Dopo aver trattato dei paesi baltici passiamo ora ad occuparci di paesi che più pesano nello scacchiere internazionale, per rilevanza propria o per instabilità e precarietà. E cominciamo con la Turchia che per tutto il ‘900 ha rappresentato un riferimento occidentale nel medio oriente ma che dall’inizio del secolo in corso, ha cambiato significativamente la sua dottrina internazionale.
All’inizio del XXI secolo, la Turchia si trovava a un crocevia, divisa tra l’eredità di una repubblica laica fondata da Mustafa Kemal Atatürk nel 1923 e le sfide di un mondo sempre più globalizzato e complesso. Negli ultimi venticinque anni, il Paese ha vissuto un profondo mutamento politico, sociale ed economico, che ha ridefinito il suo ruolo sullo scacchiere internazionale e l’identità interna. Dalle riforme democratiche agli episodi di repressione, dalla crescita economica vertiginosa alla crisi finanziaria, ogni capitolo della recente storia turca racconta una nazione in continua evoluzione.
La trasformazione politica: tra riforme e autoritarismo
Quando Recep Tayyip Erdoğan salì al potere nel 2003 come primo ministro, la Turchia era vista da molti come un esempio promettente di democrazia islamica moderata. Il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), guidato da Erdoğan, avviò una serie di riforme che sembravano indicare un futuro di maggiore apertura politica e integrazione europea. Negli anni 2000, il governo adottò misure significative per soddisfare i criteri di adesione all’Unione Europea, tra cui riforme del sistema giudiziario, maggiore rispetto per i diritti delle minoranze e un miglioramento delle libertà civili.
Tuttavia, questa fase di speranza fu gradualmente offuscata da una crescente concentrazione del potere nelle mani dell’AKP e dello stesso Erdoğan. Dal 2010 in poi, il governo iniziò a mostrare tendenze sempre più autoritarie, culminate nel passaggio da un sistema parlamentare a uno presidenziale con il referendum del 2017. Questo cambiamento ha consolidato il controllo di Erdoğan, dando al presidente poteri esecutivi senza precedenti.
La repressione politica è diventata un tratto distintivo del regime. Dopo il fallito tentativo di colpo di stato nel luglio 2016, il governo dichiarò lo stato di emergenza, portando a una massiccia purga di oppositori reali o percepiti. Decine di migliaia di persone, tra cui giornalisti, accademici e funzionari pubblici, furono arrestati o licenziati. La libertà di stampa subì un duro colpo, con la chiusura di numerosi media indipendenti e la detenzione di giornalisti.
Diritti civili: progressi e regressioni
La Turchia del XXI secolo ha visto un’evoluzione contrastante sul fronte dei diritti civili. Se nei primi anni 2000 il governo AKP sembrava impegnato a promuovere riforme progressiste, negli ultimi anni il Paese ha subito un netto arretramento in termini di libertà individuali e diritti umani.
Le libertà di espressione e di assemblea sono state limitate, con proteste spesso disperse con forza e oppositori politici perseguitati. Le manifestazioni di Gezi Park nel 2013 rappresentano un momento emblematico: inizialmente nate come protesta ambientalista, si trasformarono rapidamente in un movimento più ampio contro il crescente autoritarismo del governo. La risposta dello Stato fu dura, con arresti di massa e un uso eccessivo della forza.
Anche i diritti delle donne hanno affrontato battute d’arresto. Sebbene la Turchia fosse stato il primo Paese a ratificare la Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere, nel 2021 il governo ha annunciato il ritiro dalla stessa, suscitando critiche internazionali e proteste interne. La decisione ha evidenziato una crescente influenza dei gruppi conservatori nella politica del Paese.
Le minoranze etniche e religiose, in particolare i curdi, hanno continuato a lottare per il riconoscimento dei loro diritti. Sebbene ci siano stati tentativi di dialogo con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) nei primi anni 2010, il conflitto si è riacceso, portando a un’escalation di violenze e a una repressione ancora più severa nelle regioni a maggioranza curda.
La religione nella vita pubblica
La religione ha assunto un ruolo sempre più prominente nella società turca sotto il governo dell’AKP, segnando un allontanamento dal rigido laicismo imposto durante l’era di Atatürk. Nei primi anni del nuovo millennio, molte delle politiche dell’AKP furono interpretate come un tentativo di equilibrare il rapporto tra religione e Stato, permettendo una maggiore libertà religiosa per la popolazione musulmana praticante.
Un esempio simbolico di questa trasformazione è stata la revoca del divieto del velo nelle istituzioni pubbliche, una misura che ha permesso a molte donne musulmane di partecipare più attivamente alla vita pubblica. Tuttavia, per alcuni critici, queste politiche hanno rappresentato una graduale islamizzazione dello Stato, alimentando tensioni tra i sostenitori del laicismo e coloro che appoggiano un ruolo più significativo della religione nella vita pubblica.
Le minoranze religiose non musulmane, come cristiani e ebrei, continuano a incontrare difficoltà. Sebbene la Costituzione garantisca la libertà di culto, episodi di discriminazione e attacchi contro luoghi di culto hanno sollevato preoccupazioni sullo stato della tolleranza religiosa nel Paese.
