È un fenomeno collettivo di cui si deve render conto. Mi riferisco alla partecipe preoccupazione di tanta, davvero tanta gente, per la sorte dell’orsa JJ4. Il povero animale, sul quale pende la condanna a morte, decretata dalla Provincia di Trento, ha suscitato una vasta ondata di commozione che nel giro di pochi giorni ha contagiato un po’ tutti. Nelle case, basta che nelle televisioni appaia JJ4 e subito i più piccoli si mettono a strillare, invocando dai grandi interventi che possano salvare la vita all’orsa.
Dell’orsa si parla dappertutto. Tanta gente, che mai avrebbe immaginato di trepidare per le vicende di un animale, ne parla come di un problema personale e ne ha fatto un argomento di discussione pubblica.
Se fosse sottoposta ad un referendum popolare la sorte dell’orsa non correrebbe pericolo: la stragrande maggioranza degli italiani sta dalla sua parte e si augura che il minacciato provvedimento di esecuzione venga annullato. E da quando poi è venuto fuori che JJ4 è mamma di tre cuccioli che sarebbero abbandonati, il sentimento di riprovazione per i governanti trentini passa di bocca in bocca e stimola iniziative tese a scongiurare il funesto evento. C’è chi, come l’amico Riccardo Carnicelli, stimolato dalla consorte Lina, convinta animalista, ha inviato un fiero messaggio al presidente della Provincia di Trento per invitarlo a tornare sui suoi passi. Si ha notizia che in tante scuole elementari gli alunni, incoraggiati dalle loro maestre hanno compilato letterine spedite allo stesso indirizzo e non sono pochi i bimbi che alle loro preghiere notturne hanno aggiunto un pensiero per l’orsa.
Chiamatela come vi pare, ma valutata sotto l’ottica delle suggestioni collettive, questa fioritura di buoni sentimenti e di condivisione per la sorte di JJ4 una cosa la dimostra: dentro di noi batte sempre un gran cuore che non si rassegna a subire le cattiverie e si commuove per chi soffre.
A questo punto non mi meraviglierei che facesse sentire la sua augusta voce anche il Pontefice che porta il nome di Francesco, il santo che parlava agli animali.
C’è una domanda che unisce tutta la numerosa catena dei difensori dell’orsa. È questa: ma è possibile che nel 2023 solo con la morte si possa risolvere un problema come quello rappresentato da JJ4?
Una risposta l’attendiamo dal presidente della Provincia trentina che sembra aver fatto dell’abbattimento dell’orsa una sua questione personale.
A proposito di commozione popolare per la sorte degli animali è proprio il caso di rievocare quello che successe a Lucca intorno alla metà degli anni 20 del Novecento.
È una storia rimasta in qualche recondito ripostiglio della memoria civica. Ormai, soltanto chi è un po’ in su con gli anni ve la sa raccontare. Certo non per averla vissuta personalmente ma per averla sentita.
Da parte mia l’ho ricostruita mettendo assieme questi racconti con l’esito delle ricerche che ho fatto sul fascismo a Lucca. Delle quali ho dato conto con saggi che hanno meritato il riconoscimento dei più accreditati studiosi della materia.
Bene, detto questo, torniamo al tema. L’animale di cui si racconta era una pantera ed aveva un nome: Burki. Quel nome glielo avevano messo i bambini che andavano a vederla nel gabbione sulle Mura.
Sì, proprio così: sulle Mura c’era una pantera in gabbia. La grande pensata l’aveva avuta il commendator Mario Guidi, primo sindaco fascista di Lucca, del quale era nota la predilezione per le bevande di qualunque gradazione alcoolica. Impegnato, secondo i dettami impartiti dal ras Carlo Scorza a ripristinare l’antica gloria lucchese, con il programma “Basta con Lucca degli stucchinai e delle processioni”, il sindaco Guidi aveva fatto acquistare dal Comune una pantera e l’aveva collocata in un gabbione sulle Mura con la missione di incutere timore e rispetto.
Alla prova dei fatti l’animale deluse le aspettative: più che a un feroce felino assomigliava ad un pacioso gattone ed invece di far paura ai nemici si indaffarava a far fuori i catini di sbobba che gli venivano serviti.
L’abbiamo detto: i bimbi si affezionarono alla pantera ed avevano preso a chiamarla Burki, nome che non incuteva terrore, e la trattavano come un animale di casa.
Fallita la missione per la quale il fascio lucchese l’aveva ingaggiata, la pantera Burki diventò un problema per l’Amministrazione Comunale, che doveva provvedere al suo sostentamento quotidiano ed alla sua cura. Che avevano un costo sul quale il sindaco Guidi pensò di fare economie: fece calare la sbobba e fece ridurre le cure. In poche settimane Burki si ammalò, con grande dispiacere dei suoi affezionati amici che per conto loro provvedevano a portare il cibo alla pantera. Che deperiva a vista d’occhio: il freddo fece il resto. Priva di un confortevole riparo, trascurata e affamata la pantera Burki finiva la sua agonia nei primi giorni dell’aprile del 1927. Ne dava la mesta notizia il giornale di Scorza con un articolo intitolato “La pantera finita”.
