Un chiodo.

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Tanto è bastato per mandare a ramengo mezza o più Italia.

Un chiodo ha tranciato un cavo che alimentava la centrale di controllo di Roma Termini, provocando a cascata il collasso della rete di controllo del traffico ferroviario.

Povero paese. Una umanità al collasso, tutto saltato, appuntamenti, lavori, amori, ore di attesa buttati nelle stazioni, senza spiegazioni, senza sapere se e quando…, forse…, han detto… ho sentito all’altoparlante…, mi pareva…, saravero…

Un grande disagio, indegno di un paese moderno, nel 2024.

E sia chiaro, non faccio politica diretta, non è certo colpa diretta dell’attuale Ministro o del precedente. Non fa il carpentiere. Non tocca a lui sorvegliare le minute operazioni.

Ma una grossa colpa i dirigenti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ce l’hanno.

A non aver pronta, efficiente, e controllata, soprattutto controllata, una riserva capace di sopperire in caso di interruzione della energia. Di questo ne sono responsabili. Direttamente e senza discussioni.

In effetti R.F.I. (sarebbero le vecchie FFSS) avevano un sistema di UPS, un accrocchio che se cala la tensione, grazie a delle batterie messe “in tampone” come si dice, cioè collegate ma non inserite, fa scattare un automatismo che fa partire un gruppo elettrogeno che eroga tensione; il disagio si misura in un minuto di interruzione e tutto riparte, in attesa di riparare il guasto iniziale.

Ma se il gruppo non va, o si spegne, fine delle trasmissioni. Ed è quello che è successo; dopo tre ore si è spento tutto. Nel 2024. In Italia. In pace.

Se fossimo in Giappone qualcuno faceva Harakiri.

Ma siamo in Italia. Per fare la cosiddetta “giustizia” troveranno l’ultimo operaio in fondo a destra, e daranno tutta la colpa esclusivamente a lui. Sistema già collaudato.

Non va creduto alle promesse politiche di rimozione, punizione, trasferimenti ecc. Probabilmente promuoveranno quei funzionari incapaci e maldestri.

Nel frattempo hanno “sospeso” il contratto; non annullato o disdetto o cancellato. “Sospeso”  guarda delle volte l’italiano che scherzi che fa.

Dopo la tragedia del Ponte Morandi il gruppo che gestiva la sicurezza dell’autostrada ha aumentato i dividendi…

A Caporetto invece di fucilare il Gen. Cadorna responsabile in capo della disfatta, fucilarono i soldati che senza ordini, per cercare di salvarsi la vita, ripiegavano per sfuggire alla spinta austro-tedesca.  Cadorna venne promosso e trasferito a Parigi; ballerine e champagne. I soldati decimati. A posto siamo. Giustizia è fatta

Per il disastro delle Stazione di Viareggio sono andati addirittura a cercare gli operai della revisione degli assali in Germania; figuriamoci. Quelli non ci han consegnato i criminali responsabili delle stragi naziste…

Vabbè. Tirem innanz.

Mi viene una riflessione personale.

Nel 2003 ero in servizio a Pisa, presso la caserma “Gamerra”. Tra gli altri incarichi, come Ufficiale del Genio, avevo la responsabilità della gestione delle infrastrutture. La “Gamerra” è estesa come un terzo di Lucca, ha oltre 70 edifici tra casermette e strutture logistiche.

Alloggia, a spanne, un migliaio di persone.

La caserma è alimentata da una linea di media tensione e dispone di una propria cabina MT/bt (ingresso in Media Tensione e uscita in caserma in bassa tensione, la 220 e 380 per capirci).

Come tutte le infrastrutture militari, al tempo, disponevamo anche noi di un sistema di emergenza.

In un locale vicino alla cabina elettrica, c’era un gruppo elettrogeno alimentato da un gigantesco motore marino, da rimorchiatore, un Perkins, un bestione montato su silent-block, per smorzare le vibrazioni, che faceva paura solo a vederlo. Quando era in moto non ci si stava vicino a 10 mt!

