In occasione della giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, a Lucca è stata inaugurata una bella panchina arcobaleno. In prima fila, oltre ad alcuni esponenti dell’amministrazione comunale (Daniele Bianucci, Ilaria Vietina e Claudio Cantini) e di quella regionale (Alessandra Nardini), c’erano le varie associazioni del territorio che hanno organizzato e voluto l’evento.
Sui social e per le strade, i lucchesi si sono immediatamente divisi: da un lato la Lucca buona, dall’altro quella cattiva. C’è stato chi ha accolto con grande soddisfazione il fatto che le Istituzioni cittadine abbiano voluto simbolicamente celebrare la libertà di amare chiunque. E c’è stato chi, al contrario, ha invitato gli esponenti politici e le sigle sindacali presenti a concentrarsi sulle molte difficoltà di questo periodo. A dirla tutta, quest’ultima è stata un’alzata fin troppo facile per una bella schiacciata in faccia, perché l’accusa di benaltrismo – soprattutto quando si trattano temi così delicati e divisivi – di questi tempi è un anatema implacabile e feroce.
Ebbene, fermo restando che nel 2021 non può essere messa in discussione la libertà di amare chiunque si voglia (perché quella sessuale/affettiva è una componente fondamentale per la compiuta realizzazione di ogni persona), il rischio è che si perda di vista il punto di equilibrio, degenerando in un pericoloso contrappasso: la soppressione della libertà di pensarla diversamente. Dissenti? Se ti va bene sei uno che non ha sufficiente sensibilità, se ti va male sei un nemico. O sei con noi o sei contro di noi, ve lo ricordate il motto? Proprio lui, paradosso dei paradossi.
Dunque – per capire – si è necessariamente omofobi se si pensa che la realizzazione della libertà di amare una persona del proprio sesso non passi da una panchina colorata? Si è necessariamente omofobi se ci si chiede quale sia il valore aggiunto – per ogni persona, bisessuale, omosessuale o eterosessuale che sia – che viene apportato da una panchina colorata inaugurata in pompa magna?
Si è necessariamente dei maschilisti/retrogradi/omosessuali repressi se si pensa che la realizzazione della libertà di amare passi soprattutto da altro? Si è necessariamente dei bigotti conservatori se si pensa che ognuno abbia il diritto di essere chiamato come vuole e che, così come rispettiamo chi pretende di essere chiamata assessora, allo stesso tempo pretendiamo che il medesimo rispetto venga garantito a chi liberamente vuole farsi chiamare consigliere e non consigliera? E non perdiamoci in inutili dibattiti sui retaggi culturali e linguistici, che alla fine servono solo a spostare il cuore della questione.
Un esempio di questo fanatismo ce lo sta fornendo quotidianamente il dibattito sul D.D.L. Zan: un tema sul quale chiunque, senza neppure leggere il testo, ha preteso di poter dire la propria partendo dall’assunto: chi vuole l’approvazione è un progressista / chi non la vuole è uno che legittima la discriminazione sessuale. Una banalizzazione pericolosa, alla pari di quella fatta da quei bigotti che ritengono che l’approvazione sia un via libera al peccato, alla depravazione e alla dissolutezza sessuale.
Diciamocelo: fino a quando la scritta D.D.L. Zan sulla mano se la fa un giovane ventenne che pubblica i video sui social per avere notorietà, va anche bene. Ma è triste vedere come siano scesi a questo livello anche gli uomini delle Istituzioni, che ormai non tentano neppure più di alzare il livello del dibattito, gettandosi senza ritardi nelle bolge dei social. Non tentano nemmeno più di comprendere e raccogliere le tante critiche – anche trasversali, provenienti dal mondo LGBT e da quello accademico – che hanno accompagnato e accompagnano una proposta così importante e invasiva. E tutto, alla fine, si riduce ad uno scontro tra buoni e cattivi a prescindere, e nel frattempo i diritti – quelli civili ma soprattutto quelli sociali, sempre più tenui e ignorati – si realizzano a colpi di vernice. O forse no, paladini dei diritti?
Foto dal profilo FB del consigliere comunale Daniele Bianucci.