L’estate è ormai alle porte e anche quest’anno sono molte le famiglie che iscriveranno i loro figli ai campi estivi organizzati dal Comune o dalle varie associazioni. Molte ma non tutte, perché le difficoltà più grandi sono ancora quelle per le famiglie con figli disabili o autistici.
Già l’anno scorso Maria Nuti, amministratrice del gruppo Facebook Genitori H per il sostegno si era fatta porta-voce dei genitori per denunciare la mancanza di fondi e di attività ben organizzare anche per bambini disabili: “di azioni concrete e programmate con doveroso anticipo per far si che anche l’estate diventi un momento di parità e unione oltre le differenze nessuno ne parla”, dicevano.
Qualche contributo arriva, ma non basta ad alleggerire la spesa a carico dei genitori: “Nella fascia d’età dai 6 ai 14 anni si offrono solo cento ore di scuola estiva con operatori specializzati, che riescono a coprire circa 20 giorni di frequenza (5 ore al giorno), al fronte di tre mesi e mezzo di ferie scolastiche – spiega Giada Alessandri, mamma di un bambino autistico di 14 anni -. Oppure si dà un contributo di mille euro alle famiglie per favorire l’assunzione di un operatore specializzato, che però copre la spesa per circa dieci giorni e non basta quindi a garantire stipendio e assicurazione ad un educatore per tutto il periodo estivo. L’unica alternativa è quella di iscrivere i bambini ad attività ad hoc destinate esclusivamente a studenti disabili, ma questa non è inclusione. Un campo estivo quindi che garantisca un educatore individuale per un bambino con disabilità per più di quattro ore al giorno e per più di un mese non c’è“.
“La disabilità non va in ferie come la scuola”, dice Giada e molti genitori non sanno a chi lasciare i loro figli o non riescono a coprire tutti i costi necessari e non sempre uno dei due può rinunciare al lavoro. “Chi ha un figlio disabile più grande di 14 anni – continua – è ancora più solo”.
Una situazione denunciata da anni che però non sembra cambiare: “Da mamma sono stanca di tutto ciò. Si fanno tante promesse ma poi non vengono mantenute. Nessuna parola neanche dai candidati sindaco della città. Come se il problema non ci fosse e le questioni sociali fossero meno importanti; nessuno di loro ha pensato di organizzare un incontro con le famiglie per discutere un piano di sostegno futuro, magari coinvolgendo anche l’Asl – sostiene Giada Alessandri -. Per venire incontro alle nostre necessità c’è bisogno di programmazioni anticipate, di ascolto eppure ogni anno si parla tanto di inclusività ma non si fa niente per ottenerla”.
In una famiglia si lavora, non è semplice gestire tre mesi di vacanza senza l’aiuto dei nonni e con un figlio disabile che ha bisogno di assistenze particolari la questione si complica perché mancano risorse concrete, anche dal punto di vista umano. Alcuni genitori, dopo il termine scolastico, necessitano di attività pomeridiane che coprano anche l’ora del pranzo e i contributi offerti non bastano a ripagare neanche un quarto delle spese che servirebbero ad assumere un educatore preparato. Il risultato è l’opposto di un’inclusione che sembrerebbe scritta solo sugli slogan e che di fatto, anche a causa dei tagli al sociale, ancora non c’è.