Le recenti normative del Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, hanno fatto precipitare il centro storico della città di Lucca in quello che è un glaciale silenzio. Le strade, specialmente nelle ore notturne, sono svuotate e riecheggia con forza soltanto il passato di questa città, espresso dalla sua arte e della sua bellezza, che resta immutata nel corso del tempo. Un silenzio che non fa mai lo stesso rumore, una quiete – quella attuale – che è diversa da tutte le altre che l’Arborato cerchio ha vissuto in passato. A onor del vero, Lucca per tradizione è una città dove regna la quiete, dove si vive con una composta vivacità. Lo pensava anche Gabriele D’Annunzio, il famoso scrittore, che la collocò nella sezione de “Le città del silenzio” nella sua opera “Elettra” del 1903.
Il grande poeta, nel raccontare le città del silenzio, aveva un filo conduttore che era quello di narrare un passato importante, fatto di grandezza, di fasti e di bellezza, di arte e di armonia, con l’auspicio che tutto questo fosse vissuto di nuovo, che venisse ascritto nel futuro dalla città, ma solo dopo aver riscattato un presente difficile, che aveva fatto precipitare la comunità urbana nel silenzio, un silenzio che fa rumore. Il Silenzio è un luogo impalpabile ma animato dell’essere che dà senso a tutte le cose, promessa muta di un’epifania attesa. Al di là dell’ideologia che stava alla base del pensiero dannunziano, aspettiamo tutti quanti di vivere una rinascita del centro storico lucchese, come quello di tante altre città nel mondo, quando l’epidemia sarà soltanto un ricordo.
Tornando alle città del silenzio, Lucca è una dei 25 centri urbani d’Italia, che furono un tempo sedi di civiltà raffinata, ma con un presente bisognoso di cambiamento. Questa è la poesia che D’Annunzio ha donato alla città:
“To vedi lunge gli uliveti grigi
che vaporano il viso ai poggi, o Serchio,
e la città dall’arborato cerchio,
ove dorme la donna del Guinigi.
Ora dorme la bianca fiordaligi
chiusa ne’ panni, stesa in sul coperchio
del bel sepolcro; e tu l’avesti a specchio
forse, ebbe la tua riva i suoi vestigi.
Ma oggi non Ilaria del Carretto
signoreggia la terra che tu bagni,
o Serchio, sì fra gli arbori di Lucca
rosso vestito e fosco nell’aspetto
un pellegrino dagli occhi grifagni
il qual sorride a non so che Gentucca”.