Il risultato del secondo tempo delle elezioni amministrative è scottante per il centrosinistra: il tradizionale effetto recupero del centrosinistra ai ballottaggi non c’è stato. Per questa ragione, dopo il 9 – 4 del primo turno, si arriva ad un ancora più stupefacente (e doloroso) 9 – 3 del secondo.
Una batosta per un centrosinistra che sperava, e contava, di lenire la sconfitta con un secondo tempo che avesse il sapore almeno di un pareggio. E invece no.
“Nessun effetto Schlein” titolano molti giornali, non solo di centrodestra.
Ed è evidente che è una delle chiavi di lettura del risultato elettorale.
La Schlein è arrivata alla segreteria da pochi mesi. Sarebbe sciocco attribuirle tutto il peso di questa sconfitta elettorale. Eppure, il modo in cui è arrivata al timone e la sterzata che gli ha dato non possono essere trascurati.
L’attuale segretaria ha perso le elezioni con la base del partito. Quelle le aveva vinte Bonaccini, e largamente. Ha poi ribaltato il risultato con il voto delle primarie: un voto a cui partecipano anche persone che non fanno parte del partito e che non necessariamente votano PD. Quindi sono elettori che, probabilmente di area, magari votano anche 5 Stelle o Verdi-Comunisti. Quindi il partito di maggioranza relativa nell’area è guidato da una persona che non ne rappresenta la maggioranza degli elettori né, presumibilmente, lo spirito. Il che è già un problema nell’interpretazione dei relativi umori, soprattutto quando poi si votano i rappresentanti di quel partito nelle amministrazioni.
E qui si arriva al secondo punto: Schlein ha sterzato il partito verso posizioni radicali piuttosto estreme. Ha seguito senza esitazioni il richiamo della foresta: abbracciato il sindacato di lotta contro il governo anche quando andava contro gli interessi dei lavoratori (difficile sostenere che il taglio del cuneo fiscale, oltretutto declinato solo sui redditi più bassi, non fosse una cosa utile, financo «di sinistra»); ha spostato ulteriormente l’asticella del posizionamento morale verso «i diritti civili» dimenticando i «diritti sociali» (come giustizia sociale ed equità); ha rispolverato tutto il gergo della lotta ad un fascismo che non c’è davvero più nel paese (e questa è una buona cosa, anche se non dovremo mai smettere di guardare se il male della violenza di qualsiasi colore si possa riformare).
La Schlein ha perso le elezioni locai perché non rappresenta una alternativa di governo nazionale credibile. E se non è credibile come alternativa di governo nazionale, non lo è neppure come governo delle città.
E non è credibile perché non riesce ad aggregare il centrosinistra in una coalizione compatta e, in fondo, neppure ci prova. Ha scelto la via della piazza per trovare qualche punto in più per il PD ma ha allontanato quella maggioranza silenziosa che vuole votare a sinistra perché ritiene che possa essere più «etica» ma non vuole avventure inconcludenti. Ha ingaggiato una lotta per il predominio della sinistra-sinistra che porta alla rottura tattica del Movimento per istinto di autoconservazione. E porta quest’ultimo verso una ancora più netta polarizzazione in una spirale di estremizzazione che spinge ancora di più l’elettorato moderatamente di sinistra verso l’astensione. E ha fatto tutto questo forte di un mandato che non trova continuità con il partito sul territorio con uno iato in imbarazzato aumento.
E certo il raffronto con la enfant terrible che guida il governo marca la differenza e non aiuta certo l’immagine della Schlein. Meloni tiene compatta la sua coalizione come neppure Berlusconi riusciva a fare; domina il governo con determinazione; ha trovato uno standing internazionale oggettivamente difficile da credere prima delle elezioni. Si può essere legittimamente contrari alle sue idee di paese e di economia, ma non si può davvero negare che sia una leader credibile nel ruolo di capo del governo.
Per questo la sinistra ha perso: non rappresenta una alternativa credibile. E per questo rischia di perdere anche le prossime, e molto più importanti, elezioni: le europee. E quella sconfitta potrebbe essere esiziale per la Schlein.
Ora, dopo la sconfitta, è il tempo della riflessione. Il tempo di chiedersi che cosa il centrosinistra vuole essere: una proposta per il governo del paese o una proposta per un comizio di piazza.
Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi
Certo che se qualcuno continua a “promettere” (stavo erroneamente scrivendo “minacciare”) agli elettori la patrimoniale, l’aumento delle tasse sulle eredità, tasse sulla casa ecc., in un momento in cui anche Bruxelles tenta di farlo senza esserci per ora riuscita (salvo errori ora sta chiedendo all’Italia la revisione del catasto improntandone i dati al valore commerciale), certo che se qualcuno parla di un qualcosa che potrebbe somigliare, se ho ben capito, ad una patrimoniale (solo sulla casa o anche sui risparmi eventuali? Non l’ho capito) ad andamento “progressivo”, la parola progressivo mi fa pensare che non sia solo sui grandi patrimoni di multinazionali o solo di pochi ricchissimi ma, progressivo, mi fa pensare sui patrimoni “di tutti” i cittadini, dicevo, se qualcuno fa tali promesse, difficilmente troverà elettori che a me potrebbero sembrare masochisti.
Perché la patrimoniale, indipendentemente dagli importi su cui si applicherebbe, dovrebbe essere considerata di sinistra? A mio parere è solo una iniquità basata su un principio sbagliato: infatti la “patrimoniale”, se applicata, come attualmente accade, insieme alla imposizione progressiva sui redditi, è un non senso costituzionale, in quanto vorrebbe far ri-pagare a chi già le tasse le ha pagate, “di nuovo” le tasse a seconda di come si spenda, o risparmi, ciò che rimanga del frutto del proprio lavoro, dopo aver “già” pagato le imposte!
Una volta calcolata l’Irpef in maniera non proporzionale, ma “progressiva”, si è più che ottemperato al dettato costituzionale che chi più ha più debba contribuire!
Si decida se far pagare le tasse o sul reddito o sul patrimonio; farle pagare contemporaneamente in tutti e due i modi, ovvero due volte per le stesse entrate, non è “di sinistra”, è “insensato e iniquo”!
Non riesco a capire per quale motivo, alla luce di quanto argomentato, si ritenga “di sinistra” il proporre la patrimoniale!
Di sinistra è far vivere del proprio lavoro bene e dignitosamente tutti!
Certo, forse è più facile, nei programmi, proporre la patrimoniale che trovare soluzioni per politiche atte a creare occupazione?
Nel contempo smetto di consumare, ancor di più, tenendo da parte risparmi, miseri, per le evenienze: sperando che non mi vengano tassati di nuovo!
Semmai si cerchino gli evasori, ed evasori totali che, magari, passano per poveri e usufruiscono dei conseguenti benefici!
Si facciano pagare gli evasori, e non due volte chi già ha pagato le imposte!
E “nel trovare gli evasori” non si chieda loro la prova della loro innocenza, ma si fornisca la prova della loro colpevolezza!
Questo è molto importante per nn rovinare la vita delle persone o delle imprese oneste.
E io ritengo comunque iniqua la patrimoniale, indipendentemente dal valore del patrimonio se, chi la dovrebbe ricevere, ha già pagato tutte le imposte sul reddito col quale, decurtate queste, ha acquistato il patrimonio.
E non dimentichiamo che, in osservanza del dettato costituzionale, “già” l’imposizione fiscale sui redditi è “progressiva”.
Invece della patrimoniale progressiva si potrebbe eventualmente aumentare la progressività sui redditi già in vigore, diminuendola per i redditi più bassi ed aumentandola per i più alti: questo sarebbe costituzionalmente accettabile; anche se molti ritengono che l’imposizione fiscale in Italia sia già abbastanza alta.
Secondo me la patrimoniale “non è” di sinistra; chi la ritenga tale mi spieghi perché dovrebbe essere di sinistra ritassare di nuovo chi già le imposte le ha pagate sul reddito, a seconda d come spenda, o risparmi, quanto gli rimanga dopo la tassazione.
C’è inoltre da tener presente che si dice che l’80% degli italiani sia proprietario di casa. Probabilmente molti italiani sono proprietari di casa gravata da mutuo, nonché da altre spese. Si vorrebbe allora pensare – e parlo “in generale di sinistra”, non avendo ben capito le promesse in questione – che l’80% di italiani, magari , nei casi migliori, con qualche decina di migliaia di euro per gli imprevisti sul conto corrente, siano pericolosi sfruttatori dei poveri? Io penso che, semplicemente, temano di divenire poveri loro stessi e, quindi, si difendano da tali “promesse”, anche se si ritengono di sinistra!
Promettendo patrimoniali non si rischia di spaventare l’80% di tali “proprietari”?