Sicurezza e politica estera: tra sfide interne e ambizioni regionali
La Turchia ha affrontato una serie di sfide significative sul fronte della sicurezza interna ed esterna. Il conflitto con il PKK ha rappresentato una costante fonte di instabilità, aggravata dall’afflusso di milioni di rifugiati siriani a seguito della guerra civile in Siria. La gestione della crisi dei rifugiati è stata sia una responsabilità che un’opportunità per la Turchia, che ha accolto più di 3,5 milioni di rifugiati, ma ha anche utilizzato la questione come leva nelle relazioni con l’Unione Europea.
Sul piano internazionale, la politica estera turca è diventata sempre più assertiva. L’intervento in Siria, le tensioni nel Mediterraneo orientale e le relazioni spesso complicate con i partner della NATO hanno evidenziato le ambizioni regionali della Turchia. Tuttavia, questa politica estera aggressiva ha spesso esacerbato le tensioni con i vicini e con gli alleati occidentali, contribuendo all’isolamento del Paese.
Il ruolo della Turchia nello scenario del Mediterraneo e nei conflitti regionali
Nel Mediterraneo, la Turchia ha assunto un ruolo di primo piano, spesso caratterizzato da una politica assertiva e controversa. Le tensioni con la Grecia e Cipro riguardanti le risorse energetiche nel Mediterraneo orientale hanno portato a dispute territoriali che coinvolgono diritti di esplorazione e giurisdizione marittima. Ankara ha intrapreso attività di trivellazione in aree contestate, sostenendo che queste rientrano nella sua zona economica esclusiva, una posizione che ha scatenato critiche da parte dell’Unione Europea e di altri attori internazionali.
Parallelamente, la Turchia ha svolto un ruolo decisivo in diversi conflitti regionali. L’intervento militare in Siria, motivato ufficialmente dalla necessità di combattere il terrorismo e creare una zona sicura per i rifugiati, ha avuto un impatto significativo sul corso della guerra civile siriana. Ankara ha anche fornito supporto diretto al governo di Tripoli in Libia, consolidando la sua influenza nel Nord Africa. Questo intervento, basato su un accordo bilaterale di delimitazione marittima con il governo libico riconosciuto dall’ONU, ha rafforzato la presenza turca nella regione, suscitando però la reazione di potenze rivali come Egitto, Emirati Arabi Uniti e Francia.
Complesso è poi il suo ambivalente rapporto internazionale con Russia e Occidente: sebbene la Turchia sia un membro storico della NATO, ha mantenuto e tuttora mantiene dei rapporti privilegiati con Mosca e personalmente tra Erdoğan e Putin. In questa direzione va letto il posizionamento della Turchia nello scenario libico e il potente legame commerciale (in particolare nel settore del gas). In altri contesti la Turchia si è mossa in modo anche opposto alla Russia, come nel caso dell’Ucraina dove la Turchia ha mantenuto un’alleanza anche in chiave di contenimento dell’espansione di Putin nel Mar Nero o in Siria, sostenendo l’abbattimento del regime di Assad.
La politica estera della Turchia riflette le ambizioni di Erdoğan di posizionare il Paese come leader regionale e potenza indipendente. Tuttavia, queste iniziative hanno spesso portato a un inasprimento delle relazioni con gli alleati della NATO e con l’UE, alimentando una percezione di isolamento internazionale. Nonostante le difficoltà, il ruolo della Turchia nel Mediterraneo e nei conflitti regionali dimostra la sua capacità di influenzare dinamiche geopolitiche cruciali, consolidando la sua posizione come attore imprescindibile nello scenario globale.
L’economia: un ciclo di boom e crisi
Il panorama economico turco è stato segnato da periodi di rapida crescita seguiti da gravi crisi. Negli anni 2000, la Turchia ha vissuto un boom economico, grazie a riforme strutturali, investimenti stranieri e una politica monetaria stabile. Questo periodo di prosperità ha portato a un significativo miglioramento del tenore di vita medio, con una riduzione della povertà e un aumento dell’accesso a beni e servizi.
Tuttavia, a partire dalla seconda metà del decennio 2010, l’economia ha iniziato a mostrare segni di fragilità. La dipendenza da capitali esteri, l’alta inflazione e il crollo della lira turca hanno portato a una crisi economica che ha colpito duramente la popolazione. La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente aggravato la situazione, aumentando la disoccupazione e riducendo il potere d’acquisto delle famiglie.
Le politiche economiche di Erdoğan, spesso caratterizzate da interventi diretti e decisioni controverse, come la riduzione dei tassi di interesse nonostante l’alta inflazione, hanno sollevato critiche sia a livello nazionale che internazionale. Nonostante questi problemi, il governo ha continuato a investire in grandi progetti infrastrutturali, come ponti, aeroporti e ferrovie, nel tentativo di stimolare la crescita.
Conclusione: un futuro incerto per una nazione cruciale
La Turchia del XXI secolo è un Paese che ha saputo reinventarsi più volte, ma che deve ancora affrontare sfide profonde per garantire un futuro stabile e prospero ai suoi cittadini. Le tensioni politiche interne, le pressioni economiche e le ambizioni geopolitiche continueranno a definire il percorso del Paese nei prossimi anni.
Per realizzare il suo potenziale, la Turchia dovrà trovare un equilibrio tra modernizzazione e tradizione, tra autoritarismo e democrazia, tra sviluppo economico e giustizia sociale. In un mondo sempre più interconnesso, il ruolo della Turchia rimarrà cruciale, sia per la stabilità della regione che per il dialogo tra Oriente e Occidente. un mondo sempre più interconnesso, il ruolo della Turchia rimarrà cruciale, sia per la stabilità della regione che per il dialogo tra Oriente e Occidente.
Eduardo