Riforma del Terzo settore. Abbiamo creato un mostro?

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Ma chi me lo fa fare?!?” Prima o poi se lo sono chiesto tutti nel volontariato, dal sociale allo sport passando per la cultura, i giovani ecc. Adesso questa domanda risuona più che mai davanti alla porta con la targhetta “RUNTS” di un ufficio comunale del capoluogo, quello a cui in Toscana è affidata la gestione del Registro Unico degli Enti di Terzo settore. Intendiamoci, non è colpa dell’ufficio in sé, che ha solo la sventura di essere il punto di frizione di un sistema in torsione per effetto della cosiddetta Riforma del Terzo settore. Ora che il Registro comincia a entrare “nel vivo” infatti – dopo appena sei anni dalla legge che l’ha istituito! – i nodi arrivano al pettine. Tanto per cominciare il quadro è ancora confuso e non si sa bene come coordinare il nuovo sistema con il preesistente, un problema che affligge in primis il grande mondo della promozione sportiva (per intenderci: tutte quelle preziose realtà locali che organizzano il tempo libero dei bambini e dei ragazzi del territorio), mentre aumentano le responsabilità e gli adempimenti in capo a presidenti e dirigenti. Per l’iscrizione e gli altri servizi sono necessari lo SPID e la PEC, tutte le procedure sono online e anche con l’aiuto dei facilitatori digitali non tutti sono a proprio agio in ambito digitale.

E con i doveri arrivano anche i costi per tutti, perché adeguarsi alla nuova disciplina comporta modifiche agli statuti (leggi: spese per registrazione, notarili ecc.) che possono comunque non bastare, visto che nel frattempo il Ministero del Lavoro emette una profusione di circolari e note interpretative che aggiungono dettagli e requisiti ulteriori. Le Regioni poi ci mettono del proprio: così quello che va bene in Toscana non va più bene ad esempio in Sardegna, con buona pace della certezza del diritto.

E i costi continuano a correre anche dopo la registrazione, dato che per esempio per stare nel RUNTS è obbligatorio usare i modelli di contabilità e bilancio adottati dal Ministero: molti commercialisti, che prima aiutavano le associazioni a condizioni di favore, si stanno rendendo conto di non poterlo più fare in modo sostenibile.

Ma chi glielo fa fare, allora? Appunto: gli Enti locali, i finanziatori, i donatori, il sistema stesso. Stare nel Terzo settore è infatti condizione necessaria per poter continuare a raccogliere le risorse per le attività sociali: 5 per mille, accesso ai bandi, contributi, convenzioni, sgravi fiscali. Così il Registro introduce una tassa occulta che si mangia una parte delle risorse (dai 500 agli 800 euro annui come minimo) finendo per rappresentare uno sbarramento all’accesso per le realtà più piccole. Per capire quanto incida facciamo un esempio: una piccola associazione che partecipa ad un bando della Fondazione Cassa di Risparmio, che a Lucca rappresenta il principale motore di tantissimi progetti, può ambire ad un contributo massimo di 3.000 euro, a cui spesso deve aggiungere un cofinanziamento ulteriore del 20%.

Ma anche le associazioni più strutturate non se la passano bene: ogni modifica allo Statuto richiede il notaio (dai 600 ai 1.000 euro), per ottenere la personalità giuridica va conferito un capitale minimo di 30.000 euro (per un’impresa ne bastano solo mille!), è obbligatoria la perizia di un professionista per far stimare il proprio patrimonio. E gli oneri crescono con l’aumentare delle dimensioni.

Dunque associazioni sull’orlo di una crisi di nervi, che sentono come non sia stato raggiunto il giusto equilibrio tra l’opportunità di riformare il quadro giuridico e la necessità di favorire, o almeno non ostacolare, la solidarietà organizzata.

Tra pochi giorni si riunirà l’assemblea per il rinnovo della delegazione lucchese del Cesvot, il centro servizi al volontariato della Toscana che è in prima linea a fianco delle associazioni impegnate nel passaggio al RUNTS. Tutti gli enti di Terzo settore della provincia hanno diritto di voto e sono chiamati a partecipare a questo momento importante che si sta svolgendo con analoghe modalità anche nel resto della Toscana. La speranza è che sia un’occasione per cominciare a discutere di come ricalibrare il sistema.

Foto di freestocks su Unsplash

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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1 commento

  1. Il Codice, gli adempimenti operativi, le successive modifiche e specificazioni , rappresentano questo conflitto continuo tra solidarietà e profitto, se tutti fossero d’accorso e i paletti eliminati, il fenomeno della volontarietà sarebbe alla base di un altro sistema economico e sociale con profondi risvolti culturali ed educativi, Comunque grazie Andrea del tuo interesse, ci vedremo al Cesvot ?? Maurizio Claroni

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