Nella storia di Lucca: le Sale del Pellegrino
Questa è una gran bella notizia. Che merita di essere sottolineata. Dal 3 giugno al piano terreno del Palazzo Arcivescovile ha preso a funzionare un centro d’accoglienza destinato ai pellegrini che nei loro viaggi della fede transitano per Lucca. In pratica un “Ospitale” sul modello di quelli fioriti nel Medio Evo che darà ai viandanti della fede un letto e il sostegno alimentare. La presenza a Lucca di una struttura con quelle caratteristiche e quelle finalità risale agli anni che precedono il Mille, e precisamente al 947, quando la nostra città rappresentava una tappa obbligata di coloro che scendevano dall’Europa per recarsi a Roma e in Terra Santa.
Una tappa carica di significato perché i pellegrini della fede sapevano che a Lucca li attendeva la sacra immagine del Volto Santo, che li avrebbe confortati e guidati nel viaggio che avevano deciso di compiere. L’Europa di quel tempo, che stava uscendo dai secoli bui ed assisteva al rifiorire della civiltà urbana, era come attraversata da questi percorsi della fede ai quali si dedicava una varia umanità che faceva dei pellegrinaggi un’esperienza multiforme. Come ben sa chi conosce i “Canterbury Tales” che raccontano le esperienze di una ben assortita compagnia di pellegrini diretti alla città del Kent dove si conservavano le reliquie dei santi martiri.
Si può fondatamente ritenere che le fortune della città, il suo assurgere ad una posizione ruolo di primo piano nell’Europa dei secoli dopo il Mille, in buona parte abbia dipeso proprio dal fatto che Lucca abbia assolto a questo ruolo di crocevia di questo gran movimento di gente. Uomini e donne, desiderosi dei favori del cielo, ma tutt’altro che insensibili alle gioie terrene, che recavano il vento delle novità, quella vigoreggiante aura della Rinascita che si andava diffondendo per tutto il continente, proponeva modelli di comportamento, come il farsi viaggiatori, che ben presto i lucchesi avrebbero adottato al punto tale da assumerli come cifra della loro identità.
Lontano di secoli, il tempo dei pellegrinaggi non è mai finito. Anzi, l’epoca nostra, così tormentata di incubi e di ossessioni, di paure e di angosce, assiste ad una intensa riapparizione dei viaggi della fede. Per averne una convincente conferma basta raggiungere le strade che conducono a san Jacopo di Compostela, la città della Galizia, nella cui cattedrale, così vuole il racconto, si conservano le reliquie dell’apostolo. Ancora oggi, o meglio oggi molto di più che nel recente passato, la città spagnola è la meta di vere e proprie schiere di pellegrini che si sono imposti un cammino di 800 chilometri per arrivare alla cattedrale-santuario.
Nel nome di San Giacomo sono sorti un po’ dappertutto luoghi di devozione e confraternite che si propongono di recare assistenza a quanti decidono di intraprendere quel cammino. Un’opera svolta in silenziosa discrezione, come vuole il precetto evangelico, che impegna tanti uomini e donne, mossi unicamente dall’intenzione di servire alla realizzazione di un’esperienza ad alta spiritualità.
Da quasi dieci una Confraternita dedicata a San Giacomo svolge la sua opera a Lucca. È dal gruppo dei suoi animatori, in tutto una trentina di persone, che è nata l’idea di attivare anche a Lucca un centro di accoglienza per i pellegrini della fede. L’idea ha trovato l’immediato favore di monsignor Paolo Giulietti che si è prodigato per trovare la soluzione ai problemi pratici e logistici che doveva superare.
Primo fra tutti quello di reperire i locali idonei all’accoglienza, che sono stati individuati al piano terra del palazzo arcivescovile. Ed è qui che dal 3 giugno l’“Ospitale” ha preso a funzionare: ma meglio e più coretto sarebbe scrivere “ha ripreso a funzionare”, perché nella millenaria storia di Lucca aveva già agito un “Ospitale” per i pellegrini. Che per la sua misericordiosa attività aveva ottenuto da Matilde di Canossa il beneficio di non pagare alcuna tassa.
