Beati gli ultimi che saranno i primi. Ma mica tanto. Durante il lockdown hanno dovuto quasi implorare per avere le mascherine e proteggersi. Il 18 marzo scorso infatti, in piena emergenza sanitaria, sulle testate locali si leggeva: “Mancano i dispositivi di protezione, addetti alle pulizie dell’ospedale San Luca in protesta”.
Al centro di nuovo loro, il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati, ‘invisibile’ da anni. Sono soprattutto donne, quelle che fino a qualche mese fa abbiamo fatto uscire dal dimenticatoio e che ci piaceva chiamare eroine e che ora, nonostante il grande lavoro svolto, non vedono ancora rinnovato il loro contratto nazionale.
Il contratto nazionale multiservizi è fermo da 7 anni e con esso anche le retribuzioni dei lavoratori e delle lavoratrici in maggioranza ridotte visto che: “Molti operatori hanno contratti di poche ore settimanali e in luoghi di lavoro diversi fra loro – affermano i sindacati -. Mentre invece i guadagni delle aziende sono aumentati grazie alle richieste continue di pulizia e sanificazione dovute all’emergenza sanitaria”.
Ieri (15 ottobre) il presidio davanti all’ospedale San Luca per protestare contro il mancato rinnovo del loro contratto in quella che è stata una manifestazione a livello nazionale: “Vogliamo più diritti, più salario”, dicono.
A raccontarci qualcosa della sua esperienza è una donna di 47 anni che da tempo lavora come addetta alla pulizia negli ospedali e non solo.
Com’è stato lavorare durante la prima ondata dell’emergenza sanitaria?
“E’ stata dura, a livello fisico ma soprattutto a livello emotivo. Anche noi a casa abbiamo una famiglia e leggevamo i titoli sui giornali quindi inutile negare che la paura e lo stress c’erano. Più di tutte le tensione, che non si può descrivere. Molte di noi erano dentro il caos degli ospedali e hanno vissuto dal vivo il periodo più brutto vicino agli operatori sanitari. Il nostro è un lavoro ad alto rischio e nonostante la nostra costante disponibilità non siamo stati riconosciuti. Sembra banale, ma mentre gli altri erano in casa, noi eravamo a fianco dei medici pulendo le sale operatorie e i vari reparti e per pochi euro l’ora. Ed è così anche adesso. Altre operatrici invece pulivano i supermercati, altri si sono occupati della sanificazione degli uffici. Diamo per scontato che questi luoghi siano puliti ma lo sono grazie a noi. Durante la fase 1 non avevamo neanche le mascherine; abbiamo dovuto protestare contro le aziende perché non eravamo considerate una priorità. Come si fa a lavorare in ospedale in piena emergenza sanitaria senza dispositivi di protezione? Va bene che nessuno si sarebbe aspettato una cosa del genere e che la difficoltà era generale però vogliamo che ci vengano riconosciuti i nostri diritti e la nostra sicurezza perché siamo comunque persone che lavorano“.
Vi aspettavate quindi un rinnovo del contratto anche come merito al lavoro svolto durante il lockdown?
“In parte si. Nemmeno adesso che abbiamo dimostrato di essere fondamentali sono stati rinnovati i nostri contratti. Inutile essere ringraziate ai microfoni della tv o su Facebook se poi nel concreto non vengono prese misure in nostro favore. Tutto questo mentre le aziende datrici hanno invece raddoppiato i loro fatturati proprio per l’aumento di richieste di sanificazione e servizi di pulizia quindi i presupposti ci sarebbero tutti. E le richieste continuano ancora oggi, mentre chi poi le esegue sembra non contare. Il rinnovo del contratto dovrebbe esserci dovuto visto che è fermo da 7 anni. Prima eravamo eroi ed eroine e adesso? Non vogliamo niente di più di quello che ci spetta comunque, anche vista la nostra posizione a rischio”.
Essenziali per tre mesi quindi, sono di nuovo in fondo alla lista: “La trattativa per il rinnovo del contratto nazionale, malgrado un avviso comune sottoscritto a giugno con le associazioni datoriali – dicono i sindacati -, nel quale ci si impegnava formalmente ad arrivare al rinnovo del Ccnl, è attualmente in stallo poiché negli incontri successivi le suddette associazioni hanno posto condizioni che di fatto smentiscono gli impegni presi. Questo è inaccettabile. Noi – concludono – saremo a fianco dei lavoratori in questa battaglia”.
Eppure dopo i medici sono stati sempre in prima linea contro la pandemia e continuano ad esserlo con pochissime tutele. Allora non si tratta di soldi o questioni di principio, ma di dignità.
Il contratto multiservizi è regolato dai cosiddetti Ccnl (Contratto collettivo nazionale del lavoro). Con Ccnl si intende una tipologia contrattuale frutto degli accordi tra le associazioni datoriali e le parti sindacali, in modo da tutelare gli interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti. Il contratto multiservizi è stato sottoscritto, in rappresentanza dei datori di lavoro, da Anip Confindustria, Legacoop servizi, Confcooperative Federlavoro e servizi, Agci servizi, Unionservizi Confapi; in rappresentanza dei lavoratori invece dalle organizzazioni sindacali Filcams Cgil, Fisascat Cisl,Uiltrasporti Uil.