Le batterie erano in tampone sotto il motore e aveva un sistema di riscaldamento che manteneva “in temperatura” la testata per esser sempre pronta inverno ed estate. Disponeva anche di un serbatoio con una riserva di 1000 litri di gasolio, che consentivano 24 ore di autonomia.

In caso di attivazione una autocisterna avrebbe rifornito il serbatoio continuamente; facevo fare delle prove di accensione ogni 15 giorni, registrando i risultati in termini di tempo di attacco della tensione dal gruppo, in caso di stacco. Partiva praticamente al primo colpo! Durata media della interruzione effettiva dai 3 ai 5 secondi. Poi subentrava il potente ronfare del Perkins marino che con i suoi 1300 giri al minuto erogava tensione in quasi tutta la caserma.

In effetti la riuscivamo ad alimentare quasi tutta, ad eccezione di alcuni locali che non erano importanti, ad esempio la palestra, lo spaccio, alcune strutture logistiche secondarie, ecc. Ma le reti vitali, le luci perimetrali, il comando, il sistema di comunicazioni, le camerate ecc erano tutte in tensione. Funzionava.

Una mattina di settembre 2003, presto, scendevo dal Foro di San Giuliano diretto a Pisa.

Un grande black-out aveva colpito quasi tutta l’Italia, una roba di guasti dalla Svizzera che aveva provocato una grande interruzione di energia sulla rete nazionale.

La vista appena fuori il lungo tunnel mi colpì.

Era tutto nero, tutta la piana pisana era quasi completamente buia. Sullo sfondo le luci dell’aeroporto, poche, e per il resto… nero totale!

Tranne una lunga fila di luci gialle, ad andamento rettangolare poco sotto il Monte di Pisa.

Erano le luci della linea perimetrale della caserma. La mia caserma!

Arrivato all’ingresso in Via di Gello, chiesi subito all’Ufficiale di Picchetto se c’erano stati problemi?!

Assolutamente no, tutto funzionava. Il rumore rassicurante del gruppo elettrogeno in funzione, mi confermò l’attivazione del sistema di emergenza. Provvedemmo a posizionare la autocisterna di gasolio vicino al serbatoio del gruppo, per garantirci l’alimentazione nel caso di prolungamento della interruzione; per il resto eravamo pienamente operativi.

Nessun problema, noi. Come le altre nostre caserme.

Alle 11 ricevemmo una concitata telefonata dalla direzione sanitaria degli Ospedali Riuniti di Pisa. Ci chiedevano urgente assistenza logistica per posizionare nelle nostre celle frigo le riserve di vaccini e di medicinali sensibili che dovevano stare al fresco; avevano esaurito la capacità di mantenimento, per carenza di energia.

Riuscimmo a soddisfare la richiesta sgomberando una cella frigo della mensa.

Una bella soddisfazione.

Poi per fortuna la tensione normale tornò progressivamente su tutta la rete nazionale.

Nel 2024 R.F.I., le nostre Ferrovie, non riescono a dare corrente in caso di guasto.

Bel progresso…

Foto di LT Chan

Vittorio Lino Biondi
Vittorio Lino Biondi
Sono un Colonnello dell'Esercito Italiano, in Riserva: ho prestato servizio nella Brigata Paracadutisti Folgore e presso il Comando Forze Speciali dell'Esercito. Ho partecipato a varie missioni: Libano, Irak, Somalia, Bosnia, Kosovo Albania Afganistan. Sono infine un cultore di Storia Militare.

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1 commento

  1. Stamani leggo di un operaio della manutenzione linea investito da un treno sulla Bologna Venezia. Apriranno una inchiesta. Nelle Ferrovie della preistoria col. sorvegliante sulla linea interessata ai lavori che segnalava i convogli e carta e penna per garantire sicurezza ai treni e alle squadre in linea “il morto” era un caso eccezionale. Ma oggi siamo nel 2024…E tutto torna in uno, nello stesso pacchetto. Grazie Vittorio per la tua riflessione.

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