Sono gli anni ’30 del secolo scorso, Lucca possiede ancora il suo volto medievale in gran parte del suo centro storico. Di fronte a Piazza XX Settembre ci sono dei palazzi antichi con varie attività commerciali, come un albergo e un ristorante che prendono il nome dalla grande opera di Giacomo Puccini, “La Tosca”. Dagli alti piani governativi, siamo in pieno regime fascista, si pensa bene (o male) di abbattere i vecchi quartieri fatiscenti e riqualificare alcune zone degradate dei centri abitati, in nome della modernità e del razionalismo. L’obiettivo è quello di eliminare lo squallore, dando un nuovo volto alla città. Questo è il destino al quale sono andati incontro l’isolato di Piazza XX Settembre e Via Beccheria, le vecchie strutture vengono tirate giù, lasciando dietro di sé un grande vuoto. Era il 1938, l‘abbattimento del quartiere è un ferita che ancora oggi non si è rimarginata. Il compito di ergere nuovi e carismatici palazzi è affidato all’architetto Raffaello Brizzi, ma l’incombente ingresso dell’Italia nelle vicende belliche, stopperà la rivoluzione. Per anni rimane una grande voragine in Piazza XX Settembre, un cratere lunare, che i lucchesi adibiscono a teatrino dove mettere in scena spettacoli con marionette.
Dopo la bufera della guerra, la caduta del fascismo e l’instaurazione della Repubblica, si riprende in mano il progetto di epoca fascista e per colmare il vuoto lasciato, tocca all’architetto Emilio Brizzi – figlio di Raffaello – dar vita ai Palazzi INA e INAIL. Come stile architettonico viene ripreso quello razionalista di epoca fascista, anche se ormai siamo negli anni ’50 e alla guida del governo (non solo lucchese) troviamo lo scudo crociato della DC. Il risultato finale è qualcosa che lascia perplessi, una struttura alienante e totalmente fuori contesto rispetto allo scenario circostante, una cicatrice sfregiante direttamente nel cuore di Lucca. Il Palazzo INA, a distanza di più di settant’anni fa ancora discutere e resta uno degli scempi più grandi di un’epoca dominata dal cemento.