Partiamo da qui, dall’esternazione sopra le righe di Lucia Annunziata con la ministra Roccella in diretta tv per dire che siamo fatti così. Ci piace emozionarci, scaldarci. Ci piace che il tono del dialogo si scaldi. Ci piace guardare gli scontri, le baruffe, le persone che non capiscono più nulla da quanto sono agitate.
Ma non ci piacciono le cose logiche. Sono noiose perché prevedibili. Non sono emozionanti. E neppure divertenti. E poco importa se poi sono quelle che ci possono dare risultati migliori.
Allora votiamo il più forte, il più simpatico, il più belloccio, mica il più preparato. Allora (per qualche anno!!) discutiamo se mandare la marina militare a fare un blocco navale (che è atto di guerra e significa affondare le navi che cercano di passare) davanti alle coste libiche e poi ipotizziamo direttamente di andare a prendere i migranti con le nostre navi là, sui lidi da cui partono.
E quando le emozioni corrono e nessuno le contiene, si crea l’effetto della «pressione sociale», o isteria collettiva, per cui risulta legittimo e persino necessario fare quello che tutti si aspettano che facciamo. Anche se è illogico, anche se è sbagliato. Nella storia sono tanti i momenti in cui questo è avvenuto; quasi mai queste spinte hanno portato a qualche cosa di buono; qualche volta hanno portato alle più atroci pagine dell’umanità.
Sul tema delle coppie omogenitoriali è lo stesso. Gran confusione sotto il cielo. Emozioni, sparate, frasi ad effetto. Nessuno che si fermi a fare un ragionamento che possa essere definito tale. E poi strumentalizzazione dei sentimenti di tenerezza per i bambini che, in questo contesto, non sono in realtà che strumenti: di autocompiacimento di chi parla, di pressione di chi fa politica, di soddisfazione delle proprie aspirazioni di vita.
Il tema abbiamo già provato a trattarlo in un recente articolo. Abbiamo già visto come, in effetti, riguardi sia coppie omosessuali che etero e che riguardi solo i bambini nati da fecondazione assistita eterologa. Che in Italia è vietata ma che in altri paesi europei è consentita. E che la genitorialità di entrambi i membri, di tali coppie legalmente riconosciute, sia possibile in Italia solo attraverso la pratica dell’«adozione del figlio del coniuge». Quindi non è vero che quei bambini resterebbero «privi di famiglia». E quindi la discussione è ammantata di una pesante, irrespirabile cappa di falsità. Una coltre di nebbia in cui tutto viene detto tranne la verità. Tutto viene mostrato e a tutto si fa eco: paure, speranze, dolore, cinismo. Tutto tranne un razionale confronto basato sulla verità delle cose.
È interessante anche la rimozione che si fa del contesto che porta a queste situazioni. Questi nati non è che si possano definire proprio degli «incidenti di percorso». Stiamo parlando di pratiche che richiedono preparazione, che sono estremamente costose, che comportano impegno e dedizione. Le stime dicono che ci vogliono da 50.000 a 100.000 euro e da 1 a 3 anni per ottenere un figlio per questa via. E chi lo fa è assolutamente cosciente che in Italia tale figlio avrà problemi di riconoscimento e che la via passa attraverso il tribunale per l’affido. Che, peraltro, non è che si segnali per il gran numero di rifiuti, se la coppia è normalmente coesa e convivente.
Quindi stiamo parlando di un contesto in cui chi ha fatto questa scelta era a conoscenza dei problemi che ci sarebbero stati al rientro in patria per una pratica che qui è illegale. Che tali problemi li hanno considerati, si spera attentamente, e li hanno ritenuti superabili o di grado inferiore all’obiettivo. Ma ora ci si scandalizza, ci si accalora, si invocano a gran voce leggi che regolarizzino tutto.
Siamo appassionati di leggi.
Con una legge si risolve tutto. Con una legge si è istituito il diritto all’aborto. Con una legge si vorrebbe istituire il diritto alla genitorialità. Con una legge si potrebbe dire che chiunque, in qualunque circostanza, in qualunque momento e in qualunque modo possa avere il diritto ad avere un bambino.
Con una legge si potrebbe fare dei bambini un diritto di qualcuno.
Ma una legge non è sinonimo di cosa giusta. L’esistenza di una legge non implica che il suo contenuto sia umano. Erano leggi anche quelle razziali. Erano leggi anche quelle che istituivano lo stato di schiavitù.
Non possiamo fare leggi che dispongano della vita degli altri. Meno che mai leggi che mettano la vita dei bambini nella sfera dei diritti degli adulti.
Tra le tante leggi che invochiamo ce ne è una che non può essere fatta per dallo stato né da questo fatta rispettare, ma che dovremmo avere come prima preoccupazione.
È la legge a dire la verità: a noi stessi e agli altri.
È la legge a pensare bene a quanto facciamo e diciamo perchè ha conseguenze.
È la legge ad essere davvero umani.
Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi
Armi di distrazione di massa?
Nel frattempo si corre il rischio che il Servizio Sanitario Nazionale sia, di fatto, smantellato e ci dovremo rivolgere ad assicurazioni ed ai privati?