Si sente spesso parlare del sistema elettorale attuale noto come “Rosatellum” ma è solo l’ultimo di una serie piuttosto lunga di vari sistemi. Abbiamo quindi deciso di fare un po’ il punto della situazione. Lo scopo non è fornire dettagli troppo specifici sul funzionamento dei vari sistemi ma comprendere come i partiti politici, nel tempo, hanno modificato i sistemi elettorali per avere sempre più controllo su chi andava in Parlamento e per togliere questo controllo all’elettorato.
Il “Rosatellum” è, infatti, solo l’ultima incarnazione di una prolifica produzione legislativa degli ultimi 30 anni. In media ogni legge elettorale ha fatto giusto giusto un paio di elezioni prima di essere “rottamata”. E ogni legge, più o meno, aggiungeva un che di complicato e qualche “furberia” al fine di spostare il risultato a proprio favore.
Ma vediamo nel dettaglio:
Nome
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Anno
1946 (durata 47 anni)
Meccanismo di funzionamento
100% proporzionale con preferenze.
Alla camera il territorio era diviso in 32 circoscrizioni e gli elettori esprimevano fino a 4 preferenze. Al senato le regioni erano divise in collegi proporzionali al numero dei seggi.
Annotazioni sulla possibilità di scelta dei rappresentanti
Le circoscrizioni erano molto ampie, il che limitava la possibilità di essere molto radicati in tutta la circoscrizione ma le preferenze garantivano che gli eletti avessero una reale presenza politica sul territorio.
Il problema delle leggi proporzionali è che favoriscono la frammentazione visto che si prendono seggi anche con percentuali “piccole”
Nome
Mattarellum (il nome lo deve all’attuale presidente della repubblica – Mattarella – che ne fu il primo firmatario)
Anno
1993 (durata 12 anni)
Meccanismo di funzionamento
Sistema misto maggioritario 75% e “correzione” proporzionale al 25%.
Listini proporzionali bloccati.
Scorporo.
Soglia di sbarramento al 4%.
Annotazioni sulla possibilità di scelta dei rappresentanti
Fu la prima legge che cercò di dare la parola ai cittadini in modo più diretto (era figlia di un periodo di referendum elettorali). Nei collegi maggioritari, molto più piccoli dei precedenti (tipicamente delle dimensioni di una provincia), vinceva il candidato che prendeva più voti. Questo favoriva la creazione di aggregazioni di partiti che si presentavano in coalizioni. Il metodo maggioritario per la gran parte degli eletti rendeva importante poter contare su persone radicate sul territorio almeno per quei collegi che non erano “blindati”. La quota maggioritaria, tutta in mano ai partiti, rendeva impossibile scegliere i candidati in modo diretto per quella parte. Il meccanismo dello scorporo era di una complessità degna di una laurea in statistica (o di una cura psichiatrica…).
Nome
Porcellum (il nome lo deve ad una battuta – che tradiva tutti i retropensieri di una politica che la votò senza troppe preoccupazioni e che certo non se ne scandalizzò tanto che è rimasto come nome… – del suo estensore e primo firmatario on. Calderoli: “questa legge è una porcata ma la porcata piace a tutti!”)
Anno
2005 (durata 10 anni)
Meccanismo di funzionamento
Sistema proporzionale con sbarramento al 10% per le coalizioni (e all’interno di queste al 2% per ciascun partito) e al 4% per i partiti che non si coalizzano.
Premio di maggioranza sopra il 37%. Liste bloccate.
Annotazioni sulla possibilità di scelta dei rappresentanti
Difficile avere buone parole per questo sistema (visto anche cosa ne pensavano gli stessi estensori). Era un sistema che continua a favorire le aggregazioni per via del premio di maggioranza che veniva dato al partito o alla coalizione più votata. Il sistema metteva la scelta dei parlamentari totalmente nelle mani dei partiti che non avevano più bisogno di persone che fossero radicate nel territorio visto che i voti si attribuivano solo sul voto di lista.
Nome
Italicum (proposta da Renzi all’interno di una riforma del sistema costituzionale che fu bocciata nei referendum confermativi)
Anno
2015 (durata 2 anni)
Meccanismo di funzionamento
Solo per la Camera dei Deputati (la parte del Senato era legata alla riforma costituzionale poi abortita) proporzionale a doppio turno con premio di maggioranza (soglia 40%).
