Clubhouse mi ha cambiato la vita e, statene certi, la cambierà anche a voi. La stessa sensazione immersiva, quasi irreversibile, l’avevo vissuta 13 anni fa quando, dai primi rudimentali esperimenti di socializzazione digitale con Msn e MySpace, si passava a quella immensa piattaforma che ogni mattina ci chiedeva “a cosa stai pensando?” di nome Facebook.
Anche all’epoca ricordo lo scetticismo e lo snobismo di molti, nascosto dietro la frase: ma che ci troverai a scriverti con altre persone dietro il monitori di un computer? Perché devo raccontare i fatti miei su un social network? Non aprirò mai un account, è una perdita di tempo. Il resto non spetta a me raccontarlo, è semplicemente storia. Su Facebook oggi ci troviamo anche la signora di 70 anni che lavora al panificio dietro casa, che urla contro Salvini o contro i decreti Conte, oppure che ogni giorno ci dà il buongiorno con il suo “kaffè”.
Succederà lo stesso con Clubhouse. Perché, quando sarà possibile per tutti accedervi, nessuno ne potrà più fare a meno. Sono sicuro di non sbagliarvi a sostenerlo, perché questa piattaforma ha un potere ipnotico che non avevamo mai vissuto finora.
Quindi, cos’è Clubhouse? Una app, un social network che utilizza quello che fino a oggi avevamo smesso di utilizzare: la voce. Detta così sembra una banalità e qualcuno potrebbe rispondermi: falso, ogni giorno ci mandiamo i vocali con whatsapp, in privato su Instagram, su messenger. Ma non è questa la possibilità di Clubhouse: su questa nuova piattaforma la voce è la nostra anima, la nostra personalità, che non si limita più alla foto profilo e a una bio più o meno dopata.
Chi incontri in quel viaggio ti vuol sentir parlare, si appassiona dei tuoi racconti, del tuo tono. Del suono che entra nella testa di chi ti ascolta. Questo è il luogo dove i contenuti, la gentilezza, il confronto, superano e buttano nella spazzatura i balletti di tik tok. Quasi a farci dimenticare che abbiamo dovuto sopportare dieci anni di bocche di galline, foto davanti allo specchio con gli addominali tirati, costumi sempre più inesistenti, uomini al volante di Lamborghini affittate o addirittura fotografati su aerei privati che non partivano mai in decollo, la cosiddetta cultura del tamarro che fa i soldi e li mostra sui social network. È finito tutto grazie a clubhouse, dove – a oggi – non hanno spazio quelli che, come dicono in quel gergo idiotia e incomprensibile, flexano, cioè mostrano pezzi da 500 euro e t-shirt con il brand più in vista di loro stessi.
Qui sta la differenza abissale tra Clubhouse e tutto il resto di quello che si trova nell’immenso pianeta di internet: a un bel culo si preferisce una frase detta in Italiano, a qualcuno che urla con una boccia di Dom Perignon, si preferisce chi ti racconta un pezzo della sua vita. Entrarci significa immergersi in un mondo nuovo, educato, ricco di contenuti, pieno di persone curiose e desiderose di parlare, conoscersi, approfondire, costruire un percorso di contenuti. E, sembrerà strano, ci troviamo tutti insieme nella stessa piazza, senza scale, senza livelli, in un social network orizzontale. Dove i followers non stanno verticalmente più in basso di chi ha più seguito, ma possono mettersi sul medesimo piano, fare domande, rispondere, confrontarsi, criticare. Ascoltare.
Nato circa un anno fa negli Usa, Clubhouse è sbarcato in Italia nel mese scorso, a gennaio, generando immediatamente forte curiosità e riscuotendo grande successo. Il segreto potrebbe essere nel sistema studiato dagli sviluppatori per accedervi che è molto selettivo: puoi scaricare ClubHouse solo se possiedi un iPhone. Ma non basta, per entrare sulla piattaforma devi ricevere un invito da qualche amico che è già dentro e in qualche modo ti “raccomanda”.
Ce l’hai fatta? Ora inizia un viaggio senza fine, del quale non potrai più fare a meno. Come funziona Clubhouse? Sulla home che scorre trovi le stanze, ognuna con un titolo, un argomento, scegli quella che preferisci e sarai dentro una grande piazza di discussione, dove vip, cantautori, esperti di marketing, giornalisti, scrittori, pazzi di genere parlano. Mai successo fino a oggi di poterlo fare alla pari. Alcuni nomi? Morgan ci vide dentro, poi Red Ronnie, Fiorello, Biagio Antonacci, ma anche direttori di giornale, personaggi tv: Andrea Delogu, Gabriele Parpiglia, Montemagno. Chiunque c’è sopra. Ogni stanza ha i moderatori che decidono chi deve prendere la parola e dettano i tempi oltre che i temi. La suddivisione è in due grandi insiemi: lo stage (il palco degli speaker) e l’audience (il pubblico che ascolta). Però questi equilibri possono essere inseriti: basta alzare la mano e quando il moderatore ti concede la parola, è il tuo turno. Sali sul palco e inizia la tua storia su ClubHouse. Sappi che da quel momento non potrai più farne a meno.