Anche perché, quando qualcuno promette patrimoniali solo sui redditi “oltre tot”, chi non ha l’anello al naso sa bene che, una volta passato il principio (vedi caso età pensionabile e TFS) poi questo principio diviene molto malleabile e suscettibile, in caso di bisogno “di far cassa”, di essere “aggiustato” a seconda della nuova, eventuale, ennesima emergenza del caso.
Perché, forse, qualcuno dimentica che la casa, più che dare un reddito, dà solo tante spese cui far fronte; e mai come in questo momento di transizione ecologica!
Quindi mi stupisco che ci si stupisca, dopo tali promesse, che molti non si rechino a votare e che, chi lo fa, non voti per chi prometta imposizioni fiscali o voti a Bruxelles a favore di queste.
Occorre saper creare ricchezza e non togliere ad alcuni, che se lo sono guadagnato e strapagato, per “redistribuire” ad altri.
Integro quanto scritto con:
Occorre saper creare ricchezza e non togliere ad alcuni, che se lo sono guadagnato e strapagato, per “redistribuire” ad altri. Ad altri che, invece di lasciare nella povertà e nell’assistenza, occorrerebbe essere in grado di rendere autosufficienti creando politiche per il lavoro.
Se, poi, qualcuno non è, purtroppo, in grado di essere autosufficiente lavorando, per questo c’è già la pensione di invalidità; che sarebbe bene mettere a carico della fiscalità generale e non a carico della previdenza, che chi lavora versa per la sua pensione e SSN.
Perché non separare la Previdenza (INPS) dall’Assistenza, magari creando un Istituto Nazionale Assistenza Sociale (INAS) che gravi sulla fiscalità generale affinché l’INPS non debba soffrire della assistenza crescente che, mi sembra, posso sbagliare, aumenta sempre più mettendo in difficoltà il bilancio dell’INPS con relativa ricaduta negativa sulle condizioni e tempi di pensionamento di chi i contributi li ha pagati, e li paga, tutti?
Lei, sig. Giuseppe ha perfetamente ragione e spiega in maniera chiara e persuasiva una realtà che dovrebbe essere aevidente a tutti: Chi si è costruito un patrimonio acquistando una casa o investendo i propri risparmi in titoli di stato, obbligazioni, azioni etc, se ha pagato regolarmente le tasse dovute, non può essere tassato un’ altra volta. Prendiamo il caso di chi possiede azioni che in genere distribuiscono i dividendi, tipo ENI, ENEl, Generali: quando uno le acquista con i propri risparmi significa che ha già pagato l’Irpef; quando le società presentano i propri bilanci a loro volta pagano le tasse allo stato prima di distribuire i dividendi ( e due!) infine il risparmiatore sui suddetti dividendi paga allo stato la bazzecola del 26%( e tre!) .Guardate che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta non di ricconi, ma di piccoli risparmiatori , che magari hanno investito in questo modo il TFR. o parte di essso, per arrotondare la pensione Mi chiedo veramente come si faccia a parlare di un aumento ulteriore sulle cosiddette “rendite finanziarie” che sono in realtà i risparmi di chi ha lavorato e prodotto ricchezza.
massimo di Grazia
Grazie per la risposta, che condivido, S. Di Grazia.
Alle Sue perfette argomentazioni aggiungerei del mio:
quando uno detiene un conto titoli, se ben ricordo (io lo chiusi quindici anni fa) paga qualcosa e, sulle entrate, anche di semplici titoli di Stato, rivenienti da tali titoli, ci paga delle imposte e, come Lei scrive, il risparmiatore paga allo Stato sui dividendi il 26%.
Inoltre, c’è chi è così coraggioso da operare in azioni di borsa e, se per caso guadagna, immagino che sul suo guadagno venga operata dallo Stato una trattenuta fiscale; domanda: ma, allora, perché quando uno perde operando in borsa, lo Stato non gli paga lui la stessa percentuale per la perdita economica subita?
Aggiungerei poi: chi ci paga il rischio di un eventuale “congelamento” sui titoli di Stato ove questo sia previsto per legge, come salvo errori è?
Il bello è che tanti opinionisti, commentatori, analisti politici, giornalisti, politici, ecc., nell’analizzare il voto, si arrovellano nei talk show per capire il motivo di un qualcosa di lampante!
Laddove scrivo, nel mio precedente commento:
“… chi ci paga il rischio di un eventuale “congelamento” sui titoli di Stato ove questo sia previsto per legge, come salvo errori è?…”,
preciso e correggo in:
chi ci paga il rischio di un eventuale “congelamento” dei titoli di Stato ove la possibilità per lo Stato di farlo sia prevista per legge, come salvo errori è, per alcune tipologie di questi?