Quando un sindaco è “stanchino” del suo partito e diventa civico…

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Quando i partiti sono in crisi, fioriscono le liste civiche. Lo sappiamo bene nel nostro Paese, quanto meno dai tempi che si cominciò ad avvertire che la Prima Repubblica dava segnali di decadenza. Ci siamo di nuovo e, se analizziamo la situazione attuale, anche in Lucchesia. Per essere più precisi, rispetto agli anni Ottanta e con l’elezione diretta dei sindaci, sono proprio molti primi cittadini che non si ritrovano in linea con il loro partito. Premessa, per iniziare, riguardo il sindaco di Lucca Pardini: è un caso a parte perché lui era già civico prima di vincere e guidare una giunta di centrodestra ma è a lui che si sono rivolti (in extremis, sembrava disperazione) i partiti di riferimento, con aggiunta appunto della sua lista civica Lucca 32, nel tentativo di conquistare il capoluogo – e in effetti è per buona parte merito di Pardini stesso se ce l’hanno fatta (oltre che per demerito del centrosinistra uscente).

Ma andiamo avanti. Il sindaco di Viareggio Del Ghingaro addirittura sta promuovendo una aggregazione di colleghi toscani per presentarsi alle prossime elezioni regionali, se ci saranno in autunno (precisazione d’obbligo, in Italia basta che destra e sinistra si mettano d’accordo per reciproco interesse e tutto diventa possibile). Anche la sindaca di Altopascio, Sara D’Ambrosio, man mano che è maturata e cresciuta amministrativamente, si è poi collocata nell’ambito civico. Ha destato scalpore, inoltre, la decisione del sindaco di Porcari Fornaciari di non rinnovare la tessera del Pd. La caratteristica infatti è che tutti, ad eccezione di Pardini, provengono dalle fila del centrosinistra, in particolare dal partito della Schlein. Il caso di Fornaciari, ultimo in ordine di tempo, è davvero clamoroso; dimostra un eccesso di potere del Pd, a vari livelli, che finisce per scontrarsi con sé stesso. Cosa è successo? Nella confinante Capannori, con una decisione che fa molto discutere ed è calata dall’alto, il Comune risulta favorevole all’installazione di un impianto di smaltimento, però lo ha collocato vicino al territorio di Porcari, che ovviamente potrà subire ogni effetto negativo, dal punto di vista ambientale, sul proprio territorio. Ma Capannori e Porcari sono ambedue a guida Pd, e allora sorge intanto una domanda: non potevate mettervi d’accordo prima? Evidentemente no, e non è solo un segno dei tempi (appena pochi anni fa non sarebbe stato possibile), è un chiaro esempio – al di là di tanti bei discorsi di principio – di classe dirigente che non c’è o se c’è è un po’… stanchina e, insomma, la sintesi è che ognuno pensa a sé stesso e magari a scapito della collettività: vedremo. (E intanto i porcaresi si chiedono se, persa la battaglia, Fornaciari si riprenderà la tessera Pd).

E del resto, ragionandoci sopra, cosa vogliamo sperare da un partito che celebra correttamente il suo congresso, vinto da Bonaccini, ma per l’esito finale apre poi a chiunque, alla popolazione – certo – in un eccesso, diciamo, di democrazia; ovvio che è stato sufficiente che elettori di altri partiti (5 stelle, AVS, ecc.) andassero liberamente a cambiare quanto già deciso dagli organi ufficiali del partito stesso! Non sappiamo se esistono altri esempi al mondo, ma non c’è più da meravigliarsi di niente.

Una breve aggiunta sul funzionamento dei sistemi elettorali. L’attuale, che ormai ha qualche anno alle spalle, è stato sicuramente un buon passo in avanti per la stabilità (prima, col proporzionale le tentazioni di provocare crisi sia a livello locale che nazionale, erano quasi all’ordine del giorno). E allora giù una serie di proposte: alla francese, che prevede un doppio turno – nel primo tutti si presentano, nel secondo sono ammessi i due finalisti; anglosassone, una sola tornata, conservatori e laburisti, ecc. si sfidano e chi vince governa; alla tedesca, sostanzialmente proporzionale e poi si alleano in Parlamento. Un sistema collaudato appariva quello francese, poi però siamo tornati ai distinguo, agli scontri nelle coalizioni, alla visibilità, le parole sono in libertà e non hanno più alcun valore. Ma mentre nella prima Repubblica le tensioni avvenivano in buona parte all’interno dei partiti – soprattutto quelli maggiori, DC, PCI, PSI – oggi siamo frastornati dalle sparate dei politici, così la sera sono chiamati in Tv (lingua corta, orecchie lunghe sarebbe invece slogan ideale, per gestire bene una democrazia che però necessita di decidere, attuare, controllare). Siamo dunque alle solite? Come rimediare? E se facessimo scadenze elettorali fisse e un sistema per evitare crisi, ribaltoni, ecc.? Esempio: si vota per le politiche ogni cinque anni, insieme alle europee; a metà mandato si vota per le regioni e gli enti locali – e se qualcuno provoca crisi il ribaltone può essere possibile solo se c’è una nuova maggioranza. La Costituzione? Forse potrebbe essere l’occasione per mettere a punto il motore…

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