Il dibattito politico di questi giorni è, ad un tempo, frizzante e demoralizzante.
Frizzante perché i leader non si risparmiano battute ad effetto e graziosi epiteti, dall’affettuoso “poveretti” allo sferzante “menzognera”. Quanto basta per tenere lo spettacolo acceso. Persino divertente da leggere.
Demoralizzante perché di contenuti non ce ne sono proprio.
Partiamo dall’opposizione.
Quando Schlein attacca sul MES è una distrazione. Detto con chiarezza: «chissenefrega»!
È certo che ad un certo punto verrà approvato. È certo anche che, ad oggi, nessuno stato è in attesa dell’Italia per poter utilizzare il nuovo strumento: quindi nessuno se subisce danno (e infatti la pressione internazionale per l’approvazione è prossima allo zero). È altrettanto certo che, come mezzo di coercizione verso l’Europa, è almeno deboluccio. Cosa che facilmente si deduce dal fatto che nessuno è in fila per usarlo.
Allora perché tutto questo scalpore? Semplice, perché sulle cose vere c’è ben poco che la segretaria del PD abbia da dire.
Lo stesso discorso si potrebbe fare sulla finanziaria: aveva promesso una contromanovra con indicazione delle fonti di spesa. Si è limitata a un generico elenco di maggiori spese senza neppure indicare di quanto maggiori. Il che le ha fatto gioco perché non dicendo quanto avrebbe speso di più non ha dovuto neppure dire dove prendeva i soldi.
In compenso ha fatto fuori quasi del tutto le primarie. Proprio quelle primarie che le hanno aperto, contro il volere degli iscritti la PD, le porte della segreteria del partito. Il tutto nel silenzio quasi totale del partito. Miracoli della comunicazione politica.
Per il resto dell’opposizione non ci si aspettava neppure una significativa coerenza di contenuti. Non certo da 5Stelle che hanno sempre vissuto sul crinale dell’ipocrisia populista. In questo raccogliendo una eredità della sinistra radicale, quella che si è sempre posta alla sinistra del PD e che in più occasioni non ha esitato a tagliare il ramo su cui era seduta pur di inseguire ideologie irrazionali. Un percorso che i 5Stelle hanno seguito allargando l’alveo con la retorica all’idea del nuovo (inteso come «homo novus» esterno alla politica) che ha portato alla guida del paese una «classe non dirigente» di incapaci che ha fatto più danni delle cavallette. Danni che pagheremo per almeno dieci anni (vedere alle voci bonus e superbonus).
Infine il centro. Il centro è afono per via della sua irrilevanza numerica. Irrilevanza che non può essere superata visto che i leader presenti sono geneticamente incapaci di vedere oltre il proprio ombelico. Peccato, perché almeno Renzi avrebbe una intelligenza politica grande. Non grande come il proprio ego, naturalmente, ma quasi. E questo è un grosso complimento.
E ora parliamo della maggioranza.
Da destra si gioca sulle mancanze altrui. Si sbeffeggia, e questo riesce facilitato anche dall’inconsistenza della minoranza, ci si divide sulle sciocchezze e si perde tempo.
Le uniche cose che hanno funzionato sono la politica internazionale e un sufficiente freno alla spesa pubblica.
Non molto in assoluto: dovrebbe essere il minimo sindacale anche solo per poter pensare di sedersi ai banchi di un governo di una nazione come grande come la nostra. Neppure poi poco se paragonato a quanto abbiamo visto negli ultimi anni. Negli ultimi, molti, anni. Potremmo dire da inizio millennio: venti anni in cui abbiamo scalato tutte le classifiche. All’indietro.
I problemi li sappiamo tutti.
Debito pubblico. Pubblica amministrazione inefficiente e ipertrofica. Un sistema iper-regolato che ingessa lo sviluppo. Una giustizia che non fa giustizia.
Mi piacerebbe vedere una politica che spiega ai cittadini come e perché dobbiamo revisionare le spese interne e abbattere il debito. Anche se sarà faticoso e non certo una gita di piacere. Partendo da quella previsione monstre di oltre cento miliardi di spesa annua di interessi prevista a partire dal 2025/26. Quanto tutto il superbonus ogni anno.
O parlando della reale sostenibilità di una spesa di pensioni da oltre trecento miliardi annui. Un costo medio di 1’000,00 €/mese per ogni lavoratore attivo. Soldi che non vanno ad accumuli per pensioni future ma a pagamento per pensioni attuali che, molto spesso, non hanno mai accumulato abbastanza per quanto erogano. Pensioni che non sono affatto socialmente eque con valori erogati, previsti per chi andrà in pensione nei prossimi dieci anni, enormemente inferiori a chi è in pensione con vecchi contratti. Differenze anche di metà a parità di vita lavorativa.
