Passeggiando in Via Santa Croce, all’altezza del civico 73, poco prima di Piazza Santa Maria Forisportam (o Santa Maria Bianca, Piazza della Colonna Mozza… a Lucca la toponomastica è gratis e quindi si abbonda) si legge su una targa abbastanza alta questa epigrafe, sintesi perfetta di un tratteggio umano senza precedenti!
L’ultima frase è bellissima: “CADUTO AL SERVIZIO DELL’UMANITÀ”
Mario Romagnoli era nato a Lucca, il 4 febbraio 1897 da una importante famiglia.
Figlio d’arte, il padre Primario ospedaliero di Medicina interna, ebbe un iter scolastico assai particolare; prese parte alla Grande Guerra, come Aspirante Ufficiale, guadagnandosi in azione una Medaglia d’Argento al Valor Militare, una di bronzo, e una Croce di Guerra, tutte importantissime decorazioni, testimoni silenti di grandi atti di coraggio e valore; basta leggere le motivazioni:
M.A.V.M.
«Aspirante ufficiale pieno d’entusiasmo e valoroso, durante asprissima azione durata parecchi giorni per la conquista di difficili, ben difese e successive posizioni nemiche, leggermente ferito prima e fortemente contuso poi, continuò a combattere con esemplare audacia. Caduti i suoi ufficiali, assunse il comando della compagnia, che brillantemente condusse all’attacco, validamente cooperando alla conquista ed al rafforzamento d’importante quota.» Hermada, 19-18 ago. 1917.
M.B.V.M
«Per la prima volta al fuoco, con perizia, ardire ed alto sentimento del dovere, esponendo parecchie volte la vita, accorreva per primo dove più urgevano i rincalzi, e riusciva a respingere forti nuclei nemici.» Carso, 1º nov. 1916.
C.G.V.M.
«Per la fermezza e il valore dimostrati in cruento combattimento nel quale seppe anche tenere validamente il comando della sua compagnia, in occasione della morte del comandante e degli altri ufficiali.» Carso (q. 144), 23 maggio 1917.
Queste scarne motivazioni rivelano un eccezionale spessore militare di un soldato coraggioso e valoroso.
Al termine del conflitto, proseguì gli studi in Medicina e si laureò in Medicina e Chirurgia all’Università di Firenze, e successivamente in Ostetricia e Ginecologia a Berlino. Fece pratica a Parigi e si specializzò anche in oncologia e ortopedia. Nel 1923 era Viareggio aiuto chirurgo, e li fondò un Consultorio per la Maternità e l’Infanzia e un Istituto radiologico.
Nel 1927 vince un concorso come Primario radiologico e aiuto chirurgo presso l’Ospedale del Ceppo di Pistoia; trova una situazione igienico sanitaria allucinante.
60 posti letto e la sede di quello che doveva essere il gabinetto di radiologia nel canile municipale, in Piazza San Lorenzo!
Forte della sua passione medica e con il piglio militare che lo ha sempre contraddistinto non ebbe temenza e acquistò a sue spese delle vecchie macchine per fare le radiografie dando quindi inizio alla attività di radiologia presso l’Ospedale di Pistoia.
Dopo questa attività iniziale e visti i prestigiosi risultati ottenuti cominciarono ad arrivare nuove attrezzature moderne e l’attività si spostò presso l’ex Ospedale di Quarrata con grande efficacia.
Come medico avrebbe potuto essere esonerato dal successivo impiego nella Seconda Guerra Mondiale, ma il Romagnoli, ricevuta la chiamata nel ’39 partecipò come Ufficiale dei Bersaglieri, guadagnandosi in Yugoslavia nel ’41 una seconda Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con questa motivazione:
«Capitano dei bersaglieri di complemento, richiamato e trasferito nel corpo sanitario, perché primario d’ospedale, chiedeva insistentemente ed otteneva l’assegnazione a reparti operanti. Comandante di una compagnia di motociclisti, durante un lungo ciclo operativo, dimostrava in ogni contingenza, grande sprezzo del pericolo. Nella resistenza contro il nemico agguerrito e preponderante, attaccato sul fronte, sul fianco ed a tergo, abilmente manovrava, valorosamente combatteva e guidava infine i dipendenti in un audace contrassalto costringendo l’avversario a ripiegare.»— Ivanaj – Bivio di lek Nikaj (fronte albano-jugoslavo), 9 aprile 1941.
