Da bambino abitavo a Bagni di Lucca, località Ponte a Serraglio, poco prima di “Villa Fiori”.
Con gli altri ragazzini giocavamo liberi per le strade, tranquilli; negli anni ’60, quando sulla S.S. 12 “Del Brennero” passava un’auto era ancora un avvenimento. Ci conoscevamo tutti. Le donne e le ragazze passavano i pomeriggi a “pittare” a mano sterminate file di statuine di gesso del presepe. Con un pennellino in mano, si alternavano da una figurina all’altra, dipingendo i particolari che facevano di ogni statuetta, nelle varie dimensioni, una vera opera d’arte; il mantello azzurro della Madonna, gli occhi di San Giuseppe, la ferita rossa del costato di Gesù…
La nostra casa era una piccola villetta, al civico 112, sulla sinistra andando verso il Ponte, prima di Villa Fiori. Era utilizzata come caserma dal Distaccamento di Polizia Stradale della Sezione di Lucca, presa in affitto dal Ministero dell’Interno. Noi abitavamo in un’ala della stessa, destinata ad alloggio di servizio del Comandante, mio padre.
Al piano superiore alcune camere per i poliziotti scapoli, al piano terreno l’ufficio, nell’interrato il garage con schierate le Moto Guzzi 500 “Falcone”, e la potente Fiat Campagnola, con il lampeggiante azzurro e la radio! L’odore di benzina era inebriante. Nel corridoio le uniformi appese, i cinturoni con le pistole, la paletta rossa… Un mondo affascinante per un bambino!
Ogni mese veniva a riscuotere l’affitto il proprietario della villetta, il signor Barsi che aveva lì vicino anche un albergo ristorante, il “Corona”.
Nei ricordi di un bimbo di 7 anni, che faceva la prima elementare alle “Ferretti”, i racconti, tristi e misteriosi, ascoltati dalla gente del posto, in merito a un fatto luttuoso avvenuto nella nostra villetta, durante gli anni di guerra, al civico 112.
Più avanti nell’età, la passione per la Storia mi porterà tra le mani un testo, il nr 27/28 di “Documenti e Studi” edita dall’ I.S.R.E.C di Lucca, Dicembre 2006. Racconta una storia. Triste, tragica, di due coniugi ebrei suicidi, a Bagni di Lucca, che vivevano in una casetta, al civico 112, lungo la Statale nr 12 del Brennero,
E leggendo, comincio a rivivere, come un “déjà vu”, un percorso a ritroso nel tempo, nella mia memoria, come un viaggio virtuale nella stessa casetta, rivedo lo stesso appartamento, il lungo e stretto corridoio, le camere disposte ad est, … tutto è perfettamente coincidente con i miei ricordi di bambino, come la casa della mia infanzia, ed è esattamente descritto in un rapporto informativo dei Reali Carabinieri di Bagni di Lucca circa un fatto luttuoso ivi avvenuto del Dicembre del ’43…
Emozionante aver potuto ricostruire tutta la storia.
7 Dicembre 1943. Bagni di Lucca.
La località Bagni di Lucca era stata scelta per “ospitare” provvisoriamente una parte degli ebrei internati della provincia, in attesa di andare poi, nei campi di concentramento, quelli veri, per la soluzione finale. Definitiva.
Le Camice Nere di Lucca assicuravano la sorveglianza, compito peraltro assai facile, perché si trattava di persone tranquille, famiglie intere che erano state alloggiate presso alcune strutture alberghiere della zona, a spese della Prefettura di Lucca; in particolare erano alloggiate in alcune pensioni a Bagni Caldi, una località appena più a Nord. Le famiglie ebree più benestanti e che avevano una capacità finanziaria, potevano alloggiare a loro spese, in abitazioni private in affitto, sempre sotto stretta sorveglianza delle CC.NN. di Lucca. Dovevano recarsi alla Stazione Carabinieri della Villa due volte al giorno per la firma sul “Registro controllo presenze”.
Tra loro, una coppia di coniugi apolidi, fuggiti dalla Germania in seguito alle leggi razziali, il signor Bernardo Sternfeld di 45 anni, nato a Vienna e la moglie, signora Giovanna Wiel, sempre di Vienna, della stessa età. Avevano preso in affitto dal signor Remo Barsi, il proprietario dell’Hotel Corona, la piccola villetta al civico “nr. 112”.
Vivevano in maniera semplice, commerciavano e vendevano biancheria fine, senza recar fastidio e osservando scupolosamente, come tutti, le regole imposte dal regime; ritiro ad una certa ora, firma ecc.
