Negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare di fascismo. E lo trovo curioso.
Lo trovo curioso perché, onestamente, non credo che ci sia nessun fremito o nostalgia fascista in questo paese da molti, moltissimi anni. Anzi, la fine del 2020 è idealmente l’anno in cui avremmo dovuto archiviare definitivamente la questione fascista. In quell’anno chiunque avesse avuto il diritto di voto (e quindi potesse essere stato attivamente coinvolto nel sostegno al fascismo fino alla II guerra mondiale) aveva compiuto 100 anni. Facendo un po’ di conti, un’armata di poco meno di 15’000 valorose e valorosi, ci dice l’ISTAT. Ma è lecito aspettarsi che non siano più molto pericolosi. E anche non tutti fascisti.
Allora perché le preoccupazioni del fascismo siano tornate nel dibattito pubblico? Esiste una frangia di persone che veramente si colloca al di fuori del percorso democratico o che auspica il ritorno di un passato che non deve tornare, o questo dibattito è motivato da altre esigenze?
Credo che sia per un riflesso di difesa di una sinistra a corto di argomenti: un “Al lupo! Al Lupo!” compatta sempre le truppe e nasconde il vuoto di contenuti, soprattutto quando si è in crisi di identità.
E questa è la cosa più curiosa. Cioè che la “sinistra” (soprattutto ex-comunista) dipinga il fascismo come qualcosa lontanissimo dal proprio credo usando la definizione di “destra” (come dispregiativo e opposto a sé stesso). Ormai è divenuta “verità” la Fake News che i fascisti erano “la destra”, almeno se per “destra” si vuole intendere quanto di più lontano da ciò che comunemente chiamiamo “sinistra”.
Prendendo un manuale di storia, però, si trova che Mussolini (quello vero, Benito, non il semisconosciuto Arnaldo) era un socialista. Socialista nell’anima. Anticapitalista, rivoluzionario, attivista (allora si diceva agitatore…). Era stato anche direttore dell’Avanti e i suoi filosofi di riferimento erano le stelle del firmamento della sinistra a partire da Marx. Era amico e legato a Pietro Nenni. La sua forza fu quella di schiacciare il partito socialista e interpretare quegli anni, in cui certo non mancava la violenza in politica, con posizioni forti di retorica e leggere di contenuti. A qualcuno quel tempo non ricorda un po’ il nostro? (fortunatamente non per la violenza ma per la povertà dei contenuti).
Se andiamo a vedere bene troviamo che il fascismo era fortemente statalista. E anche il comunismo.
Era, in economia, attento alle classi più povere, autarchico, keynesiano, redistribuivo. Anche il comunismo
Aveva al centro il tema delle masse proletarie. Anche il comunismo.
Riteneva il capitalismo pericoloso e da controllare. Anche il comunismo (forse qui molto di più e con una diffidenza che non si è ancora acquietata).
Era incline all’uso della violenza per acquisire il potere. Anche il comunismo.
Puntava alla conquista del potere con ogni mezzo anche non democratico. Anche il comunismo. Quello di allora e, purtroppo, anche di dopo (si veda alla voce “Anni di piombo” con le relative coperture politiche). Lo stesso dicasi per la scarsa attenzione per la vita umana che poteva essere persa durante scontri e manifestazioni. Soprattutto se era la vita di oppositori politici (ancora si veda alla voce “anni di piombo” o “rivoluzione russa” o “rivoluzione cinese” o …). Persino il più sanguinoso nazismo tedesco trae origine dalla social-democrazia di allora. E tutti, una volta ottenuto il potere, hanno lavorato per impedire ogni forma di sciopero, contestazione, opposizione. I fascisti in Italia come i comunisti nei paesi in cui vinsero.
Spero che gli amici socialisti di oggi e di ieri mi perdonino qualche semplificazione tra socialisti e comunisti ma, all’epoca dei fatti che ci interessano, il confine era assai labile.
Certo la sinistra di oggi ha in gran parte rinnegato le sue origini comuniste con quel carico di violenza e disprezzo della “democrazia reale” che aveva (e che tuttora ha: non vogliamo concedere il nome di “democrazia” ai regimi che, come i comunisti di Russia e Cina, fanno elezioni e mettono in prigione chi si oppone). Ma francamente non ho mai sentito una vera abiura di quel tempo da parte di chi milita a sinistra. E mi piacerebbe sentirla visto che di regimi fascisti ce ne sono pochi mentre di dittature di sinistra…
Allora chi è davvero dall’altra parte del fronte di sinistra?
Storicamente, il fronte liberale e repubblicano. Un fronte che, negli ultimi 20 anni in Italia, è stato interpretato da Forza Italia. Un fronte che ha assorbito, meglio di altri, anche la tradizione cattolica di libertà, attenzione alla persona, rispetto per la vita e per la libertà anche di chi la pensa diversamente. Lo ha fatto poi senza trasformarsi in un partito confessionale.
Una interpretazione che non è stata sempre perfetta come lo sono spesso le opere umane. Che ha, soprattutto all’inizio, troppo facilmente ignorato il problema etico del conflitto di interesse pubblico-privato.
Ma permettetemi di ricordare, visto che siamo in Toscana, il Monte dei Paschi. Tanto per dire che, come ai primi tempi del fascismo-comunismo nessuno faceva davvero caso al tema etico del rifiuto della violenza, in questi anni nessuno (ancora meno a sinistra che a destra) lo ha fatto davvero al tema dei comportamenti etici nell’uso della cosa pubblica.
Oggi all’Italia serve di ritrovare uno spirito sinceramente liberale, capace di valorizzare il cittadino e la sua iniziativa. Capace di riconoscere l’associazionismo e il principio di sussidiarietà come caposaldi dello sviluppo di una società moderna, rispettosa, aperta e fertile. Un contesto che consenta di vedere il pubblico come strumento di servizio per il cittadino e non come un diffidente controllore o un grande fratello. Un contesto che sia favorevole allo sviluppo di imprese e libere attività che possano far crescere l’economia. Un contesto che favorisca l’apertura europea e internazionale. Che ci dia un assetto leggero e funzionale per replicare quel “miracolo italiano” che, nel dopoguerra, face dell’Italia, sconfitta e in rovina, la settima potenza economica mondiale.
E serve un rinnovato impegno delle persone, nella formazione, nel lavoro e nella crescita. Perché oggi il lavoro c’è ma non è più un lavoro da manovali ma da soggetti altamente preparati e competenti, un lavoro per chi ci “mette il cervello”, non da “braccianti”. E questo dobbiamo farlo capire alle generazioni che arrivano e che a scuola non trovano gli stimoli e la formazione che la società necessita. Scuola che deve diventare una vera eccellenza nei risultati che produce, non l’arena di scontro di sterili ideologie.
Abbiamo bisogno di una siffatta destra oggi più che mai. Perché questa, assai più della sinistra pigliatutto di oggi interpretata dal PD, è nel solco di quella tradizione cattolico-liberale del pentapartito che, con i suoi limiti ma anche con le sue luci, animò la migliore stagione italiana di sempre.