“Se per tutelare la salute di tutti c’è da chiudere, noi chiudiamo. Con sacrificio, ma lo accettiamo. Il problema è che alle nostre spalle in molte lavorano in nero, a casa, senza nessuna limitazione. E questo per la nostra impresa è peggio della chiusura per questioni sanitarie”, inizia così l’intervista a due estetiste, Fabiana, titolare del negozio e Chiara, dipendente. Due donne con tanti progetti e voglia di lavorare che si trovano ancora una volta a dover abbassare la saracinesca del loro piccolo negozio in due dei giorni più redditizi dell’anno: il 24 e il 31 dicembre.
Le ulteriori restrizioni previste dal Dpcm di Natale prevedono infatti la chiusura dei centri estetici nei giorni rossi (24,25,26, 27 e 31 dicembre; 1,2,3,5 e 6 gennaio). Una delle categorie più colpite quindi, nonostante tutte le spese per adeguare il negozio secondo le norme sanitarie che hanno compreso anche l’acquisto di cuffie, camici, copri-scarpe e strumenti di lavoro monouso.
A rendere ancor più amaro il boccone c’è appunto la questione del lavoro nero, da sempre concorrenza sleale delle Partite Iva. Un tipo di servizio che, tra l’altro, in un momento delicato come quello che stiamo vivendo, non garantisce né sicurezza né igiene. Non a caso, secondo le stime, siamo ancora i primi in Europa in fatto di evasione fiscale e ogni anno l’Italia perde circa 10 miliardi di euro.
Senza contare che dietro ogni negozio c’è un pezzo di vita: Fabiana ha aperto la sua attività vent’anni fa ed è riuscito a tenerla in piedi finora, nonostante le difficoltà e due bambini a cui badare. “Una crisi così – dichiara – non si era mai vista”.
Il Dpcm di Natale ha previsto la chiusura dei centri estetici nei giorni rossi, quanto risentirà di questo la tua attività?
“Io il Covid l’ho avuto in famiglia purtroppo e so quanto sia rischioso. Per questo se chiudere è la soluzione io sono d’accordo; il problema non è tanto questo, quanto i ristori non adeguati e la mancanza di controlli sul lavoro nero. Nessuno se ne preoccupa veramente. Le estetiste in casa fanno prezzi più bassi e molte clienti, visto il periodo, preferiscono tale servizio. Ma loro non hanno spese di nessun tipo, a differenza mia che devo tirare avanti un negozio, pagare una dipendente, l’affitto, le bollette, i macchinari e fare la spesa per me e i miei due bimbi. Inoltre qui è tutto pulito e sicuro, con tanto di ispezione Asl andata a buon fine. Lavoriamo in massima sicurezza. Se la situazione continuerà su questa linea non nego che potrei anche pensare di chiudere tutto. Per la mia dipendente ho dovuto attivare la cassa integrazione e non ho potuto neppure anticiparla. Anzi la ringrazio per non essersi mai tirata indietro. Di positivo c’è solo il fatto che, in zona arancione, è stato consentito alle nostre clienti di raggiungerci anche da fuori Comune e questo è fondamentale dato che abbiamo molte clienti di Lucca, Bagni di Lucca, Montecarlo. Ringrazio anche la proprietaria del fondo per avermi dimezzato l’affitto. Inoltre i nostri servizi non prevedono asporto o domicilio, quindi gli incassi in periodo di chiusura sono nulli”.
“Dovessi anche perdere il posto – aggiunge Chiara – aiuterei comunque Fabiana a risollevare l’attività nella speranza di poter ricominciare”.
Dopo la riapertura e l’inevitabile rialzo di prezzi, avete riscontrato solidarietà da parte delle vostre clienti?
“Per la maggior parte sì e le ringraziamo per non farci sentire sole, ma quelle che abbiamo perso sono comunque tante. Abbiamo alzato i prezzi di pochi euro, giusto il necessario per rientrare nelle spese imposte: strumenti monouso, mascherine, copri-scarpe, camici e plexiglass. E’ stata una scelta imposta che non tutte hanno guardato di buon occhio. C’è poi da dire che molte persone in questo periodo non hanno percepito lo stipendio e la manicure o un massaggio sono una delle prime cose a cui rinunci quando devi risparmiare. Anche il fatto di non poter uscire non spinge certo le clienti a curare nel dettaglio il loro aspetto come prima. In molte poi ci avevano chiesto di effettuare servizi a casa, ma da sempre credo nel lavoro onesto”.
Da mamma lavoratrice, come hai gestito la situazione?
“Il negozio è la mia vita dalla fine delle superiori. L’ho tirato su da sola e alle preoccupazioni per questa crisi si aggiungono inevitabilmente quelle di una mamma separata e con due bambini. E’ ovvio che non posso pensare solo a me. Quando sei titolare di una piccola impresa se non lavori non ti paga e non ti tutela nessuno. Mi sono sempre assunta le mie responsabilità ma in questo momento è complicato. Poi, a chi lascio i bimbi in caso di necessità? Il più piccolo è dovuto stare in quarantena perché in classe sua c’è stato un caso di Covid e fortunatamente eravamo in zona rossa quindi ero chiusa, altrimenti come avrei fatto? Non puoi lasciarli ai nonni anziani perché rischiano troppo, ma neanche aggiungere la spesa di una babysitter. Il governo a questa variante non ha pensato e riguarda tante altre mamme imprenditrici come me. I ristori sono arrivati, ma lo sappiamo che non coprono neanche la metà delle spese. Noi ci impegniamo, ma servono più tutele, indennizzi e controllo del lavoro nero. E’ l’unico modo per tirare avanti”.
La ‘storia’ di Fabiana e Chiara è quella di tante donne e mamme imprenditrici che ogni giorno combattono la pandemia su due fronti in quello che è stato decretato l’anno d’oro del lavoro in nero. Un tipo di servizio che apparentemente sembra agevolare sia il lavoratore sia chi ne usufruisce risparmiando, ma non è così: a perderci è lo Stato e di conseguenza anche tutti i suoi cittadini. A risorse quasi esaurite allora e data la mancanza di controlli da parte delle autorità competenti, non ci resta che sperare nell’unica soluzione possibile: il vaccino.