Sbarramento al 3%.
Capolista bloccato e preferenze per le altre posizioni.
Alcuni meccanismi di quote rosa
Annotazioni sulla possibilità di scelta dei rappresentanti
Intervento a “metà” che riportava (solo in parte) la possibilità di scegliere il candidato. Vi erano meccanismi un po’ bizantini per via dei capolista bloccati che rendevano difficile capire chi poteva passare e chi no. La scelta da parte dell’elettorato (con le preferenze), di fatto, era limitata solo ai partiti maggiori visto che i minori non eleggevano molto più che i capolista. Favoriva ancora le aggregazioni per via del premio di maggioranza.
Nome
Rosatellum (dal nome del suo estensore Ettore Rosato)
Anno
2017 (durata 3 anni)
Meccanismo di funzionamento
Sistema elettorale misto maggioritario al 37% e proporzionale al 61% (2% riservato agli italiani all’estero).
Listini proporzionali interamente bloccati e corti (2-4 candidati).
Varie soglie di sbarramento.
Esclusione dalle coalizioni dei partiti che non raggiungono 1%.
Alcuni meccanismi di quote rosa.
Annotazioni sulla possibilità di scelta dei rappresentanti
La scelta dei rappresentati da parte dell’elettorato è limitata alla sola quota maggioritaria che è circa un terzo degli eletti. Per il resto se la vedono i partiti. I collegi proporzionali sono 28 per tutta Italia alla Camera e 20 al Senato (uno per regione). Quindi molto (troppo) grandi per favorire un radicamento dei candidati. Andava (visto che questo ora è cambiato) meglio con il maggioritario (232 collegi alla Camera e 116 al Senato). La mancanza di un premio di maggioranza favorisce la frammentazione e la possibilità di situazioni in cui non esiste un chiaro vincitore delle elezioni (come accadde al primo test elettorale del 2018 in cui nessuna coalizione o partito aveva la maggioranza)
Nome
Rosatellum modificato post referendum costituzionale con riduzione dei parlamentari
Anno
2020
Quote proporzionali e maggioritarie
Legge elettorale identica alla precedente con ampliamento delle dimensioni dei collegi uninominali per far fronte alla riduzione dei parlamentari
Annotazioni sulla possibilità di scelta dei rappresentanti
Stesse considerazioni del precedente modello ma con un significativo peggioramento della riconoscibilità anche dei (pochi) eletti in collegi maggioritari: la riduzione dei parlamentari (proporzionalmente distribuita tra maggioritario e proporzionale) ha comportato la necessità di ampliare significativamente la grandezza dei collegi maggioritari che ora sono 147 alla Camera e 74 al Senato.
Quello che si nota, in questa “evoluzione” delle leggi elettorali, è che di volta in volta si è andato riducendo il tempo tra una legge e la successiva e, parallelamente, si è costantemente limitata la facoltà di scelta del cittadino verso il singolo candidato. Di fatto la larga maggioranza del Parlamento non è frutto di una scelta consapevole ma il risultato di un voto che esprime solo una “appartenenza ideologica” e non il riferimento ad una persona del cui giudizio ci si fida.
In questa direzione (di progressiva appropriazione della rappresentanza solo nelle mani di segreterie e segretari-presidenti di partiti) va anche la proposta ricorrente del “vincolo di mandato” (che però è incostituzionale oltre che un ulteriore, e forse finale, deterioramento della nostra forma democratica).
Parallelamente alla riduzione della possibilità di rappresentanza parlamentare vi è un graduale aumento della complessità di clausole (sbarramenti, quote, listini bloccati, ecc.) che rendono la gestione delle liste un fatto da “addetti ai lavori” e rendono difficile, per il corpo elettorale, una scelta consapevole dei propri rappresentanti. Su questo sia il centro-destra che il centro-sinistra hanno sempre trovato qualche nuova idea da realizzare. Resta il fatto che, oggi, la distanza tra eletti ed elettori è siderale e la disaffezione del corpo elettorale si misura nella crescita dell’astensionismo da elezione ad elezione. Ormai chi non vota è la maggioranza degli aventi diritto. E, proclami a parte, questo non sembra davvero dispiacere a nessun partito. Infatti, nessuno mette nei suoi programmi una riforma elettorale che riavvicini eletti ed elettori.
Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi