C’è ancora molto caos intorno alla vicenda Ex Manifattura Tabacchi, tante parole dette e quei pochi fatti decisamente pericolosi e ambigui.
Qualcosa si sta muovendo in città, indubbiamente, a partire dalla nascita del coordinamento “Salviamo La Manifattura“, un gruppo di persone eterogeneo, composto da cittadini, tecnici, politici e tutti coloro che hanno a cuore il tema, che mira ad essere un punto di riferimento sulla vicenda impegnandosi nella lotta a ostacolare quella che sembra a tutti gli effetti una svendita di uno dei punti fondamentali della nostra città.
Ci teniamo a chiarire, una cosa su tutte, che per noi de Lo Schermo, che abbiamo seguito assiduamente e con passione la vicenda fin dall’origine, la Manifattura non ha colore: ci stacchiamo dunque da tutte quelle possibili strumentalizzazioni, da quei personalismi e da tutto ciò che riguarda la gloria, l’astio, le questioni non inerenti a un semplice fatto di cronaca che sta facendo ballare gli animi di tutti i lucchesi.
E’ facile leggere come, volente o nolente, troppo spesso ormai il dibattito sulla questione sia diventato uno scontro tra destra e sinistra, dove se da una parte viene etichettata una destra agguerrita solo per il gusto di andare sempre e comunque contro l’amministrazione, dall’altra non è possibile non notare una sinistra immobile, miope, stanca e assolutamente non aperta al confronto, quel confronto che viene chiesto da mesi e che sta diventando motivo di rivolta.
Il rischio è quello di perdere di vista l’obiettivo e, nel caos a colpi di comunicati stampa, tralasciare questioni fondamentali sulle quali non è possibile passare sopra e cioè le illegittimità.
Perchè la cosa che davvero conta, e sulla quale non dobbiamo abbassare l’attenzione, sono tutti quei profili illegittimi che questo progetto presenta: profili ben spiegati nella diffida presentata dalle associazioni verso l’amministrazione comunale che – guarda caso – anche questa volta non ha chiarito alcunché.
Al primo posto c’è sicuramente la mancanza di un piano attuativo che ora pare colmata dall’amministrazione, dopo quel passo indietro improvviso di fronte all’evidenza. Ma ciò che stupisce è che, se le associazioni in particolare, non avessero chiesto il parere di un avvocato amministrativista e non avessero deciso di diffidare il Comune, questo – tra un silenzio e un ammiccamento – avrebbe proceduto senza ritegno alcuno, sorpassando questo imprescindibile passaggio e portando a termine un procedimento, non solo non trasparente nei confronti della città, ma anche illegittimo e questo non può che far pensare alla inadeguatezza di una classe dirigente che dovrebbe, al contrario, proteggerci e tutelarci.
Altro nodo fondamentale è la richiesta, anzi l’imposizione, che Coima ha fatto al Comune riguardo la costruzione di abitazioni all’interno degli edifici che, i maestri del cemento, hanno preteso con la giustificazione di non rientrare nell’investimento fatto altrimenti, cosa peraltro non vera visto che le sole entrate dei parcheggi in concessione per 50 anni colmerebbero ampliamente l’investimento. A tal riguardo la legge parla chiaro, anche se fino ad adesso nessuno ci aveva fatto caso a quanto pare: “non potranno essere modificate le caratteristiche architettoniche e volumetriche dell’immobile, escludendo destinazioni d’uso residenziali e/o ricettive che comporterebbero la frantumazione e lo snaturamento degli spazi“, così recita la delibera del ministero del 31 luglio 2019.
