Iran nel XXI secolo: tra riforme mancate, repressione e crisi economica

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L’Iran è stato al centro di profondi cambiamenti sociali, politici ed economici dall’inizio del XXI secolo. La Repubblica Islamica, nata dalla rivoluzione del 1979, ha attraversato momenti di tensione interna, isolamento internazionale e proteste popolari. Le speranze di riforma, la repressione dei diritti civili, le lotte per la libertà religiosa e l’instabilità economica hanno segnato la vita quotidiana della popolazione iraniana.

Un sistema politico immutabile: il potere del clero

Il sistema politico iraniano si basa su una teocrazia islamica guidata dalla figura della Guida Suprema, attualmente l’Ayatollah Ali Khamenei, che detiene il controllo ultimo su tutti i principali organi dello Stato. Il presidente, pur essendo eletto, ha poteri limitati e deve rispondere al clero e alle istituzioni religiose. Il Consiglio dei Guardiani e l’Assemblea degli Esperti, entrambi controllati dai religiosi, esercitano un veto su leggi e candidature politiche, impedendo qualsiasi reale cambiamento.

Nonostante alcuni presidenti riformisti abbiano cercato di introdurre aperture politiche, il sistema è rimasto rigido. Mohammad Khatami, presidente dal 1997 al 2005, tentò di promuovere una maggiore libertà di espressione, ma il suo successore Mahmoud Ahmadinejad (2005-2013) riportò il paese a una linea dura, inasprendo i rapporti con l’Occidente e reprimendo il dissenso interno. L’elezione di Hassan Rouhani nel 2013 sembrò un segnale di maggiore apertura, soprattutto con l’accordo sul nucleare del 2015, ma il successivo ritiro degli Stati Uniti dall’intesa e il ritorno delle sanzioni hanno vanificato ogni progresso. Con l’elezione di Ebrahim Raisi nel 2021, noto per il suo passato di repressione dei dissidenti, il Paese ha assistito a un’ulteriore chiusura politica.

L’ultima elezione di Masoud Pezeshkian, in data 28 luglio 2024, ha rispostato il pendolo verso una posizione più moderata, seppur timidamente.

Diritti civili e libertà: tra repressione e resistenza

I diritti civili in Iran hanno vissuto una continua erosione nel corso del XXI secolo. Il governo impone severe restrizioni alla libertà di espressione, con giornalisti, attivisti e oppositori spesso arrestati con accuse vaghe di “propaganda contro lo Stato” o “corruzione sulla terra”. L’uso dei social media è monitorato e censurato, mentre manifestazioni e proteste vengono regolarmente represse con la forza.

Un momento chiave è stato il 2009, quando milioni di iraniani scesero in piazza contro i presunti brogli elettorali nelle elezioni presidenziali che riconfermarono Ahmadinejad. Il cosiddetto “Movimento Verde” fu brutalmente schiacciato, con centinaia di arresti e condanne a morte. Un’altra ondata di proteste è scoppiata nel 2017-2018 contro la crisi economica, seguita da un’escalation ancora più grande nel 2019, quando l’aumento del prezzo del carburante portò a manifestazioni in tutto il paese. Il governo rispose con una repressione violenta, uccidendo centinaia di persone.

Nel 2022, l’Iran è stato scosso dalle proteste scaturite dalla morte di Mahsa Amini, una giovane arrestata dalla polizia morale per non aver indossato correttamente il velo. La rabbia popolare ha portato a una delle mobilitazioni più estese della storia recente del paese, con donne in prima linea a sfidare il regime togliendosi il velo in pubblico. Anche in questo caso, la repressione è stata feroce, con migliaia di arresti e centinaia di morti.

Religione e diritti: la sfida alla teocrazia

L’Iran è una Repubblica Islamica in cui la religione gioca un ruolo centrale nella vita politica e sociale. Il sistema impone l’interpretazione sciita dell’Islam, discriminando le minoranze religiose come sunniti, cristiani e zoroastriani. La conversione dall’Islam a un’altra religione è punibile con la morte, e le persecuzioni contro le comunità non riconosciute ufficialmente sono comuni.

