Primum vivere deinde philosophari

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Nell’ultimo articolo abbiamo tratteggiato un sommario profilo di Elon Musk come innovatore. Ma di simili profili ce ne sono tanti: in approssimativo ordine di temo abbiamo William Hewlett and David Packard (HP), Larry Ellison (Oracle), Michel Dell (Dell), Bill Gates (Microsoft), Steve Jobs (Apple), Larry Page e Sergey Brin (Google), Jeff Bezos (Amazon), Mark Zuckerberg (FACEBOOK). Tutti leader di aziende che capitalizzano in borsa centinaia di miliardi di dollari. E in questa compagina Elon Musk è solo uno dei più recenti, neppure il più singolare o “folle” e forse quello che meno di altri ha ancora cambiato il mondo. Se mai è singolare per il fatto che non è un americano di nascita ma è venuto negli USA per esprimere il suo potenziale.

Ci siamo quindi lasciati con la vera domanda che ci coinvolge tutti: perché questi innovatori non si trovano da quest’altra sponda dell’oceano?

Sì perché questo non è un problema solo italiano. Non ci sono grandi innovatori né in Germania né in Francia o in altri paesi continentali. Qualcosa di meglio lo fa la Gran Britannia ma nulla di paragonabile a quanto avviene nel continente nordamericano.

Quindi la domanda: perché?

Ovviamente la prima risposta è: dimensioni del sistema. Un sistema economico di grandi dimensioni è capace di fornire una infrastruttura di possibilità che altrimenti non c’è. Banalmente: capitali, opportunità di tutte le dimensioni, competenze differenziate, ecc.

Ma l’attuale configurazione della Comunità Europea non è poi tanto diversa da quella degli stati uniti. Anzi: la popolazione dell’UE dell’area EURO è di circa 350 milioni di abitanti per un PIL aggregato di circa 15’000 miliardi di EURO, molti meno dei 27’000 degli USA (con una popolazione di poco inferiore a quella EURO) ma non così meno da giustificare la macroscopica differenza di opportunità che si vede. E, nonostante il drammatico differenziale nel trasso di crescita le nostre economie aggregate non sono neppure troppo lontane da quella cinese che cuba poco meno di 18’000 miliardi di USD ma con una popolazione di 1,4 miliardi di persone (4 volte quella EU o USA).

Quindi: economie comparabili per dimensioni; popolazione numericamente non troppo distante e anche un livello culturale e scolastico non poi così dissimile. Eppure di là fioriscono imprese miliardarie che stimolano costantemente l’economia e da noi sono più rare dei della neve di giugno. E la nostra economia è al traino della loro. Peggio, la nostra innovazione è al traino della loro, come se non avessimo competenze.

È un problema di cultura di impresa? Un po’: da noi non crediamo nelle aggregazioni (ma questo, che è molto vero in Italia, lo è molto meno nei paesi centro-europei) e abbiamo la sciocca idea che piccolo è bello. Un’idea che ha delle basi culturali ma che ha anche motivazioni di tipo strutturale.

Il problema principale è che da noi tutto è complicato. Per aprire un’azienda si deve fare una trafila lunga; le tasse penalizzano la liquidità; non esiste una vera politica di sviluppo che sostenga i processi produttivi. Inoltre l’Europa sociale di è costruita sul garantire le tutele piuttosto che sul garantire le opportunità.

Il risultato è un sistema che non sa crescere, che non premia il rischio, che non fornisce strumenti per la crescita.

Ma è stato sempre così?

No. La crescita inesistente e la sudditanza tecnologica sono un fenomeno relativamente recente. Fino a quasi tutti gli anni ’90 le economie del vecchio continente marciavano ad un ritmo diverso. Tanto per dire, all’avvio dell’EURO il pil pro-capite europea era sostanzialmente paragonabile a quello USA. Oggi è inferiore di oltre il 20%.

Le motivazioni di questo declino sono quello che dovremmo approfondire e la politica europea dovrebbe essere basata su questo piuttosto che su ecologia e welfare. Che sono sì cose importanti ma che, in assenza di PIL sono pie illusioni.

Image by Gerd Altmann from Pixabay

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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