Il tempo passava e la situazione politico militare precipitava rapidamente. Verso gli inizi di dicembre del 1943, cominciarono ad arrivare sentori di un prossimo trasferimento presso il meno accogliente e più tragicamente noto campo di concentramento in Polonia, Auschwitz.
Per questo motivo, per la stanchezza di una vita negata, per la cattiveria degli eventi, i due coniugi presero la loro ultima decisione. Non sarebbero saliti su quel carro ferroviario, insieme a tanti altri, tante storie di vita negata.
No. Sarebbero rimasti a Bagni di Lucca. Definitivamente.
Brevemente riporto i fatti, ritrascritti grazie alla precisa opera di informazione e divulgazione della memoria offerta da “Documenti e Studi” edit I.S.R.E.C di Lucca, nr. 27/28 Dicembre 2006.
La sera del 3 dicembre 1943, i due coniugi, dopo aver preso congiuntamente la estrema decisione, si ritiravano nella camera da letto della villetta, e dopo aver scrupolosamente sigillato con stracci e indumenti la porta e le finestre in maniera ermetica, lasciavano accese due bacinelle con dei carboni, per riscaldare la stanza.
A Bagni di Lucca, a dicembre, fa freddo.
Si distesero sul letto, insieme, e così li ritrovò, qualche giorno dopo… il Maresciallo Maggiore Adolfo Mascolo, Comandante la locale Stazione dei Carabinieri di Bagni di Lucca, che in uno scrupoloso rapporto, il nr. 65 del 8 dicembre 1943 inviato al Procuratore di Stato di Lucca, al Comando Tenenza Carabinieri di Lucca e per conoscenza alla Questura di Lucca, racconta dettagliatamente le modalità del rinvenimento dei due corpi.
Il rinvenimento in effetti avvenne il 7 dicembre, verso le ore 14,30 da parte dei Carabinieri, allertati dal proprietario sig. Barsi che da due o tre giorni non vedeva più i due coniugi…
Li ritrovarono sul letto, abbracciati. Morti per avvelenamento da acido carbonico.
La rivista Documenti e Studi molto precisa e dettagliata, riporta in copia anche i vari verbali di constatazione, i certificati degli Atti di Morte, la prima segnalazione per fonogramma, l’inventario dei beni, e una lettera in tedesco, rinvenuta in un locale fuori la camera.
Fu fatta tradurre dal comandante della Gendarmeria tedesca di Bagni di Lucca.
“…dopo che siamo stati tre anni e mezzo internati, deve colpirci un altro destino, più duro del primo: perciò vogliamo finire questa vita. Quel che si trova in nostro possesso è roba da noi aspramente (forse duramente -traduz – …) guadagnata, poi abbiamo sempre vissuto con onestà. Dopo che dobbiamo ora perdere l’ultimo – già molto abbiamo perduto– facciamo finire gli schianti. Alle Autorità che sino ad oggi ci hanno trattato con umanità siamo riconoscenti.
Bernard e Giovanna Sternfeld.
Mio fratello Siegmund Sternfeld, internato in Pianella (Ferrara), lo preghiamo di avvertire dell’accaduto.
Impressionante la serenità e la lucidità, la forza di non imprecare contro chi li ha portati verso questo destino atroce, le Autorità (in maiuscolo- ! – nel testo originale) alle quali sono riconoscenti per il trattamento di “umanità”…
I loro corpi furono tumulati nel piccolo cimitero all’inizio di Bagni di Lucca sulla Lima. Mai più rinvenuti.
Ripetutamente è stato chiesto di porre un segno, una targa ricordo alla Amministrazione Comunale. Inutilmente. Si vede son indaffarati a “ricordare” in altro modo.
Ma le tragedie non son mai in un atto solitario… Destini Incrociati.
Il fratello Sigmund Sternfeld, al quale è destinata l’informazione della morte, vive anch’egli internato, a Pianelle (Pescara) con la moglie Rosa Steimer; lavorano come interpreti presso il Comando tedesco, e quindi hanno informazioni … dirette. Quando capiscono che anche il loro destino è segnato, si suicideranno anche loro il 31 marzo del 1944, per sfuggire alla cattura e al successivo concentramento presso il campo di Fossoli (MO).
Si daranno la morte, anche essi abbracciati sul letto, con un potente veleno, tre mesi dopo la fine del fratello e della cognata.
Grazie Vittorio per averci messo a conoscenza di questa vicenda tragica . Una descrizione dei fatti e luoghi con date precise e documentate.
Ringrazio anch’io il Colonnello Biondi per questa bella , intensa e commovente storia.
Direi che rappresenta un bel modo per ricordare il Giorno della memoria.