Patto generazionale: una proposta per l’uso della Manifattura

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Una buona soluzione nasce da tre elementi: una cosa che non funziona, una cosa che funziona e, infine, da un’opportunità.

Tra le cose che non funzionano (e dobbiamo dire che non sono poche) c’è la faccenda della Manifattura. Un enorme complesso di proprietà pubblica collocato nel cuore della città. Fatiscente da anni, non è certo possibile attendere molto per trovare una soluzione di qualità per questo contenitore.
Però l’idea di lottizzarlo per farne appartamenti e negozi di lusso non è che possa scaldare il cuore.
Primo, perché è tutta la città, con le sue vie storiche e piazze monumentali, che dovrebbe ospitare (e storicamente ha ospitato!) negozi di lusso mentre ora ci sono già moltissimi fondi vuoti. Non si capisce quindi il senso di realizzare un (relativamente) piccolo contenitore: se l’operazione avesse successo, avremmo ridotto le ambizioni della città; se fallisse creerebbe un nuovo problema di fondi sfitti e ambienti da gestire. Una prospettiva non proprio entusiasmante per questa amministrazione cittadina.
Secondo perché una lottizzazione significa la vendita (in questo caso svendita?) di beni di famiglia. E questa, come ogni vendita, è un’operazione che ha senso se uno non ha idee per usarli e ha bisogno di soldi. Ma ciò che si propone è un’oggettiva depauperazione di possibilità. Inoltre, diciamocelo, non è che il guadagno che ne ricava il comune sia da “grande e irripetibile affare”. Anzi…

Tra ciò che complessivamente funziona, qui sul nostro territorio, c’è il sistema delle scuole superiori, particolarmente degli istituti tecnici. E, naturalmente, c’è anche un vivace tessuto di attività produttive ad alta specializzazione. Attività che hanno bisogno di addetti specializzati. Citiamo tra le specializzazioni richieste (a titolo di esempio e senza completezza), la meccanica, l’elettronica, l’informatica, l’elettrotecnica. Settori che sono molto sviluppati nella nostra provincia grazie a molte realtà del cartario/cartotecnica e informatica in senso ampio. Oltre al vasto panorama di specializzazioni legato al settore nautico.
Esiste però un gap. Uno “scalino” tra le competenze che il sistema scolastico fornisce e i bisogni di buona parte di questi settori.
Questo “scalino” in parte è dovuto al livello alto delle produzioni locali (e questa è una buona notizia per la salute del tessuto produttivo). In parte è dovuto al sistema scolastico: al termine delle superiori (19 anni), un ragazzo difficilmente ha un bagaglio di competenze adeguato a “lavori specializzati”, né questo è poi davvero previsto dal sistema scolastico.
Questo, infatti, con la riforma del 2013, prevede un ulteriore passo, poco o nulla realizzato sul nostro territorio: un anello di congiunzione tra scuole superiori e imprese. Più “abbordabile” delle università, e anche più flessibile nei programmi, e, soprattutto, più collegato con le attività produttive del territorio: gli ITS.
“Gli ITS sono scuole di eccellenza ad alta specializzazione tecnologica che permettono di conseguire il diploma di tecnico superiore. […] Rappresentano il segmento di formazione terziaria professionalizzante non universitaria che risponde alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere i processi di innovazione.” (fonte sito del MIUR).

Infine, le opportunità. Queste, grazie al cielo, ci sono. Sono abbondanti e sono sotto gli occhi di tutti. Vediamole assieme.
La prima, naturalmente, sono i soldi. Quelli del PNRR per partire, quelli dei progetti europei per la formazione permanete (Long Life Learning) per continuare a camminare.
Più in dettaglio. Il PNRR prevede un investimento nei prossimi anni di ben 30 miliardi nella formazione e ricerca. È una cifra enorme che non sarà facile spendere. E varie stime dicono che (sul complessivo del piano) almeno il 60% verrà speso su bandi territoriali (regioni, province e comuni). Quindi trovare soldi per interventi di riqualificazione con l’obbiettivo del sistema formativo sarà persino facile.
La seconda sono le esigenze di un territorio che ha sempre bisogno di “sangue fresco” per le proprie attività ma anche di rinnovare costantemente le competenze degli addetti alle proprie produzioni, come abbiamo già detto.
La terza è la mancanza di ITS della filiera “Nuove tecnologie per il Made in Italy” e “Area Tecnologie della informazione e della comunicazione” che sono quelli più interessanti per il nostro territorio (l’organizzazione dei percorsi degli ITS a questo link, mentre, per lo stato dell’arte dei centri in Italia a questo link).
Vogliamo quindi fare una proposta a tutte le istituzioni: Comune, che possiede l’immobile, ma anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, che ha come obiettivo la crescita della città, e il provveditorato agli studi, da cui dipendono gli istituti superiori. Oltre a tutti gli altri soggetti che vorranno partecipare, in particolare Associazioni di categoria come Associazione Industriali e le associazioni del commercio e artigianato.

Proponiamo di attivare un ITS a Lucca, nel cuore della città. Un polo formativo per giovani e per riqualificazione delle competenze. Un ambiente polifunzionale di “grandi dimensioni” per formare e sostenere permanentemente una popolazione lavorativa di “grandi dimensioni” (come quella del territorio della provincia di Lucca) che, con la sua presenza, rivitalizzi anche una porzione della città.
Il luogo, infatti, è dentro la città ma ben collegato con il fuori, facilmente accessibile e grande a sufficienza da contenere un progetto ambizioso. Se la sua ristrutturazione è, infatti, copribile con i fondi del PNRR per il suo funzionamento è prevista la stretta integrazione con le realtà produttive e della formazione sia tecnica che “alta”: il “50% dei formatori deve provenire dal mondo del lavoro”, il “30% delle ore – da 1’800 a 3’000 – devono essere svolte in aziende” e qui abbiamo l’ITIS Fermi che è molto apprezzato e potremmo cercare il coinvolgimento anche di IMT.
Il partenariato è quindi facilmente creabile e le risorse facilmente reperibili. Resta da capire se la volontà “politica” di fare qualche cosa per il futuro della città è forte o più forti sono i tatticismi e il mantenimento di equilibri.

Questa proposta vuole essere un terreno aperto ai contributi di tutti. Speriamo che a questo primo intervento seguano repliche, affinamenti ma anche critiche che possano attivare un dibattito interessante e utile per la città e per il suo futuro. Perché lo scopo della politica è questo: creare un mondo migliore di quello che trova.

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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