La frase fu pronunciata da Mussolini nel 1923 quando il già duce rifiutò un titolo onorifico che gli era stato offerto. E assai presto divenne una specie di mantra: veniva ripetuto dal belante gregge allevato dal regime.
La salmodiavano i gerarchi, e passava di bocca in bocca fino all’ultimo dei gregari. Tutti avrebbero dovuto conoscere il significato e le implicazioni della fatidica frase. Pronunciandola, declamandola sbraitandola, era come se giurassero sul loro disinteresse, sulla loro adamantina onestà, sulla loro inossidabile determinazione a non approfittare delle cariche e degli incarichi per trarne arricchimenti personali.
Forse poche altre frasi si rivelarono disattese, smentite, tradite come quel roboante “Nudi alla meta”. Il sistema di potere fascista, costruito sulla dittatura, forniva occasioni di arricchimento delle quali, in alto e in basso, si ingegnarono ad approfittare quasi tutti i suoi accoliti.
I gerarchi e i caporioni, tutelati dalla loro appartenenza al Partito dominante, che valeva come un riparo dal controllo della legge e una licenza per ogni occasione di ruberia, si dedicarono ad ogni sorta di ladreria, ad ogni specie di arricchimento. Le risorse pubbliche alimentarono l’incremento delle loro fortune, esibite senza ritegno come simbolo del loro potere. Il sentimento popolare, ancorché umiliato e vigilato, si difese ricorrendo a quell’irrisione che i deboli riversano sui potenti e sui prepotenti. Il discredito accompagnò le loro gesta ed il sarcasmo accolse le loro esaltazioni della moralità.
Con il fulminante epiteto di “mangioni”, chiaramente allusivo alla loro inesausta voracità, il popolo prese a indicarli.
Le loro ruberie, ostentatamente esibite, incarnavano il fascismo realizzato che si ripeteva uguale nelle malefatte da un capo all’altra dell’Italia.
Di quel tempo indegno, di quel quotidiano ladrocinio, abbiamo una efficace rappresentazione nel film Anni Ruggenti che Luigi Zampa diresse nel 1962. Una pellicola, resa vivace dalla presenza di un Nino Manfredi in splendida forma, meriterebbe di tornare sui canali nazionali.
Magari per accompagnare le notizie che riguardano il sottosegretario ai Beni Culturali on. Vittorio Sgarbi che è accusato di aver lucrato centinaia di migliaia di euro dalla sua posizione di potere.
Un altro, ma non certamente l’ultimo, dei “nudi alla meta”.
c’è poco da dire oltre. Il Sereni ha solo RAGIONE, senza se e senza ma. lo spreco di di denaro pubblico , lo svendere il patrimonio culturale di una città, di un popolo, a questi beceri urlatori e venditori di fuffa è vergognoso. Da Lucca a Capannori in una trasversale perdita di buon senso e di ragionevole capacità amministrativa, abbiamo assistito in poco tempo ad un enorme spreco di denaro pubblico. Per favorire i soliti ” mangioni” , che mai si saziano. Vergogna.
cioè in fatto di ruberie non è cambiato nulla………
[…] alla meta, per la memoria comune, è uno slogan di Mussolini del 1923, voleva dire che nessun fascista si sarebbe arricchito dall’andata al […]