Cosa cambia nella lingua del nuovo dizionario? Prima il femminile? Dipenderà dall’ordine alfabetico delle lettere che compongono le parole
“Ci sosterrà la speranza che fra qualche anno, una donna che abbia deciso di professare l’architettura o la medicina, o che veda, nel suo futuro, la direzione di un’azienda o di un’orchestra, o infine che intenda arruolarsi nell’esercito, dopo aver sfogliato le pagine di questo dizionario, scelga di chiamare se stessa architetta, avvocata, medica, direttrice, soldata, anche perché lo dice il Dizionario Treccani”. Così il nuovo vocabolario Treccani, dopo aver annunciato una nuova edizione della lingua italiana, si difende dalle critiche ricevute.
Uscirà a ottobre, ma se ne parla da giorni, per decretare se sia o meno una trovata pubblicitaria all’insegna dell’ultima moda del politically correct; oppure se sia effettivamente necessario rivedere il nostro linguaggio e cambiarlo.
Cosa cambia nel nuovo dizionario. Definizioni più precise in italiano corrente e comprensibile, meno abbreviazioni e più chiarezza, esempi più realistici; specifica dei chiarimenti sui dubbi grammaticali più comuni, diritto a tutte le voci necessarie: le 2mila parole del vocabolario fondamentale dell’italiano contemporaneo si uniranno alle 45mila di uso comune, compresi i neologismi di maggiore rilievo.
Le donne chirurgo, se lo vorranno, si potranno definire chirurga (notaia, avvocata, medica): è questa una delle novità più discusse. Nel nuovo vocabolario infatti le professioni saranno registrate anche con il genere femminile. ‘Parlare Treccani’ significherà quindi lottare contro la discriminazione di genere. “L’esempio – dichiara Treccani – di una società che è cambiata e l’impostazione maschile in uso da secoli ha fatto il suo tempo. Se le nuove parole suonano o sembrano brutte è solo perché sono usate poco”.
Anche gli esempi d’uso delle parole non ricalcheranno più gli stereotipi di genere (non solo le donne stirano e non solo gli uomini dirigono aziende).
Quello però che genera scalpore da tutte le parti è l’ordine della forma degli aggettivi. La prima forma non sarà automaticamente il maschile ma “si scriverà prima il femminile – si legge -. Dovremo quindi cercare bella e non bello”. Anche se le cose non stanno proprio così.
La Treccani ha assunto un ruolo attivo nella lotta alla parità di genere. E la parità, definendola letteralmente, non privilegia né l’uno né l’altro sesso. Quindi la novitá è un’altra: di nomi e aggettivi saranno registrate entrambe le forme, ma in ordine alfabetico. Facendo un esempio, troverete scritto bella, bello (prima il femminile secondo l’ordine alfabetico delle lettere che compongono la parola), e lettore, lettrice (prima il maschile sempre secondo l’ordine delle lettere che compongono la parola).
La ricerca stessa dei significati dovrà essere rivista e insegnata secondo questo nuovo criterio definito in base alla ‘neutralità’ dell’ordine alfabetico delle lettere italiane e non del femminile.
Il femminile, finora ‘cancellato’ o dipendente dal maschile, sarà comunque ben visibile. Anche la parola uomini, usata per definire gli esseri umani in generale, donne comprese, è stata infatti sostituita con i termini esseri umani o persone.
Lo scacco matto del politically correct lo definisce qualcuno. Una decisione “assurda”, si dice, che arriva dopo che il Senato ha bocciato la proposta di “ristabilire i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere”.
In Aula quindi e nelle comunicazioni ufficiali, le donne si chiameranno ancora senatore, ministro, sottosegretario.
E che arriva dopo l’aula quasi vuota, il 25 novembre scorso (2021) quando si discuteva la mozione sulla violenza di genere.
Cedere alla moda, o cambiamento doveroso? I primi cambiamenti sono già arrivati anche nelle cronache locali: sindaca, assessora. Il dibattito sull’inclusività nel linguaggio è quindi aperto.
C’è chi sostiene ‘l’ordine maschile’, e non si fa problemi ad accettarlo. Abbiamo cercato le parole e gli aggettivi al maschile singolare, definito chirurgo, avvocato una donna ed è sempre stato così, secondo le regole del maschile inclusivo. A nessuno è mai venuta in mente la possibilità di un’alternativa. La lingua italiana prevede gli articoli, che già di per se distinguono il genere. La presa di posizione sulla scrittura anche del femminile singolare è assurda, figlia del politically correct, quando la discriminazione di genere è ben altro e non si risolve nel vocabolario.
Dall’altra parte invece le posizioni femministe, contro il sessismo del linguaggio, che sostengono un mondo che cambia e che sta mettendo in dubbio il maschile come genere di definizione di tutto quello che diciamo , scriviamo e riteniamo “non forzato”. Un mondo che dà valore simbolico al nome e all’essere nominate. “Che sia lo sbiadimento di questo ‘ordine’, che di fatto non si è mai preoccupato di rendere equa la lingua, a spaventarli?”, si chiedono i sostenitori di questo cambiamento.
L’unica certezza sono le cose che cambiano. Il cambiamento è un processo naturale, storico e sociale, che inevitabilmente non può, e non deve, convincere tutti. Che sia una trovata marketing, o simbolo di una rivoluzione ben precisa per rendere il linguaggio paritario perché ‘parlando s’impara‘, Treccani, a chi, prevedibilmente, si scaglia contro il suo prodotto risponde con un “Beh, amen”.
Se tutto ciò sia giusto o sbagliato, se ci porterá o meno verso nuove consapevolezze e nuovi modi di parlare, lo capiremo più in la. Di certo c’è solo che niente resta lo stesso.
(foto dal sito treccani.it)