Auguriamoci che a JJ 4 vada meglio.
Foto di Rasmus Svinding
Mi piace il senso di questo articolo, che mi sembra raccontare del rispetto, in linea di massima crescente, nel nostro Paese, per gli altri animali diversi dall’uomo; rispetto, aggiungo io, spesso accompagnato, con coerenza, dal rifiuto della dieta carnea. Se verrà messa in commercio la carne coltivata i vegetariani potranno anche anche togliersi il senso di colpa per la carne che danno ai loro animali domestici.
Per il resto non ci occorre, a noi vegetariani, nessuna legge che vieti di uccidere gli animali: quando saremo tanti non sarà più conveniente allevare e, dato che nessuna legge potrà obbligarci a mangiare carne, per la legge della domanda e dell’offerta si dovrà riconvertire in altri settori.
Premetto che anche a Roma, fino forse agli anni ’70, al pari della pantera di Lucca, insisteva sotto il Campidoglio una gabbia con una lupa e una con un’aquila, come simboli.
Poi furono tolte, anche se non ricordo che sorte ebbero gli animali… Devo dire che, da bambino, quando vedevo questi poveri animali reclusi – le gabbie erano abbastanza anguste – provavo una pena infinita.
Mi unisco al coro dei commenti sull’orsa JJ4 e anche sugli altri orsi in pericolo e che qualcuno vorrebbe condannare a morte.
Mi spiace, naturalmente, per la morte del ragazzo incappato in uno sfortunatissimo incidente e mi dolgo del dolore dei suoi cari.
Però, analizzando le responsabilità dell’accaduto, naturalmente la mia analisi può essere sbagliata, devo dire che mi stupisco del fatto che, chi generalmente ritiene l’uomo un essere superiore e l’animale un essere inferiore, tacciando alcuni animalisti di antropomorfismo perché alcuni di essi ritengono la vita di ogni animali di pari dignità di quella di quella dell’uomo, in questa – ed altre – circostanze, invece, palesemente, loro stessi si comportano in maniera antropomorfa, volendo applicare ad un’orsa le stesse leggi dell’uomo; orsa che, probabilmente, spaventata per un evento che, forse, sarebbe stato evitato con una più completa ed appropriata istruzione sul come, eventualmente, comportarsi nelle zone dall’uomo stesso ripopolate con gli orsi in caso di incontro con un animale che, se vede qualcuno avvicinarsi ai suoi piccoli e teme per la loro incolumità, può reagire aggredendo per difenderli; come d’altronde anche l’uomo farebbe in caso pensasse che qualcuno voglia aggredire i suoi bambini.
In questo caso per l’uomo ci sarebbero delle attenuanti.
Nel caso specifico, dalle ipotesi riportate dai media, sembra che ci sia stata una serie di circostanze tali che, combinate, hanno portato alla disgrazia, dovuta a colpa di nessuno degli attori in questa implicati, ma solo ad una probabile malintesa paura dell’orsa per l’incolumità dei suoi cuccioli.
Quindi a me sembrerebbe antropomorfo il comportamento non di chi assolva l’orsa, ma quello di chi, all’orsa, voglia applicare una “pena di morte”, peraltro non contemplata dal codice penale italiano in quanto da noi il carcere serve per rieducare (l’uomo, naturalmente, se ritenuto colpevole) e non per punire.
A me, sembrerebbe antropomorfo tale comportamento in quanto mi sembra singolare voler applicare ad un animale le leggi dell’uomo; anche se, forse, così facendo, in un certo senso si potrebbe, non volendo, restituire all’animale, simbolicamente e in negativo, quella pari dignità – e diritto ad una vita felice- con l’uomo che, generalmente, gli viene negata.
Ma quale è la colpa, il reato, dell’orsa?
Di essersi comportata da orsa nel difendere i suoi cuccioli da un pericolo immaginato? Io penso che ciò non costituisca reato, perlomeno nel mondo animale, ma il logico comportamento di un animale “normale”, non di un animale “pericoloso”.
Si potrebbe anche pensare, al di là di tali mie argomentazioni, o elucubrazioni che siano, che, semplicemente, si voglia eliminare il “giocattolo difettoso” onde evitare che, in futuro, possa compiere altre uccisioni; ma, secondo me, posso sbagliare, nelle stesse circostanze, per quanto già esposto, qualsiasi altro orso, o animale con cuccioli, ripeto, uomo compreso, avrebbe reagito nello stesso modo di JJ4!
E, allora, parlando in generale, e non solo del caso specifico, dopo aver ripopolato delle zone, peraltro a spese dei contribuenti, con orsi, lupi, cervi, cinghiali (per dare forse “oggetti” a cui sparare ai cacciatori?), ora, che accade ciò che forse era immaginabile potesse accadere se il ripopolamento non fosse stato seguito nel tempo più che pedissequamente a regola d’arte, si risolve il problema con sentenze di morte, deportazioni, o “ergastoli”?
