“Le società sportive rifiutano mio figlio perché autistico”, l’appello di Giada alle istituzioni

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Lo ripetono sempre dell’importanza di creare una città più inclusiva e senza barriere, ma il cammino fuori dagli slogan elettorali è ancora lungo. “Ho ricevuto l’ennesimo ‘no’ da parte di una società sportiva lucchese che non intende includere mio figlio nelle proprie attività”, racconta Giada Alessandri, mamma di un bambino autistico di 13 anni.

Giada avrebbe contattato più di una società e questo sarebbe l’ennesimo dei ‘no’ sempre più difficili da accettare. Un’altra storia di negligenza e superficialità quindi, che non ha però scoraggiato Giada perché, sarà che una mamma lo sa, lei non intende arrendersi neppure per tutti gli altri.

Mio figlio è consapevole della sua condizione – dice – e sa bene il motivo per cui viene escluso dalle attività. Cosa dovrei rispondergli quando mi chiede se non lo vogliono a musica o a danza perché è autistico? E’ già difficile l’integrazione a scuola e nella vita, ma lo sport dovrebbe essere per tutti. Non è giusto”. Perché ancora, nonostante tutte le battaglie e i solleciti, spesso i ragazzi con disabilità o sono indirizzati ad attività sportive ‘solo per loro’, oppure esclusi e magari anche derisi dagli altri, quando invece lo sport dovrebbe unire e creare cultura consapevole della diversità.

Giada lancia poi un appello alle istituzioni competenti affinché si attivino per garantire a suo figlio e ai ragazzi come lui di poter scegliere lo sport che desiderano: “Sono sconfortata ed arrabbiata perché non riesco a capire come mai lo sport, che dovrebbe essere inclusivo, non lo è. Avendo un figlio con alto funzionamento e consapevolezza di sé e del suo stato, come faccio a fargli capire la situazione– scrive Giada -? Non tutti i corsi sportivi sono aperti ai disabili e quei pochi che ci sono a volte diventano ghetti: davvero non c’è modo di garantire attività organizzate per disabili e normodotati insieme? Mio figlio vorrebbe fare atletica e ha uno spiccato spirito artistico, ma anche in questo campo non ha avuto buone esperienze perché è stato escluso da alcuni spettacoli. La società deve integrare tutti a sé, non emarginare. Mi auguro profondamente, visto che di sociale ci si riempie spesso la bocca e poi all’atto pratico poco si fa, che qualcuno, dalle istituzioni, mi risponda e permetta al lui, finalmente, di fare sport”.

Sono disposta anche – aggiunge – a supportare la società sportiva con operatori specializzati e ad accompagnarlo personalmente a Lucca, Capannori, Porcari o Montecarlo”.

Personale non qualificato a scuola e nei centri sportivi, poche (come sempre) le risorse a disposizione, ma “non esistono bambini sbagliati”, siamo noi, certe volte, a non essere pronti e ci auguriamo che almeno l’assessora con deleghe alla disabilità del Comune di Capannori, Serena Frediani e l’assessore Francesco Cecchetti, cui le mamme come Giada si rivolgono, lo siano e concretizzino in azione le promesse politiche ed etiche di cui tanto sentiamo parlare.

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