” e non più a “retributivo”:
    Ovvero:
    – tu pagavi per decenni i tuoi contributi ma non ci prendevi gli interessi, come quando chiedi un prestito quarantennale ma:
    – ti ridavano solo quanto versato!

    Poi uscì una nuova tesi, sostenuta da alcuni partiti, forse poco avvezzi alla Costituzione e al diritto?:
    – ricalcolare a contributivo anche le pensioni già in essere, quelle già godute!

    Una esponente politica, all’epoca di un partito di minoranza, se ben ricordo, propose, perlomeno consapevole che ciò altrimenti sarebbe stato incostituzionale, addirittura di “cambiare la Costituzione” per ricalcolare a contributivo anche le pensioni già godute e in essere!
    Ricordate il nome di chi fece questa proposta?

    Per fortuna queste campagne mediatiche prima o poi passano.

    Anche se è ancora inascoltato il secondo, salvo errori, appello della Consulta a pagare il TFS subito, come per i privati, ai pensionati statali, e non differito nel tempo ed a tranches come attualmente accade.

    Per il presente:
    Mentre tutti i media dicevano che i pensionati a retributivo percepivano più di quanto versato
    (allora perché non dare la possibilità di riscattare il capitale per le pensioni a contributivo e, indipendentemente dagli anni lavorati, poter iniziare a percepirle da quando si desideri, se prendi solo quanto versato?),
    fiorivano proposte per i giovani con miseri stipendi e lontanissime e bassissime pensioni a contributivo di un qualcosa che, in pratica, era simile ai contributi “figurativi”, ovvero anche per i periodi non lavorati: un bel modo di dire che, mentre si asseriva di di dover prendere “solo quanto versato” per chi era a retributivo, per altri si poteva prendere, forse coi soldi risparmiati da chi aveva pagato tutto?, i contributi per quanto non lavorato e versato!
    Il massimo della coerenza!
    In questo quadro, parliamo della manovra presente, scusandomi sin da ora per eventuali errori nella precedente esposizione e in quella che sto per fare, non volendo incorrere in interpretazioni per inteso dire e non ufficiali:
    – se ho ben capito, dalla manovra verranno favorite , soprattutto nel diritto alla rivalutazione, (di nuovo, è giusto dirlo) le pensioni più basse, al 100%, mentre le altre verranno rivalutate meno di quanto spetterebbe.
    Inoltre, le pensioni sociali, quelle salvo errori già “aumentate al minimo” dallo Stato, quindi pagate dai contribuenti per i contributi non versati, saranno aumentate.

    Io non chiedo se ciò sia giusto o meno; io chiedo solo se ciò sia
    “coerente”
    con le campagne finora fatte da alcuni media, alcuni talk show e alcuni politici.

    Per quanto riguarda il cuneo fiscale, se ho ben capito cosa sia, mi chiedo:
    ma se uno prende di più perché paga meno tasse, con cosa si pagherà la pensione e il SSN?
    E, mi chiedo:
    le tasse che non paga per il cuneo fiscale, chi le paga?
    La fiscalità generale?
    I contribuenti? In questo caso avremo più stipendio ma poi, come contribuenti, pagheremo più tasse?
    O aumenterà il debito dello Stato?

  3. Per quanto riguarda il cuneo fiscale, se ho ben capito cosa sia,
    mi chiedo:
    ma se uno prende di più perché paga meno tasse, con cosa si pagherà la pensione e il SSN?
    E, mi chiedo:
    le tasse che non paga per il cuneo fiscale, chi le paga?
    La fiscalità generale?
    I contribuenti? In questo caso avremo più stipendio ma poi, come contribuenti, pagheremo più tasse?
    O aumenterà il debito dello Stato?
    Riflettendo, e senza bisogno di riflettere troppo,
    mi rispondo:
    ma lo stipendio,
    e gli aumenti di stipendio,
    non dovrebbe pagarli il datore di lavoro?

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Recent comments