Provo a raccontarvi Modigliani

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Quello di Amedeo Modigliani è uno dei grandi miti dell’arte moderna, alimentato dal fascino delle sue opere e forse, soprattutto, della sua biografia. Nato a Livorno nel 1884, morto a Parigi nel 1920 di meningite tubercolotica, fu uno dei protagonisti della Montmartre bohémienne dei primi due decenni del Novecento.

Suo padre, Flaminio, era ebreo; la madre, Eugénie Garsin, francese. Il fratello Giuseppe Emanuele diventerà deputato del partito socialista. Cresciuto in povertà, sin dall’adolescenza fu afflitto da problemi di salute: più di una volta si ammalò di polmonite, che infine si convertirà in tubercolosi.

La passione di Modigliani per il disegno si manifesta già durante l’infanzia. A parte lo straordinario talento naturale, le prime nozioni tecniche gli vengono dal pittore Guglielmo Micheli, nello studio del quale, nel 1898, conoscerà Giovanni Fattori, esponente di spicco della stagione dei Macchiaioli.

Nel 1902 si iscrive alla Scuola libera di nudo di Firenze, e l’anno successivo si sposta a Venezia, dove frequenta l’Istituto per le Belle Arti. Del 1906 è il trasferimento a Parigi: si sistema al Bateau-Lavoir, una sorta di comune per pittori squattrinati. Inizialmente è influenzato da Toulouse-Lautrec, ma la svolta nel suo stile si deve al forte impatto esercitato su di lui dalla conoscenza dell’opera di Paul Cézanne, di cui si tiene una grande retrospettiva al “Salone d’autunno” nel febbraio del 1907. Da lì il linguaggio di Modigliani inizia a evolvere verso una sintesi originale che lo renderà unico e inconfondibile, con i famosi ritratti dai volti stilizzati e dai colli affusolati, eseguiti con una rapidità sorprendente e praticamente senza ripensamenti.

Nel 1909, logorato da una condotta di vita non proprio morigerata, rientra per qualche tempo a Livorno, ma presto torna a Parigi, dove affitterà uno studio a Montparnasse. Tra il 1911 e il 1913 Amedeo Modigliani abbandona la pittura e si dedica alla scultura. Sono gli anni in cui mette a punto un’inedita combinazione di elementi della tradizione figurativa e accenti personali, che darà vita a un nucleo compatto di pezzi eccezionali. Le statue arcaiche, medievali e rinascimentali, e poi l’arte orientale e tribale, scoperta attraverso le ricerche di Picasso e Brâncuşi, sono per Modigliani uno straordinario campo di riferimenti per l’avvio di un rivoluzionario percorso creativo. Una purezza avvolgente e forme enigmatiche caratterizzano i suoi lavori scultorei, come sostenne Ambrogio Ceroni, che per la prima volta, nel 1965, catalogò la produzione plastica di Modigliani. Delle venticinque opere da lui identificate, soltanto sedici oggi appartengono a collezioni pubbliche, mentre le restanti sono disperse o conservate in raccolte private, spesso inaccessibili. L’artista livornese amava definirsi, non dimentichiamo, “più scultore che pittore”. Molti ricorderanno lo scandalo del 1984, quello dei tre falsi Modigliani ritrovati nel Fosso Reale di Livorno (nei pressi della zona di piazza Cavour), dati per autentici da alcuni critici – Giulio Carlo Argan in primis – ma poi rivelatisi opera di quattro studenti universitari burloni e di un lavoratore portuale, Angelo Froglia, che, stando a quanto affermò, avrebbe voluto dimostrare fino a che punto la gente e i mass-media siano disposti a creare e credere in falsi miti. Vicenda vecchia, ormai dimenticabile.

Quella di Modigliani è a tutti gli effetti l’icona per eccellenza dell’artista maledetto (non per caso si faceva chiamare “Modì”, che per assonanza ricorda il francese “maudit”). Incompreso in vita, vendette a stento pochi dipinti grazie all’aiuto degli amici. Nonostante l’amore per Jeanne Hébuterne e la nascita della figlia nel 1918, si abbandonò sempre più all’alcol e alle droghe, e così consumò rapidamente la propria salute. Morì, trentacinquenne, il 24 gennaio 1920, dopo giorni di agonia e delirio. La sua compagna, che era nuovamente incinta, al nono mese, all’indomani si gettò da una finestra al quinto piano, uccidendo con sé la creatura che portava in grembo. Modigliani fu sepolto nel cimitero parigino di Père Lachaise, mentre Jeanne a Bagneux. La figlia, di soli venti mesi, fu adottata dalla sorella di lui a Firenze. Scomparsa nel 1984, è autrice di una delle più importanti biografie dedicate all’artista.

Narrare una simile vicenda non è semplice. Figuriamoci ai bambini e ai ragazzini. Federica Chezzi e Angela Partenza, con l’aiuto dell’illustratore Francesco Pavignano, ci sono riuscite con ammirevole delicatezza, scrivendo un libro, promosso dalla Fondazione Ragghianti e realizzato in coedizione con Maria Pacini Fazzi, che si intitola Amedeo Modigliani. Joli comme un cœur. È un racconto, attraverso parole (non troppe) e immagini (molte), della vita e soprattutto dell’arte di questo grande personaggio.

Paolo Bolpagni

Paolo Bolpagni
Paolo Bolpagni
Italiano del nordest trapiantato a Lucca, dal 2016 dirigo la Fondazione Centro Studi Ragghianti. Sono uno storico delle arti, sono anche organizzatore culturale e di musei. Ho scritto parecchi libri, cataloghi e saggi. Come curatore di mostre lavoro in Italia e in vari altri Paesi europei. Cerco di trovare il buono nelle individualità. Apprezzo l’ironia e la musica "forte".

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