Le leggi sulla moralità impongono un codice di abbigliamento islamico, con il velo obbligatorio per le donne, e proibiscono comportamenti considerati contrari alla Sharia. Tuttavia, negli ultimi anni, sempre più iraniani, soprattutto giovani, hanno iniziato a sfidare queste restrizioni, spingendo il regime a inasprire le misure di controllo.

Il contrasto tra la società iraniana e il governo clericale si è acuito nel tempo. Mentre le nuove generazioni chiedono più libertà, il regime continua a imporre rigide restrizioni, generando un conflitto interno sempre più evidente.

Sicurezza e instabilità: tra repressione interna e politica estera aggressiva

La sicurezza interna dell’Iran è stata caratterizzata da un forte controllo del dissenso. Le forze di sicurezza, tra cui la temuta Guardia Rivoluzionaria, giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’ordine. La censura e la sorveglianza sono strumenti essenziali per il regime, che reprime ogni forma di opposizione.

Sul piano internazionale, l’Iran è stato coinvolto in numerosi conflitti e tensioni regionali. Il sostegno a gruppi armati come Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen e le milizie sciite in Iraq ha contribuito a destabilizzare il Medio Oriente. La rivalità con l’Arabia Saudita e il conflitto con Israele hanno alimentato ulteriormente le tensioni nella regione.

Le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Europa hanno isolato il Paese, contribuendo alla crisi economica. L’uscita degli USA dall’accordo sul nucleare nel 2018 ha portato a un’escalation di tensioni, con attacchi a petroliere, l’abbattimento di droni e rappresaglie militari.

Economia: tra crescita illusoria e collasso finanziario

L’economia iraniana è stata fortemente condizionata dalle sanzioni internazionali e dalla cattiva gestione interna. Nei primi anni 2000, grazie alle esportazioni petrolifere, il paese ha goduto di una relativa stabilità economica. Tuttavia, la dipendenza dal petrolio ha reso l’economia vulnerabile alle fluttuazioni del mercato globale e alle sanzioni.

Con l’accordo sul nucleare del 2015, l’Iran sperava in una ripresa economica, ma l’uscita degli USA dall’intesa e il ritorno delle sanzioni hanno causato un crollo del rial iraniano, un’impennata dell’inflazione e un aumento della disoccupazione. Oggi, molti iraniani faticano a soddisfare i bisogni primari, con la povertà in crescita e un tenore di vita in declino.

Le proteste economiche degli ultimi anni dimostrano il crescente malcontento della popolazione, sempre più esasperata dal costo della vita e dalla corruzione diffusa. Il governo, invece di adottare riforme, ha risposto con maggiore repressione e controllo sociale.

Conclusione: il futuro incerto dell’Iran

L’Iran del XXI secolo è un paese in bilico tra passato e futuro. Il regime continua a esercitare un controllo oppressivo sulla popolazione, ma le richieste di cambiamento diventano sempre più forti. Le proteste degli ultimi anni dimostrano che la società iraniana sta cambiando, nonostante la resistenza delle istituzioni religiose.

La repressione, l’isolamento internazionale e la crisi economica mettono il governo sotto pressione, ma il regime ha dimostrato di essere disposto a usare qualsiasi mezzo per mantenere il potere. Il futuro dell’Iran dipenderà dalla capacità della popolazione di continuare a sfidare il sistema e dalla possibilità di trovare un equilibrio tra modernizzazione e tradizione.

Per ora, l’Iran rimane un paese in crisi, con un popolo sempre più stanco delle restrizioni e un governo sempre più chiuso nel suo autoritarismo. Il XXI secolo potrebbe essere il secolo del cambiamento, ma a caro prezzo.

Eduardo

Image by David Peterson from Pixabay

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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