Tutte queste cose me le ha riferite il sig. Andrea Baldisserri, che insieme a Nicola Gori, Roberto Franceschini e Roberto Petrocchi, e ad altri amici ugualmente convinti ed entusiasti, anima la Confraternita di San Giacomo. Dal sig. Baldisserri apprendo interessanti notizie illustrano quanto stanno facendo e danno conto dello svolgimento della permanenza dei pellegrini a Lucca. Per loro è stata organizzato un percorso della fede che muovendo dalla Cattedrale, dopo l’omaggio al Volto Santo, si porta alla chiesa di San Paolino, dove si conservano le reliquie di Sant’Avertano, per passare quindi in San Frediano, che ricorda due santi pellegrini, Frediano e re Riccardo, e raggiungere infine in San Michele che onora san Davino.
La giornata del pellegrino si conclude alla sera, quando alle ore 19 per loro viene celebrata la santa Messa: dal lunedì al venerdì nella chiesa di San Giusto, il sabato in cattedrale e la domenica in San Paolino. Per dirla con parole correnti, che non mi piacciono perché suonano blasfeme, i pellegrini compiono una “full immersion” nella Lucca della fede restituendo con la loro presenza vitalità ad una tradizione che ci parla di una città e della sua buona gente.
Lucca al caffè
Questa invece è un’altra storia: Qui si parla di caffè , ovvero di quei ritrovi che, a partire dal 700, hanno accompagnato le vicende di tante città. Con un intervento dal titolo “Lucca al caffe” partecipo domani mattina agli incontri del “Festival della sintesi” che si tengono al Caffe delle Mura. Ideato e gestito da Samdro Sesti – le sue vignette ci mancano tanto- il “Festival della Sintesi” si è conquistato uno spazio di sicuro rilievo nell’ambito delle più valide manifestazioni culturali cittadine
Un panorama assai ricco e stimolante al quale quest’anno si aggiunge l’iniziativa “Teatro Aperto” che intende fare del “Giglio” un luogo di incontri finalizzati al coinvolgimento della cittadinanza: sollecitata così a prendere sempre più confidenza con il teatro. Ne approfitto per informare che sabato uno di questi incontri sarà dedicato al Caffè Caselli.
Una domanda all’on. Meloni
Un tempo si recitava questo adagio: «Domandare è lecito. Rispondere è cortesia». E poiché non mi risulta che l’adagio sia andato in prescrizione, azzardo a indirizzare una domanda all’onorevole Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio.
La domanda è questa ed è preceduta da una breve promessa. Parlando all’indomani della tragedia di Cutro, il naufragio che fece più di 100 morti, il Presidente del Consiglio in tandem con il ministro dell’Interno Piantedosi, annunciarono l’adozione di severi provvedimenti nei confronti degli “scafisti” che speculano sulle disgrazie dei poveri migranti. “Li andremo a prendere ovunque si trovino per tutto l’orbe terracqueo”.
Lodevole proposito. Bene ed ecco la domanda: a due mesi dalla tragedia e da quelle impegnative parole è possibile conoscere il numero degli scafisti che nel frattempo sono stati presi e consegnati alla giustizia?
Domanda semplice. Si attende cortese risposta.
Ottimo come sempre Professore. Legittima la domanda alla Meloni, se c’è risposta sul numero degli scafisti fermati e condannati, ci tenga informati. Avvolte è più facile dire che fare!
In attesa che la Presidente del Consiglio risponda alla legittima domanda avanzata, desidero esprimere al Prof. Sereni i miei complimenti per l’articolo ed evidenziare la positiva valenza dell’iniziativa di accoglienza promossa dalla Confraternita dedicata a San Giacomo , sostenuta dall’Arcivescovo Giulietti. Tutto questo consolida la fama di Lucca come città “accogliente”.