Proprio per questo motivo la SGR milanese ha ben pensato di lanciare un vero e proprio ultimatum al comune della serie “o trovate il modo di sorpassare la burocrazia o abbandoniamo il progetto”: sembra assurdo ma è andata proprio così. Coima ha infatti imposto all’amministrazione una scadenza prevista per il 18 dicembre 2020 chiedendo una rimodulazione e precisazione delle condizioni. Prima fra tutte c’è quella di rendere appunto fattibile la destinazione abitativa all’interno dei locali della Ex Manifattura, per questo il nostro primo cittadino ha immediatamente interpellato la Soprintendenza – completamente dimenticata in tutti questi mesi – che ha di seguito delegato la cosa al Ministero dei Beni Culturali, nella sua articolazione del sottosegretario regionale. Coima e Fondazione non scherzano, o si cambia la legge o si lascia cadere la Manifattura: la commissione regionale per il patrimonio culturale della Toscana ha infatti concordato sulla disponibilità a valutare la proposta nell’ottica però di alcune condizioni imprescindibili, prima tra tutte “l’alta valenza culturale” che il progetto dovrà mostrare.
Saranno quindi le Belle Arti Lucchesi a valutare l’ipotetico uso prevalentemente culturale della Manifattura anche se l’ultima parola spetterà solo ed esclusivamente al Ministero, nonostante il fremere di Fondazione e Coima che, nonostante tutto, continuano a dettare legge senza pietà.
La cosa simpatica, o forse tragicomica, è che a seguito di queste dichiarazioni della Soprintendenza e della commissione, leggiamo immediatamente assessori che pubblicano fieramente discorsi campati in aria sulla Manifattura, rifiutando però sempre il confronto con una città stanca e ormai rabbiosa, innalzandola a futuro polo culturale della città – “Una Città Per la Città” si legge – sembra quasi che da un giorno all’altro avremo il Louvre in Piazza della Cittadella.
Partendo dal presupposto che della cultura a questa amministrazione è sempre interessato poco o niente in questi anni e che Coima non sia esattamente Renzo Piano, dove sarebbe “l’alto valore culturale” di quella che si presenta solo ed esclusivamente come una speculazione immobiliare?
Costruzione di parcheggi nuovi che, carte alla mano, non comporterebbero un miglioramento urbano se non per qualche posto in più, in concessione per 50 anni a un privato, quello stesso privato che ha preteso anche gli immobili da destinare prevalentemente ad abitazione e uffici di aziende già ampiamente scelte e convinte ad hoc per l’occasione, il tutto condito da una tenera ingenuità – o forse furbizia – di un’amministrazione che parla ancora di “proposta”.
Quindi, a fronte di tutto ciò, a tutti coloro che dicono “allora meglio nulla?” “avanzate voi delle proposte migliori, se le avete” vogliamo rispondere che la problematica – che si fa finta di non capire – non è quanto può piacere o meno il progetto di Coima o Fondazione, quanto avremmo preferito un centro termale o una residenza universitaria: il punto è che questo progetto presenta delle illegittimità importanti, taciute da un’amministrazione – che ancora non si è capito se sia vittima o carnefice – probabilmente per non perdere l’ultima – ed unica – occasione importante per risollevare il mandato a meno di due anni dalle prossime elezioni, e una Fondazione che, mascherandosi dietro tutti quegli importanti interventi compiuti per la città, va a dritto senza esitazioni e senza rispetto minando, inevitabilmente, la credibilità di un ente benefico che in modo spudorato sembrerebbe non guardare in faccia a nessuno, se non nelle sue tasche.
I discorsi stanno a zero, non cadiamo nel retorico e inflazionato “allora lasciamo cadere a pezzi la Manifattura“: nessuno vuole vedere le macerie di quello che è stato un pezzo di storia della nostra città, tutti vogliamo vederla rifiorire ma non tutti vogliamo scendere a compromessi biechi e scorretti, frutto di dinamiche oscure all’interno dei saloni del potere.
Non è questione di colore politico, non è questione di irriverenza o arroganza, è solo ed esclusivamente questione di professionalità. Niente di personale, ma dovrebbe essere un nostro sacrosanto diritto aspettarsi svolgimenti trasparenti da chi amministra una città.