Spese follemente accettate, un pubblico che è ipertrofico e mal gestito, una propensione alla «furberia» che viene accarezzata invece che stigmatizzata. Questa è la nostra politica.
È così che viene naturale cercare e sperare in un cavaliere bianco: un salvatore di patria che possa mettersi alla guida della nazione e risanare ciò che è ferito; aggiustare ciò che è rotto; raddrizzare quello che è storto.
Ma la realtà è che una tale attesa è, pressoché sempre, illusoria. Ogni paese ha la classe dirigente che si merita. Nel senso che ha quella classe dirigente che, di volta in volta, vota e che quindi ha selezionato. Se davvero volgiamo che le cose cambino, dobbiamo cominciare a non cercare scorciatoie, vantaggi e mezzucci.
Dobbiamo ripartire dall’etica: etica del lavoro che significa lavorare di più e non aspettarsi regali, come pensioni anticipate rispetto a che verrà e trattamenti di favore di vario genere; etica delle relazioni che significa che non possiamo essere furbescamente malevoli a proprio vantaggio, come quando si invocano diritti acquisiti che non sono diritti ma solo privilegi che si vuole difendere; etica pubblica che significa che quello che è pubblico va considerato con maggiore rigore di quanto è nostro perché un po’ lo è davvero e un po’ è di qualcuno che ne ha bisogno davvero e non può essere scialacquato mai. Etica: questa sconosciuta; questa bistrattata.
Davvero senza un cambio di mentalità non possiamo pensare che il nostro paese cambierà. Ed è davvero miope pensare che possa arrivare dal nulla qualcuno che possa raddrizzare quello che noi, tutti noi, in fondo non vogliamo che cambi.
È tanto romantico quanto naïve e autoassolutorio pensare che la salvezza possa arrivare dall’esterno con un salvatore, sia esso Draghi o qualche nuovo condottiero.
La politica italiana negli ultimi anni è fatta così: fascinazione per il nuovo leader di turno e «business as usual»: Letta, Renzi, Salvini, Conte, Draghi, Meloni. Non tutti uguali, naturalmente, non tutti sullo stesso livello. Alcuni decisamente folkloristici, altri vanitosi e tronfi, altri ancora veramente di alto profilo. Ma tutti senza un vero partito con loro, senza una vera possibilità di trasmettere al popolo una nuova idealità di stato.
Per questo è vera, per noi, la massima di Bertolt Brecht: «sventurata la terra che ha bisogno di eroi».
Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi
Foto di Alexa Popovich
Non sono d’accordo, per motivi troppo lunghi da argomentare, e questa non è una scusa perché non sappia argomentare, laddove lei parla di pensioni.
D’accordo con lo stop ai bonus vari. Pagasse chi deve, non la fiscalità generale o, peggio, come mi sembra accadere nel caso dell’Assistenza, neanche la fiscalità generale ma solo chi vorrebbe pagare contributi per la “sua” Previdenza e vede tali contributi, salvo errori, essere poi destinati anche all’Assistenza, con un calo dei suoi diritti (eh, si: i diritti . se pagati, sono diritti): e questo mi sembra essere uno dei problemi relativi alle pensioni. Problema grave, anche perché, in questo caso, salvo errori, tale eventuale “giro di destinazione” dei propri contributi, neanche viene ripartito tra tutti con la fiscalità generale ma, soltanto, se esatta la mia tesi, verrebbe posto a carico dei soli lavoratori dipendenti.
Una piccola proposta per risolvere il problema del debito pubblico: una “imposta di scopo sul debito pubblico”, naturalmente sopportabile e da non pagare tutta insieme, ma diluita nel tempo e, soprattutto,
altamente “progressiva”.
Con una progressività basata, per quanto possibile, sul reddito “reale”; il compito di accertare tale reddito reale a carico di chi di dovere in questo campo.
Escluderei dalla progressività, per motivi, anche qui, troppo lunghi da argomentare, ma non è una scusa per evadere l’esposizione, la “proprietà”, ma considererei solo il reddito; anche perché la proprietà deriva dall’impiego del reddito e, una volta accertato il reddito, poi, uno non dovrebbe essere ritassato di nuovo sull’uso che del suo reddito già tassato faccia.
Sì, è sventurato il Paese che abbia bisogno di eroi invece che della normalità; tanto più sono d’accordo quando vedo come si stia riducendo lo stato sociale, la scuola pubblica, la Previdenza e, soprattutto, il Servizio Sanitario Nazionale: i cittadini onesti che hanno pagato tutto e ne vorrebbero usufruire “normalmente”, e i lavoratori di tali settori, ormai, mi sembrano più eroi che utenti e lavoratori; perlomeno quelli che non scappano all’estero.