Il piccolo ciclo di articoli che andiamo a dedicare alle elezioni francesi ha il duplice scopo di informare su quanto accade di là dalle alpi ma anche di vedere come i tecnicismi del sistema elettorale influenzano direttamente l’evoluzione della politica e quindi non siano affatto irrilevanti ma, anzi, fondamentali. Sono quindi proprio gli effetti del sistema elettorale il fatto più importante che vogliamo indagare perché speriamo che il ragionamento sul sistema elettorale si riapra qui, in Italia. Capire l’effetto dei diversi sistemi è quindi fondamentale. E il sistema a doppio turno francese è da sempre uno di quelli che sono più proposti come alternativa anche da noi.
Quindi cominciamo.
Siamo arrivati all’epilogo della singolare strambata imposta da Macron all’indomani delle elezioni europee. Una partita che ha tre tempi la cui successione lascia un po’ stupiti perché la conclusione a cui stiamo assistendo (che consideriamo il terzo tempo di questa partita) è abbastanza stridente con quanto successo prima. Per molti versi, anche la narrazione che è uscita non pare davvero in linea con i fatti. E lancia un’ombra inquietante sulla bontà del sistema a doppio turno francese.
Primo piccolo inciso: il sistema francese di voto.
Senza entrare troppo nel tecnico, possiamo dire che il sistema è un maggioritario a doppio turno. Quindi la Francia è divisa in collegi e all’interno di ciascuno di questi si eleggerà un unico parlamentare: colui che alla fine avrà preso più voti. Ma prima di arrivare alla fine ci sono due passaggi. In un primo momento i partiti si presentano autonomamente con le proprie persone (auspicabilmente con le persone migliori che il partito ha su quel territorio). Al momento del voto si misura un primo livello di consenso della gente nei confronti dei partiti.
È il primo tempo della partita.
A questo punto partono due settimane di riflessione, accordi, ripensamenti. In questo tempo i partiti possono mettersi d’accordo: chi è arrivata da terzo in poi può dare il suo sostegno ad uno dei primi due per aumentarne le possibilità di elezione.
Si arriva così al secondo tempo che è quello definitivo e che determina chi davvero verrà eletto: è colui che mette insieme il maggior numero di votanti una volta che la gara è stata ridotta a solo due partecipanti.
Il sistema appare ben congegnato e molto democratico eppure, come vedremo con l’analisi di queste elezioni francesi, si presta molto bene alla manipolazione da parte dei partiti.
Ultimo appunto sulla questione: è vero che il sistema è lo stesso che usiamo per il sindaco anche noi ma applicarlo solo al “capo” (il sindaco, da noi, o il presidente della repubblica, da loro) o applicarlo all’intera squadra (ossia il parlamento ed è come se lo usassimo per scegliessimo il consiglio comunale che sceglierà il sindaco) è molto diverso.
Ma per comprendere meglio è opportuno ricapitolare un po’ i tre tempi di questa interessante partita.
E abbiamo bisogno dell’antefatto: le elezioni europee.
Macron aveva appena constatato che aveva clamorosamente perso le elezioni europee. Più precisamente: il raggruppamento centrista che fa capo a lui è arrivato secondo ma a meno della metà dei voti dal Rassemblement National (RN). Il che è lo smacco più grande per Macron visto che il suo gruppo ha cercato di rappresentare una alternativa alla destra senza essere di sinistra. Comunque il risultato finale era:
Area | Partito | Risultato |
Destra | La France Fière (Reconquête – Éric Zemmour) | 5.5% |
Destra | Rassemblement National (Marine Le Pen) | 31.5% |
Destra | Les Républicains (Eric Ciotti) | 7.2% |
Tot destra | 44.2 % | |
Centro -liberal | Besoin d’Europe (Macron – Attal) | 15.2% |
Tot centro | 15.2% | |
Sinistra | Réveiller d’Europe (Raphael Glucksmann) | 14 % |
Sinistra | La France insoumise (Jean-Luc Mélenchon) | 8.7% |
Tot sinistra | 22.7% |
Numeri alla mano le elezioni le ha vinte il RN senza discussioni.
E arriviamo al primo tempo della partita politica: quello che va dalle europee al primo risultato elettorale politico.
(continua…)