Il Partito Democratico non riesce più a nascondere la sua vera natura, è inutile negarlo. Travolti da una crisi sanitaria ed economica con pochi precedenti, in questi mesi abbiamo assistito all’harakiri di un Partito che non sa cosa vuole e soprattutto non sa più chi è. È ormai impossibile dire il contrario: nel PD ci sono delle contraddizioni evidenti, che non si possono più rintuzzare a colpi di bei discorsi. Dopo la tremebonda alleanza con i 5 Stelle, a livello nazionale abbiamo constatato la morte ideologica del Partito a causa di due questioni bollenti: l’approccio al cosiddetto “caso Palamara” – che non è altro che la rappresentazione pratica della preoccupante preordinazione della magistratura agli altri poteri dello Stato – e la ondivaga posizione sul prossimo referendum in merito al taglio dei parlamentari. Su queste vicende l’atteggiamento degli uomini di Zingaretti è stato morbido, mellifluo e barcaparista. Dietro agli slogan di un tempo, sembra non esserci più niente. Dobbiamo prendere tristemente atto, dunque, della reale indole del PD. Un Partito Democratico che – con nostalgia e barocchismi vari – da un lato strizza ancora l’occhio al bacino elettorale di una volta organizzando con emozione le Feste dell’Unità e, dall’altro, recepisce istanze e accoglie tra le sue fila persone che con la gente comune non hanno niente a che fare.
Non deve stupire, allora, quanto sta accadendo in città. A Lucca stiamo assistendo ad un teatrino comico, che vede in atto una guerra fratricida tra due correnti che – per differenze ideologiche e programmatiche – pare impossibile possano condividere lo stesso Partito. Personaggi istituzionali che corrono, con gli uffici stampa al seguito, a presentare i candidati di corrente. Potentati che si muovono compatti e nessuna visione di insieme. Nemici storici, ormai desautorati di ogni benché minima visibilità, che hanno saltato il fosso e adesso siedono accanto agli avversari di un tempo in cerca di una vetrina patinata. Alle presentazioni ufficiali tante teste bianche, pochi giovani e i vertici dei poteri economici cittadini che accorrono per farsi stringere le mani da candidati più o meno compiacenti. Di gente normale neppure l’ombra: lavoratori, impiegati e operai non se ne vedono più. I ritratti di Lenin, Che Guevara e Berlinguer – che pure sono ancora appesi alle pareti della sede cittadina del Partito – sono ormai un triste retaggio del passato, un simulacro privo di senso.
In questi ultimi mesi, in città, abbiamo visto veramente di tutto. Abbiamo avuto la dimostrazione di come il Partito sia democratico, sì, ma solo quando conviene. Abbiamo visto amministratori che hanno perso ogni contatto con il tessuto sociale, e che considerano cittadinanza e opposizioni un inutile orpello del funzionamento della vita politica locale. Abbiamo letto di Verità con la V maiuscola, come ci hanno fatto sapere tramite i canali social non appena era terminato l’ultimo Consiglio Straordinario sulla Ex-Manifattura…come se noi quel Consiglio non lo avessimo realmente visto! Abbiamo assistito, ancora, ad un generalizzato atteggiamento di supponenza e perfino a galassie di strani e preoccupanti profili fake. Abbiamo assistito ad un’errata e pericolosa interpretazione del concetto di democrazia rappresentativa, della serie: “io sono stato eletto e ormai faccio quello che voglio, voi non fate troppo rumore!”. Roba da brividi, tanto più se poco dopo arrivano i giornali di regime a ribadire lo stesso principio: dissentire, sì, ma non troppo.
