Ormai è questione di poco. Nemmeno due giorni. E poi il funesto 2022 se ne andrà. Per sempre. A stare a quello che si ascolta dalla bocca della gente – pensieri in libertà, sospiri profondi, auspici – era da tanto che la fine dell’anno non fosse attesa, con così condivisa soddisfazione. Come la fine di un periodo negativo, come la conclusione di un tempo di pena, il cui bilancio, a conti fatti, segnalava che le cose brutte e cattive avevano superato quelle buone e belle.
Ognuno per suo conto, per poi diventare senso generale, vive questi ultimi giorni del 2022 con la speranza, di essere finalmente giunto alla chiusura di un anno funesto. Ed anche se, gli ultimi doni lasciati in eredità dal 2022 sono tali da angosciare – innanzitutto la drammatica ripresa della diffusione del Covid in Cina, ma anche i venti di guerra che ci arrivano dalla polveriera balcanica – ci affidiamo all’anno che viene con la fiducia che sarà migliore dell’anno che se ne va.
Anche per queste pulsioni che vengono dal profondo dei singoli e percorrono le comunità, si può stare certi che i tradizionali festeggiamenti del 31 dicembre saranno vissuti con più intensità, con più vigore, con più frenesia di quanto non sia accaduto nel recente passato.
Dappertutto, per il mondo grande, come per il mondo piccolo, gira una forte ansia di Vita Nuova: la pace che metta fine alle guerre; la sconfitta delle malattie; la generosità che sconfigga l’egoismo, il Mediterraneo tornato il mare amico dei popoli in cerca di un loro migliore destino; il sorriso che riappare sul volto degli uomini e delle donne che finalmente vivono la gioia del dono.
La Vita, quella degna di essere vissuta, è da intendersi come un Dono meraviglioso che i più fortunati devono saper condividere con chi è rimasto indietro. Le comunità prosperano se tutti i loro membri se ne sentono partecipi e si riconoscono nei loro avanzamenti.
E così possiamo e vogliamo guardare al 2022 che ne va con un sospiro di sollievo: quel vecchierello stanco e macilento che consuma i suoi ultimi giorni ed ha già spalancato la porta che lo allontanerà da noi, lo dobbiamo ricordare come un anno funesto. Uno di quegli anni che poi la Storia catalogherà come terribile: cupo, triste, cattivo.
Ma qui conviene ripetere le parole dell’antica saggezza che sapeva recare conforto all’umanità in preda alla disperazione: a notte più fonda, aurora più vicina. Profezia che un grande poeta, P.B. Shelley, seppe affidare ai versi dell’“Ode al Vento Occidentale”: “Se l’inverno viene, l’aurora è più vicina.”
E così possiamo e vogliamo guardare al 2023 che viene con animo aperto e fiducioso: quel lieto bimbo paffuto che scalpita per dare inizio alla sua benigna opera e quasi corre per congiungersi a noi, lo dobbiamo immaginare come un anno propizio. Uno di quegli anni che entrerà nella Storia, grande e piccola, come felice, buono, generoso, degno di essere vissuto con il cuore aperto alla speranza.
A stare sereni ( o Sereni) si sta meglio e si fa stare meglio.
Buon 2023.
“La Vita, quella degna di essere vissuta, è da intendersi come un Dono meraviglioso che i più fortunati devono saper condividere con chi è rimasto indietro.”
Professore grazie per le sue parole che ogni giovedì ci illuminano e ci donano speranza!
L’Articolo di oggi è un vero capolavoro di positività, iniezioni fondamentali nel periodo storico che stiamo vivendo! GRAZIE
sono parole che lasciano una speranza a questa umanità tormentata. Grazie Umberto
Grazie professor Sereni che ogni giovedì con saggezza ci fa compagnia, e colgo l’occasione per fargli gli auguri di buon 2023.