I problemi si risolvono sparando?
Non mi sembra un comportamento molto educativo; o sbaglio?
Rimane il problema che, salvo errori, le cure parentali dell’orso verso i suoi cuccioli durano molto a lungo negli anni e io non so se i tre cuccioli separati dall’orsa saranno autosufficienti; non per nulla, nella ridda di commenti trasmessi dai media, ho sentito da un notiziario Tv dire che i tre cuccioli erano “quasi svezzati”, da un altro “in fase di svezzamento”…
Domanda: “quasi”, “in fase di”, svezzamento, cosa significa? Sono svezzati o no?
In conclusione, dato che sono un pessimista, mi viene da pensare che, per come in generale gli animali, e non solo quelli della vicenda in particolare, sono trattati, mangiati, vivisezionati, usati per sperimentare, scuoiati, ingozzati, pescati, usati come bersaglio per chi consideri sport, divertimento, svago, la caccia – e l’elenco sarebbe lunghissimo, purtroppo -, forse sarebbe bene per loro che tutti gli animali nel tempo si estinguessero, così smetterebbero di soffrire; e, alcuni di noi, smetterebbero di soffrire nel vederli soffrire!
Questo non “è il mondo”; questo è il mondo come alcuni di noi lo hanno fatto!
Purtroppo.
Grazie Professore per la sua sensibilità nei confronti dell’orsa jj4, e un grazie per aver citato Lina come animalista convinta.
E, in riferimento al mio precedente commento, aggiungerei:
ma, se alcuni sciatori, per disgrazia, fossero travolti da una slavina, cosa faremmo?
Chiederemmo la condanna a morte, od il trasferimento, della slavina?
Oppure regoleremmo le escursioni adeguatamente alle condizioni climatiche presenti nella zona?
Le regoleremmo, naturalmente, le escursioni, avvisando minuziosamente, nel loro interesse, eventuali escursionisti, di come comportarsi, e dei motivi del rispetto delle eventuali regole relative alle condizioni climatiche della zona, onde rischino il minimo possibile la loro vita per una disgrazia causata da una eventuale slavina.
Se lecito,
posterei questo link preso si internet dal Dolomiti.it,, che riporta le conclusioni della etologa Chiara Grasso, specializzata in Benessere ed etica animale che, leggo, ha spiegato i rischi cui potrebbero andare incontro i cuccioli dell’orsa JJ4 rimasti senza la mamma:
https://ildolomiti.it/ambiente/2023/essere-svezzati-non-vuol-dire-essere-pronti-al-mondo-la-riflessione-delletologa-sui-cuccioli-di-jj4-avevano-ancora-bisogno-della-mamma
Mi sembra di aver, salvo errori, sentito qualcuno, in Tv, dichiarare qualcosa come: “Perché “scomodarsi”, eventualmente, a dover far rumore? Io nel bosco voglio andarci senza incombenze”.
In merito all’annosa, ormai, questione orsi, mi spiace informare quanti desiderino, o desiderino garantire ai loro cittadini, la possibilità certa di essere al sicuro della loro incolumità nei territori o nei boschi senza doversi scomodare con campanellini per far rumore ed avvisare dell’arrivo o, quando permesso, di doversi munire di spray al peperoncino per difendersi in caso di attacco che, purtroppo, la certezza assoluta della incolumità è difficile, purtroppo, da ottenere. Altrimenti saremmo ancora immortali in un Eden.
C’è il rischio di una slavina, o di un ramo che ti cada, purtroppo, in testa; e i pericoli sono tanti, comprese le vipere che, salvo errori, ho sentito in Tv insistere, addirittura, anche in alcune ville pubbliche a Roma, nonché, naturalmente, in molte zone aperte in Italia.
Ebbene, molti di noi sanno che, per evitare il morso mortale di una vipera occorre, ove se ne sospetti la presenza, far rumore perché si allontanino, non smuovere pietre sotto le quali potrebbero essere nascoste e attaccare e, inoltre, forse, nelle zone suddette, portarsi il siero antivipera.
Se tutto ciò è una scomodità alla quale non vogliamo sottostare, vogliamo allora chiedere che le autorità preposte catturino e abbattano, o rinchiudano, tutte le vipere, e tutti gli altri animali potenzialmente pericolosi? Compresi i calabroni, ragni ed altri insetti?
Grazie per aver ricordato l’episodio della Pantera lucchese, ignoto ai più. Pur nel massimo rispetto per il giovane deceduto e per la sua famiglia, sarebbe auspicabile, a mio avviso, che fosse trovata finalmente una degna collocazione per questi orsi in luoghi ampi e vigilati, dove possano vivere liberamente e riprodursi. L’abbattimento ha il sapore di una sorta di vendetta. C’era un progetto iniziale per la loro gestione. Che fine ha fatto? mi pare che ci sia stata una gravissima incuria.