In seguito lo troviamo in Africa del Nord a Enfidaville, Comandante dei resti del 5° e 10° Rgtt. Bersaglieri.
Deve soccombere agli Alleati che ormai hanno circondato il reparto, ma lo fa con un altissimo senso dell’onore: “…La resa fu degna delle nostre tradizioni. Il nemico (truppe americane) inviò un parlamentare con bandiera bianca, accompagnato da un Ufficiale tedesco con l’ordine di resa emanato dal Comandante della piazza di Biserta. Ero in posizione con i superstiti di due Reggimenti, circa 600 uomini, su di una piccola quota. Il parlamentare mi invitò ad andare da lui. Rifiutai. Se voleva parlarmi doveva venire lui da me. Venne. Mi intimò la resa mostrandomi l’ordine del Generale Comandante la piazza di Diserta. Rifiutai la resa incondizionata ed esposi le mie condizioni. Il parlamentare se ne andò. Riunii i bersaglieri, feci loro un breve discorso. Lacerai la bandiera, dopo averla fatta baciare agli Ufficiali e ne distribuii un pezzetto ciascuno. Il parlamentare tornò. Quanto avevo richiesto fu concesso. Potei far distruggere le armi. Entrammo nelle file nemiche in perfetto ordine: 4 motociclisti, la mia macchina con l’Aiutante Maggiore Tenente Ercolani e il cappellano. Una colonna di camion miei, nascosti e salvati dall’offensiva nemica, con tutti i bersaglieri, fiancheggiata dai miei motociclisti. Così, in un deserto africano sfilai alla testa dei miei bersaglieri davanti ai nemici che, irrigiditi sull’attenti, presentarono le armi. […] Raggiunsi il campo di concentramento di Moteur… i miei bersaglieri furono posti in un recinto isolato e poterono provvedere al servizio di ordine e vettovagliamento con i miei Ufficiali. Un Generale americano mi espresse il suo compiacimento per l’ordine e la disciplina dei miei uomini. Dopo tre giorni fummo divisi. Così finì la guerra tunisina sul fronte di Biserta”.
Finita la guerra tornò ad esercitare al suo ospedale di Pistoia, accompagnato sempre dalla figlia Marcella nata nel 1927 a Pistoia. La sua eccezionale attività radiologica ha permesso di salvare la vita a migliaia di persone. Di contro questa intensa esposizione alla radiazioni ha però determinato anche la sua fine avvenuta il 18 dicembre del 1960. Fino all’ultimo ha fatta attività ospedaliera nonostante atroci sofferenze e l’amputazione del braccio sinistro!
Personaggio poliedrico, amante della vita, ricco di interessi, attore e regista, vignettista, appassionato di arte musica e Storia, e a tempo perso anche poeta.
Nonostante la medicina ufficiale attribuisca al dott. Stafford Warren, un Ufficiale medico americano l’invenzione della tecnica della mammografia, il Romagnoli l’aveva già ampiamente descritta nella Rivista di Radiologia e Fisica Medica del1931, VI, capitolo, alle pagine 689-728!
A lui sono intitolate le Sezioni Bersaglieri di Lucca e di Pistoia.
Ma la decorazione più importante è stata il conferimento della Medaglia d’Oro al valor Civile, con questa bellissima motivazione:
«Consapevole della sua alta missione, si faceva promotore, in ogni campo della medicina sociale, delle più nobili iniziative. Malgrado le gravi lesioni riportate nella sua attività di radiologo, dopo aver sopportato con ammirevole stoicismo vari interventi chirurgici, riprendeva la sua fervida opera, sprezzante del rischio cui con tranquilla coscienza continuava ad esporsi. Neppure l’amputazione del braccio sinistro, dovuta al progredire della infezione, lo induceva ad abbandonare il proprio compito: ammirevole esempio di umana solidarietà e di eroica abnegazione.» — Pistoia, 2 maggio 1957
Mario Romagnoli, un grande soldato, un bravissimo medico, un eccezionale italiano.
Uno di Lucca.
Grazie Vittorio per queste particolareggiate, attente e accorate ricostruzioni di vite e fatti della nostra Storia che altrimenti sarebbero sconosciute alla maggior parte di noi.
Grazie Vittorio, per aver ricordato un nostro concittadino, che si è distinto nella carriera militare che civile.