Ok il titolo è un po’ oscuro: ma effettivamente voglio riflettere sulle conseguenze ultime di parole lanciate in libertà. Sul punto di caduta di parole troppo superficiali che, come il moto parabolico di un sasso, torna sempre giù in basso. Sulle conseguenze, cioè, che, chi fa politica, dovrebbe pesare anche al di là delle frasi ad effetto ad uso tv.
Prima di tutto i fatti: due eventi di opposte parti politiche (per mantenere la par condicio) simili per la lontananza delle intenzioni dai significati che potevano sottintendere le parole. Ma accumunati proprio dal fatto che le parole usate erano pesanti: la sparata di Grillo sulle Brigate di cittadinanza, con tanto di riferimento ai passamontagna, e l’uscita del ministro Lollobrigida sull’etnia italiana.
E proprio il peso delle parole è il fil rouge a cui mi rifaccio: ogni cosa che ha un peso, prima o poi, torna a terra. E lo fa con più forza e più rumore di quanto spesso ci si aspettava.
Sì perché ogni sasso lanciato in aria, per effetto della forza di gravità, è destinato a ritrovare la terra da cui è stato preso. Quasi un destino, un ritorno alle origini. E non importa se il lancio era verso il cielo. Non importa se chi lancia avrebbe sperato che il sasso andasse su, su, sempre più su. Lui, per un po’, obbedisce all’impulso dato; ma la Terra lo chiama con forza e, prima o dopo, lo riporta giù. E atterra con tutta l’energia che aveva ma con direzione opposta alla partenza.
Atterra, cioè, torna alla Terra; o, magari, mentre torna giù, incappa in un malcapitato e lo colpisce. È il destino dei sassi lanciati in un dirupo senza curarsi di chi potesse passare.
Come il nostro metaforico sasso, le parole dei politici hanno un peso. E il fatto che non abbiamo una certa direzione (ossia che l’intenzione con cui sono state lanciate sia diversa da quella facilmente attribuibile) non cancella il fascino perverso che possono esercitare.
Parlare in Italia di Brigate di Cittadinanza è oggettivamente un passo falso. Anche perché si inserisce in unna dialettica (quella di Grillo) non certo priva di spunti discutibili e incitamenti, se non proprio alla violenza, almeno alla “rivolta” e alla “reazione”. Il passamontagna è quindi il messaggio subliminale che richiama ben altro che la scelta non violenta. Scelta che il fondatore dei 5 Stelle fa sempre (e sempre ha fatto) a «corrente alternata»: non violenza radicale per l’Ucraina, reazioni violente suggerite contro i politici, amministratori e via via coloro che erano al centro dei suoi strali. E non attendersi che un messaggio violento, ancorché non lanciato come boutade non attecchisca mai è come attendersi che gettare cerini accesi nel bosco non sia importante perché il giorno prima ha piovuto: se non è criminale è almeno gravemente imprudente.
Lo stesso vale per le parole del ministro Lollobrigida. Come per Grillo, l’intenzione non era certo quella di inneggiare alla selezione della razza. Sarebbe sciocco attribuirgli una tale intenzione anche solo mascherata. Il senso era chiaro ed evidente: dobbiamo preoccuparci di riconoscerci come nazione nei prossimi anni. E il fine, la tutela della nostra cultura e del nostro modo di vivere, è anche giusto e condivisibile. Come lo è l’invito di Grillo a prendersi cura del nostro mondo.
Però le parole usate erano gravemente sbagliate: e con le parole anche il percorso immaginato. La tutela della nostra identità non è fatta da una ripartenza delle nascite “italiane” perché, quando si prova a declinare praticamente questa idea, torna alla mente l’orrore delle idee di segregazione raziale degli USA degli anni ’50 o dell’apartheid del Sud Affrica. L’orrore delle persone che devono essere mantenute divise perché ciascuno difende la sua identità e diventa un noi contro loro. E nel confronto frontale a due c’è sempre chi vince e sovrasta l’altro e che perde e subisce violenza.
Voleva dire questo il ministro? Sono più che certo di no. E lo sono per quanto dice e fa in altri discorsi e in altre situazioni. Perché onestamente non vedo sintomi e indizi di razzismo o di intenzioni di trattare le persone in modo differenziato sulla base di origini nazionali o colore della pelle. Eppure parlare non di difesa della nostra identità culturale (che diventa di chiunque la sposi) ma di etnia (che non cambia per volontà del soggetto) è oggettivamente una imprudenza. Come lo è parlare di brigate e passamontagna.
Vorrei che i politici fossero prudenti. Che non tirassero sassi in aria sperando che non atterrino mai. Ma, per ora, non mi pare che resterò deluso.
p.s. ho parlato di Grillo e Lollobrigida ma il discorso poteva essere fatto con quasi tutti i politici di maggior visibilità e di più comunicazione roboante: ognuno ci metta chi vuole…
Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi