Centinaia di macchine in coda all’hub vaccinale di Campo di Marte: da mattina a sera, senza sosta, senza limite. Un flusso continuo e incessante di persone in attesa di un esito positivo o negativo al virus. Persone che attendono 5-6 ore in macchina, con figli piccoli, mettendo nelle mani dei sanitari intere giornate. È questo il frutto della psicosi da tampone.
E’chiaro che l’Italia sia di nuovo nel caos, a causa sicuramente della variante Omicron che ha rimesso tutto in discussione, ma inevitabile negare che anche le decisioni governative – sempre un po’ approssimative – ci hanno messo del loro lanciando le persone nel panico totale. Un panico ingiustificato, se così si può dire: se da una parte i contagi sono alle stelle, dall’altra questa rincorsa al tampone non ha senso, come sottolineano le stesse disposizioni governative che indicano di presentarsi solo in caso di contatti stretti con positivi o in presenza di sintomi.
Ipotizzare quindi che centinaia e centinaia di persone, solo oggi, fossero tutte con sintomi ci è un po’ difficile considerando anche che nella maggior parte dei casi, ad oggi, i contagiati sono del tutto asintomatici o solo con sintomi lievi – tosse, raffreddore e al massimo qualche linea di febbre – .
Dove sta l’inghippo? Sicuramente nella poca chiarezza delle Istituzioni che hanno sfornato decreti uno dietro l’altro, confusi e poco chiari circa la sanità: settore che, purtroppo, nonostante l’emergenza di questi due anni, non è stato potenziato a dovere e il risultato si traduce ancora oggi in ospedali e personale medico disorientato, come conseguenza di un’ingiustificata bassa attenzione dei piani alti. Questo ha portato a una disorganizzazione mai vista, nemmeno ai tempi della prima ondata, con referti che non arrivano, persone ormai negative costrette a stare in casa per mancanza di qualcuno che gli dia il via libera, tracciamenti ormai irrecuperabili e quella conosciuta e deludente sensazione di essere tornati al punto di partenza.
Allo stesso tempo abbiamo paura, è innegabile, più paura di prima forse, e non del Covid. Se Omicron ci terrorizza meno, a fronte anche della minore pericolosità – per fortuna – della variante, questi lunghi mesi appesi a un filo ci hanno messo di fronte un nuovo nemico: le persone. Abbiamo paura di chi abbiamo davanti: alla solidarietà dei primi mesi si è sostituito l’astio, la diffidenza e l’insensato colpevolizzare chi sta accanto a noi.
Abbiamo superato ormai anche il dibattito tra no-vax e pro-vax, abbiamo superato il complottismo: siamo solo rimasti nel caos. Un caos nel quale scivoliamo quotidianamente, tra gogne mediatiche all’ordine del giorno e confusione sui comportamenti da adottare.
Cosa ci resta quindi, ora che anche il virus fa meno paura? Ci restano i tamponi, quello strumento che ha assunto un potere inimmaginabile, l’unico mezzo con cui possiamo dimostrare di fare la nostra parte, perché ormai ciò che conta è questo. Siamo al punto che affidiamo il nostro diritto al lavoro, alla vita sociale, alla quotidianità, all’istruzione a un tampone. Abbiamo bisogno di quelle interminabili file per sentirci liberi: ciò è estremamente preoccupante e non ha niente a che fare con il Covid, le terapie intensive, le quarantene e i positivi. Ha a che fare con i nuovi occhi con cui vediamo la vita e i nostri giorni, con le nuove abitudini alle quali siamo stati costretti ad adattarci, con quel costrutto mentale che ha minato inevitabilmente il campo del diritto, sanitario e non. Il Covid esiste, prendere le precauzioni per proteggerci e proteggere gli altri non solo è giusto ma è un dovere, tutte le persone che non ci sono più sono indimenticabili, ma tutto ciò non può giustificare il rimodellamento della visione che abbiamo, anzi avevamo, della realtà.
È troppo tardi per fare un passo indietro e guardare la situazione da un altro punto di vista, con oggettività e distanza? È troppo tardi per recuperare quel senno che questi anni ci hanno tolto? È troppo tardi per non cedere all’isteria collettiva?
Un’isteria incoerente tra l’altro, visto che nella realtà dei fatti poi, a fianco alle interminabili file siamo abituati a vedere altrettanti assembramenti come se il virus non fosse mai esistito.
Controllo estremo e menefreghismo liberatorio: ecco i comportamenti che fanno da cornice a questo 2022 appena iniziato.