Abbiamo lasciato la competizione elettorale al termine del primo turno nello scorso articolo. Lo stato di fatto era che il FN era in netto vantaggio sui voti (quasi un terzo dei voti complessivi) inseguito dalla sinistra del NFP e, da ultimo, dai macroniani di Ensemble. Ma soprattutto era in vantaggio sulle prospettive di voto nei vari collegi con la possibilità concreta di diventare maggioranza assoluta in parlamento.
Per Macron è una disfatta.
Il suo tentativo di coup de théâtre è fallito; il suo movimento è alle corde. E siccome Macron non ama perdere, prova a rilanciare.
Ora serve are un approfondimento sullo specifico sul doppio turno francese: abbiamo detto che al secondo turno passano i primi due. Il che è quanto avviene comunemente in quanto, generalmente, il sistema è abbastanza polarizzato dalla necessità di vincere la sfida finale e i partiti tendono a coalizzarsi preventivamente per affrontarsi principalmente in due contendenti. Ma non è esattamente quello che prevede il sistema.
Al primo turno viene eletto direttamente il candidato che abbia superato la metà delle preferenze espresse e abbia raggiunto almeno il 25% degli iscritti a votare. Quindi a condizione che abbiano votato almeno il 50% degli aventi diritto. Anche in tempi di scarsa affezione al voto tale traguardo è facilmente raggiunto e il FN aveva guadagnato, alla fine del primo turno, 38 seggi. Altri 32 erano stati conquistati dal NFP e solo 2 da Ensemble. Ma dove non si è chiusa la partita al primo turno, al secondo turno sono andati i primi due per voti. Ma la legge prevede che accedano al secondo turno anche tutti i candidati che abbiano raggiunto almeno il 12,5 % delle preferenze rispetto agli aventi diritto. Un valore che, abitualmente, con basse percentuali di votanti, non consente ad altri di accedere al secondo turno ma che questa volta, con una tripartizione del voto e un’affluenza di ben 66 % ha aperto la via a molti «triangolari». E nei triangolari i voti si disperdono e una forza con un consenso popolare del 33% potrebbe vincere se le altre si contrappongono fra loro. Che è quanto era accaduto nel primo turno.
Il problema per il Presidente era che il RN era in vantaggio nella maggioranza dei collegi: gli uffici di statistica prevedevano che avrebbero vinto tra i 255 e i 295 seggi complessivi senza contare i 30-45 seggi che avrebbero potuto vincere i Républicains loro potenziali alleati. Visto che la maggioranza parlamentare in Francia è di 289 seggi, il RN avrebbe potuto essere maggioranza in modo autonomo e avere una maggioranza ampia assieme ai Rep.
Macron non poteva subire questo. Non dobbiamo dimenticare che Macron è figlio di un sistema che vede il RN come qualcosa di impresentabile: un po’ come il partito comunista in America. Qualcosa di cui non essere mai complice. Ecco allora che per uscire dall’angolo, nel pathos del momento e con la furia che due sole settimane di campagna consente e favorisce, sigla un accordo di desistenza con il NFP. Accordo che non si basa su un progetto né su una chiara indicazione di un futuro governo ma solo sulla ferma decisione di sbarrare la strada al RN.
Di fatto è una «conventio ad escludendum» un accordo tra due partiti per escludere il terzo senza che da questo accordo arrivi un progetto politico. Il FN ed Ensemble decidono che, nei collegi dove è presente un «triangolare» il candidato con meno possibilità si ritiri dalla competizione in modo che lo scontro sia a due.
Questo accodo ridimensiona fortemente il RN che, alla fine del secondo turno, arriva sì ad essere il primo gruppo parlamentare (con126 seggi), ma ben lontano dalla maggioranza e, con il Presidente della Repubblica ostile, non ha alcuna possibilità di avere il premier.
Area | Partito | Risultato | Seggi |
Destra | Reconquête (Éric Zemmour) | 0 % | 0 |
Destra | Rassemblement National (Le Pen + Ciotti) | 37.06 % | 142 |
Destra | Les Républicains (non allineati con Ciotti + altri) | 5.14 % | 39 |
Tot destra | 42.20 % | 181 | |
Centro-liberal | Ensemble (Macron – Attal + lib) | 23.14 % | 150 |
Tot centro | 23.14 % | 150 | |
Sinistra | Nouveau Front Populaire (Glucksmann – Mélenchon) | 25.68 % | 178 |
Tot sinistra | 25.68 % | 178 |
Il Parlamento + così diviso in tre tronconi con diverse aspirazioni e diverse anime. Il NFP è comunque diviso nelle sue componenti tra il radicale Mélenchon e il socialista moderato Glucksmann. E, sebbene reclamino di aver vinto loro le elezioni, il fatto che non ci fossero accordi per il dopo consente a Macron di fare orecchie da mercante alla loro richiesta di esprimere il premier.
Alla fine, ed è cronaca di questi giorni, il premier sarà indicato dal Presidente francese solo oltre due mesi dopo le elezioni e sarà Michel Barnier, espressione proprio dei Républicains appoggiati da Ensemble. In altre parole, il governo del Presidente espressione delle forze meno votate tra quelle rappresentative. Una soluzione che non avrebbe mai preso la maggioranza del voto popolare.
Come è avvenuto? Lo abbiamo visto: un mix di scarsa lungimiranza e reazioni istintive che hanno portato a mezzi accordi mai chiaramente spiegati ai francesi nelle conseguenze ultime. Ma che, certamente, non potevano essere sfuggite ai politici che certi patti li stavano stringendo. Ma soprattutto, il sistema a doppio turno consente di rimandare la scelta e di nascondere la testo sotto la sabbia. Consente, cioè, di presentarsi senza accordi chiari al primo turno e di fare gli accordi «politici» in un clima di emergenza e quindi senza che le persone possano riflettere sul loro significato.
Viceversa il sistema a turno unico obbliga ad una campagna elettorale più trasparente e chiara: una situazione come quella che si è presentata al primo turno ai francesi avrebbe messo chiaramente in luce le velleità di populisti come Mélenchon e costretto tutti ad un progetto più mediato per coalizzarsi contro RN. O avrebbe spinto Les Républicains ad un accordo più organico. Facilmente avrebbe spaccato Ensemble che, sempre probabilmente, avrebbe spinto per fare un accordo «di sinistra» con Glucksmann tagliando fuori Mélenchon. In ogni caso, dopo le elezioni, si sarebbe saputo chi era chiamato a guidare il paese e questo avrebbe, a buon diritto, potuto dire di essere stato investito dall’elettorato di questo compito, a differenza di Barnier. Che probabilmente sarà anche un buon premier ma che per fare qualunque cosa vagamente significativa avrà bisogno dell’appoggio «esterno» proprio di quel RN che, a parole, si è voluto tenere fuori ma che, per forza di voti e di mancanza di chiarezza politica, sarà necessariamente ago della bilancia in Francia.
Per questo credo che il doppio turno sia, complessivamente, un sistema poco trasparente e ritengo che il turno unico su collegio uninominale sia la soluzione che, meglio delle altre, garantisca buone probabilità di avere delle maggioranze parlamentari e costringa i partiti a essere chiari sulle alleanze e sui programmi.
Foto di Tobias Reinert