Questa mattina, un lunedì grigio di inizio febbraio, ripensavo a solo un paio di settimane fa, quando passavano le giornate a dirci:”Ué usciamo?”; “Te vuoi fare la baldoria?”; “Siiii”. Sembravamo un’umanità impazzita, un branco di ubriachi sul lungomare di Lloret de Mar. Non è un giudizio, questo, purtroppo, ricordo della vacanza sulla cosiddetta Costa Brava (mica tanto) spagnola.
Nel frattempo andavamo a fare la spesa al supermercato e i soldi che avevamo in tasca non ci bastavano per comprare tutto, così avevamo dovuto lasciare lo stracchino di Nonno Nanni alla casa perché costava troppo, nell’attesa della promo del sabato pomeriggio. Poi, a ripensarci, che ci importava dello stracchino, tanto ci bastava salire in auto e urlare allo schermo del nuovo smartphone fiammante (comprato in lunghissime rate triennali) “Ué usciamo?”; “Vatti a vestire…”; e tutto tornava in ordine. Finché non ti fermavi al distributore e ti accorgevi che il costo della benzina aveva superato 1.8 euro. Eh va beh, “Kinder fetta a letto” e sei sistemato. Un gioco al massacro che ci vede tutti coinvolti in un video virale globale dal titolo “ebeti consumatori e come trovarli”, altro che baldoria. Qui c’è da preoccuparsi. Un paese ipnotizzato dalla comunicazione di massa, appiattito in uno schema semplice che ci vuole solo affamati, medi consumatori di emozioni istantanee e poi zitti, chini al linguaggio globale.
Non vorrei passare per il boomer incazzato con la vita perché non lo sono, ma anche i giorni successivi, quelli che ci hanno accompagnato fino a questa mattina del 7 febbraio 2022, mi hanno lasciato sulle labbra (e in testa) un sapore di muffa, di una stanza chiusa. Una sensazione di claustrofobia.
Mi sono sentito parte di una comunità fantasma che non può più incidere, ma solo mettersi il cappellino e una sciarpa e fare il tifo per qualcuno o qualcosa. Tutto questo, mentre accade che, oltre allo stracchino, il giorno dopo, lasci alla cassa anche il sacchetto di cioccolatini Boero e non accendi nemmeno il riscaldamento al piano superiore di casa, perché per pagare la bolletta del mese in corso dovresti chiedere un finanziamento.
Poi però c’è l’elezione del Presidente della Repubblica e ci ipnotizziamo giorno e notte alla Tv, ci arrabbiamo, prendiamo parte al dibattito, per scoprire che alla fine – (probabilmente) – l’unico obiettivo che il nostro legislatore aveva era quello di mantenere lo stipendio ai suoi dipendenti (da noi eletti) ancora per un anno. Nemmeno il tempo di indignarsi che è iniziato il Festival di Sanremo. Eccola la pillola di Xanax di cui avevamo bisogno. Cinque serate a raffica, piene di contenuti per indossare il nuovo cappellino del tifoso comprato su Amazon: immigrazione con l’attrice che sembrava capitata all’Ariston per caso, Drusilla rappresentante della gente che rifiuta una società binaria, ma che in realtà non esiste perché è semplicemente un personaggio teatrale inventato da un uomo etero. Però ci è servita per fare il tifo, codificare il nemico omofobo da odiare e andare a letto (senza Kinder perché quella è ormai acqua passata). Quindi sono arrivate le canzoni: vecchi contro giovani e giovani contro vecchi e, alla fine, come un po’ accade nella vita, hanno vinto i più paraculi. Due bei ragazzi con una nenia che a tratti ricorda “Non amarmi” di Aleandro Baldi e Francesca Alotta, e un approccio omoerotico che strizza l’occhio al pensiero lgbt come nemmeno il ddl Zan era riuscito a fare, per fare un po’ hype. Giusto per innalzare anche qui la bandiera rainbow.
Poi è arrivato il lunedì e, passato l’effetto dello Xanax, siamo tornati di nuovo alla cassa del supermercato. Oggi non lasciamo solo lo stracchino e i cioccolatini, ma anche la scatoletta di tonno. La pasta ci basta al pomodoro, per ora. Tanto che importa, noi medi consumatori apriamo la telecamera di Tik Tok e urliamo:“Fottitene e balla, tra i rottami e balla per restare a galla…”.