È inutile dire di no, la vicenda di San Concordio ha lasciato l’amaro in bocca a molti. I cittadini del quartiere non stanno dalla parte dell’Amministrazione, e ormai non è neppure più una questione di merito ma di metodo. E pensare che, fino a qualche anno fa, quegli stessi amministratori che oggi usano il pugno di ferro militavano nei comitati e condividevano battaglie con chi adesso alza la mano per farsi ascoltare. Oggi sembrano democristiani incalliti, e Cossiga a confronto pare un novellino! Petizioni inevase, consiglieri che danno la loro personale parola e poi se la rimangiano scomparendo improvvisamente, un Sindaco che perde subito le staffe di fronte a chi prova a far sentire le proprie ragioni. Tant’è, purtroppo.
La vicenda dell’Ex-Manifattura, poi, sta creando un vero e proprio cortocircuito nella sinistra cittadina. Ci sono turbolenze e porte sbattute, tutti sappiamo che a sinistra varie voci autorevoli dissentono. Alcune vengono isolate, altre vengono intelligentemente cooptate e quindi silenziate. L’Amministrazione – checché se ne dica – non ha sciolto molti dei dubbi che ancora oggi si addensano sul progetto. È ovvio che tutti vogliono il recupero di un’area strategica come quella dell’Ex-Manifattura. Altrettanto ovvio è che – soprattutto in una realtà come Lucca – non è possibile non interfacciarsi con un Ente importante come la Fondazione Cassa di Risparmio, che oggettivamente tanto ha fatto (con le risorse di noi tutti, ogni tanto ricordiamocelo) per la città. Altro discorso, però, è chinarsi supinamente ai diktat del potere economico.
I cittadini lucchesi sono ancora in attesa di capire se ci sono inopportune intersezioni tra personalità in forza al Comune, alla Fondazione e alla società Coima. Chi ha deciso, poi, che il Baluardo esce dal progetto? Sono stati i vertici della Fondazione ad annunciarlo durante l’ultimo Consiglio Comunale Straordinario e, in città, i maligni sostengono addirittura che l’Amministrazione ne sia venuta a conoscenza soltanto in quella sede. E, date le immediate precisazioni di Coima sul punto, per quanto tempo il Baluardo resterà veramente fuori dall’operazione? I cittadini lucchesi sono ancora in attesa di capire perché – in tutta fretta e piuttosto in sordina – sia stata adottata la variante semplificata, in deroga al “programma complesso” che avrebbe comportato un dialogo con la città e con le opposizioni nelle opportune sedi istituzionali. Caso strano, si dice che proprio questa sia la condizione a cui Coima ha subordinato il suo interesse per l’immobile, ovvero la concessione del permesso diretto di costruire senza passare dall’assise comunale. Briglie libere, dunque. E perché, nonostante le perplessità e le richieste di informazioni che sembra siano state avanzate da alcuni dirigenti, la suddetta variante semplificata non è stata assoggettata a Valutazione Ambientale Strategica? Perché se tutto è ancora in fase embrionale e non c’è niente di deciso – come si affrettano a precisare – si dice che per il progetto è stato costituito un Fondo che ha già visto cospicui movimenti di denaro? Cosa c’è di vero in tutto questo?
È mai possibile che un Partito che si chiama Democratico – e che spesso dichiara di essere il Partito di tutti – tenti di autolegittimarsi sfidando chiunque solleva dei dubbi a presentarsi in Procura? È questo il modello di governo a cui ci dobbiamo abituare? Perché – viene da chiedersi – c’è stato tutto questo mistero? Qual è, davvero, il destino della Ex-Manifattura? Appartamenti di lusso? Spazi commerciali per grandi catene che ucciderebbero definitivamente l’artigianato e il commercio cittadino? E se si, in che misura? Qui, in vista del prossimo Consiglio Straordinario, si gioca davvero la partita. Qui il PD lucchese deve dimostrare che cosa è e che istanze vuole intercettare. Per carità, niente di male a recepire quelle del potere economico. Ma, in questo caso, che ci vengano almeno risparmiate le spruzzate di quella insopportabile retorica di chi millanta vicinanza alla gente comune. Una vicinanza che, in realtà, non c’è ormai da molto tempo.