Qualche giorno fa il Papa ha lanciato un appello in linea con lo spirito della Tregua Olimpica, richiamando l’attenzione sulla necessità di fermare i conflitti e promuovere la pace nel mondo. Ricordando che il 2024 sarà Anno Olimpico e Paralimpico, il Papa ha sottolineato come lo sport possa svolgere un ruolo cruciale nell’abbattere le barriere e promuovere la comprensione reciproca tra le nazioni. L’antico concetto della Tregua Olimpica è stato citato come esempio di come la storia possa ispirare azioni per affrontare le sfide contemporanee.
L’antica usanza della Tregua Olimpica, nota anche come “Ekecheiria” nell’antica Grecia, ha radici profonde nella storia e nella cultura dei Giochi Olimpici. Questa pratica, che risale almeno al VIII secolo a.C., era una sorta di accordo di cessate il fuoco che garantiva la sicurezza degli atleti, degli spettatori e dei viaggiatori durante il periodo delle competizioni olimpiche. La Tregua Olimpica era un simbolo di rispetto per lo spirito sportivo e per il culto religioso associato ai Giochi. Durante la sua durata, ogni tipo di conflitto bellico o giudiziario era sospeso per permettere la partecipazione pacifica alle competizioni e alle celebrazioni religiose. L’usanza aveva un impatto notevole sulla vita quotidiana nell’antica Grecia, poiché incoraggiava la coesistenza pacifica tra le città-stato che, altrimenti, erano spesso coinvolte in conflitti. La Tregua Olimpica è stata un esempio antico di come lo sport e l’unità possano essere utilizzati come strumenti di promozione della pace.
Sebbene l’antica usanza non sia stata continuamente rispettata nel corso della storia, l’idea di una pausa per promuovere la pace durante gli eventi sportivi è stata reintrodotta in tempi moderni. Durante il XX secolo, la Tregua Olimpica è stata riconosciuta dal Comitato Olimpico Internazionale e ha visto il suo rinnovato impegno a promuovere la pace e la cooperazione internazionale.
Il richiamo attuale del Papa, con la sua aspirazione alla pace attraverso lo sport, si inserisce in una realtà complessa, intrecciata con la diplomazia dello sport e le dinamiche politiche internazionali. L’esempio emblematico della “diplomazia del ping pong” tra gli Stati Uniti e la Cina negli anni ’70 sottolinea come lo sport possa essere utilizzato come un mezzo per migliorare le relazioni diplomatiche. Tuttavia, l’attuale contesto presenta sfide e controversie che mettono in discussione la reale efficacia di questi sforzi. La “diplomazia del ping pong” tra gli Stati Uniti e la Cina durante la Guerra Fredda è spesso citata come un esempio positivo di come lo sport possa contribuire a distendere le tensioni politiche. Mentre questo episodio è stato celebrato, alcune critiche sottolineano che questi momenti di distensione erano limitati e spesso sfruttati per fini propagandistici più che per un reale impegno diplomatico a lungo termine. Più di recente, la scelta del Qatar come sede dei Mondiali di Calcio del 2022 ha sollevato numerose controversie. Le accuse di violazioni dei diritti umani, condizioni lavorative precarie e preoccupazioni ambientali hanno offuscato l’idea che gli eventi sportivi possano automaticamente portare a un progresso sociale e politico. La questione è diventata emblematica di come gli aspetti positivi della Tregua Olimpica possano essere messi alla prova quando si tratta di organizzare grandi eventi sportivi in paesi con problematiche socio-politiche. Gli investimenti significativi dell’Arabia Saudita nello sport, che includono acquisizioni di squadre e organizzazioni sportive, hanno anch’essi sollevato domande sulla relazione tra sport e politica. Mentre alcuni sostengono che questi investimenti possono essere un mezzo per migliorare l’immagine internazionale del paese, altri criticano l’ipocrisia di tali mosse, considerando le preoccupazioni per i diritti umani e il coinvolgimento in conflitti regionali. Per converso, talvolta lo sport può rappresentare la “continuazione della guerra con altri mezzi”: si veda in proposito la sospensione del Comitato Nazionale russo da parte del Comitato Internazionale Olimpico come reazione “all’annessione” di diverse organizzazioni delle regione ucraine occupate. O ancora, i casi di atleti ucraini che si sono rifiutati di stringere la mano agli avversari russi.
In questo contesto, l’appello del Papa per la pace attraverso lo sport assume una dimensione critica. È un richiamo a riflettere sul significato autentico della Tregua Olimpica e sulla necessità di tradurre gli ideali sportivi in azioni concrete per promuovere la pace. La diplomazia dello sport può essere un veicolo potente, ma è essenziale che sia accompagnata da azioni coerenti e sostenibili, tenendo conto delle sfide reali che emergono nel mondo contemporaneo. Nel nostro piccolo quotidiano, ci piace ricordare che l’anno scorso proprio in questi giorni Lucca ospitava la mostra “Sport, sportivi e giochi olimpici nell’Europa in guerra (1936-1948)” a cura del Mémorial de la Shoah di Parigi, grazie all’iniziativa di Provincia di Lucca, Scuola della Pace e Istituto Storico della Resistenza, in collaborazione con il CONI Toscana, Panathlon e Libertas Lucca. E non è un caso che proprio il Comitato Provinciale Libertas Lucca, nel fare gli auguri per le Festività Natalizie, avesse ricordato il valore della Tregua Olimpica auspicando che potesse tornare come un dono di pace nel 2024.
Foto di Frans van Heerden per Pexels
Un esempio potrebbe essere la bella amicizia nata tra Jesse Owens, statunitense, e il suo avversario nelle stesse discipline, Luz Long, tedesco che, nelle olimpiadi di Berlino del 1936, durante la seconda guerra mondiale, ammirevolmente lo aiutò a capire come evitare di sbagliare nel salto con cui lo batté.
Dopo essere stato annullati un salto e un secondo considerato insufficiente, al terzo salto, se sbagliato, Owens sarebbe stato eliminato: qui lo aiutò Long.
La loro amicizia durò tutta la vita; perlomeno finché Luz Long visse.
Dalle controverse cronache dell’epoca, però, purtroppo, sembrerebbe che, a parte la loro bella e leale amicizia, e non è poco, altrettanto non fu loro, all’epoca, purtroppo, riservato sia al vincitore a Berlino, sia nelle loro rispettive patrie.
Se lecito, al riguardo, posterei preso da internet questo link:
https://ilmitte.com/2021/08/jesse-owens-e-luz-long-unamicizia-imprevedibile-rimasta-nella-storia/
Nel caso di eventuali atleti ucraini che si siano rifiutati di dare la mano ai loro avversari russi, o viceversa, eventualmente, mi chiederei quanto questo sia dettato da iniziativa personale o da eventuali paure di eventuali ripercussioni dall’alto istituzionale.
Comunque sia, io, se dovessi trovarmi n questa situazione, o darei la mano al mio avversario, nello spirito olimpico, oppure, altrimenti, mi asterrei dal partecipare ad un qualcosa di cui non sono capace di intrepretare lo spirito.
Come fecero Owens e Long, senza preoccuparsi di eventuali conseguenze.
Condivido pienamente quanto espresso dal Pontefice in merito alla ” tregua olimpica”. Salta in evidenza che noi oggi avremmo ancora molto da imparare dalla Grecia classica.
Lì , già secoli prima di Cristo , benchè le varie Poleis fossero spesso in competizione tra loro e si guardassero in cagnesco, capirono l’importanza dei valori dello sport e della coesistenza pacifica.
Una bella lezione per tutti noi.