In questo momento così caotico e pieno di paure, abbiamo chiesto alla psicologa dott.ssa Elisa Lorenzoni come proteggere noi stessi e ancora di più i nostri bambini e ragazzi. Psicoterapeuta, Specializzata in Psicoterapia Espressiva a mediazione corporea, da anni lavora sul territorio della Toscana in ambito clinico, riabilitativo ed educativo impegnata in Progetti con Enti Pubblici e Privati promuovendo interventi rivolti all’infanzia e adolescenza e occupandosi di genitorialità. Attualmente è impegnata presso il proprio Studio “Spazio Margherita” Studio Clinico di Psicoterapia e Danza Movimento Terapia ed è Presidente dell’Associazione A.S.D. “Danzarè”.
Dottoressa, a cosa “servono” le paure?
Le emozioni, sia positive che negative, svolgono un ruolo fondamentale nella nostra vita e nell’evoluzione della specie umana. Le emozioni, tutte, hanno funzione adattiva e rappresentano una bussola in grado di orientare le nostre azioni. La funzionalità delle emozioni è ancor più grande quando parliamo di ansia e paura. Queste emozioni sono infatti filogeneticamente molto antiche e svolgono un ruolo basilare nella nostra sopravvivenza.
Cosa succede quando proviamo ansia o paura?
Ansia e paura, seppur presentino un legame molto forte, non sono però la stessa emozione. La paura, più arcaica dell’ansia, è uno stato che condividiamo con tutti gli altri animali più evoluti, in particolar modo con gli altri mammiferi. L’ansia invece, sembra essere un’emozione tipicamente umana, evolutasi a partire dalla paura. In parallelo alla progressione delle nostre capacità cognitive di immaginazione, anticipazione e progettazione. Entrambe le emozioni sono coinvolte nel sistema della difesa, condividono modificazioni fisiologiche simili e si attivano di fronte ad una minaccia.
Quale differenza esiste?
La differenza principale risiede nel fatto che la paura si attiva di fronte ad un pericolo reale e, una volta cessata la minaccia, scompare. L’ansia, invece, può attivarsi anche in relazione ad una minaccia percepita, ovvero non tangibile e condivisa, spesso vaga e mal definita. Coinvolgendo le nostre capacità di anticipare e prevedere gli eventi, l’ansia può inoltre manifestarsi in modo anticipato rispetto ad eventuali pericoli e perdurare anche in assenza di una reale minaccia. Per sintetizzare questo concetto, potremmo definire l’ansia come l’emozione che anticipa il pericolo, la paura come quella che lo accompagna.Al giusto livello, entrambe queste emozioni sono fondamentali per garantire la nostra sopravvivenza e, in termini più generali, quella dell’intera specie di cui facciamo parte. In base a quanto detto fino ad ora, risulta evidente come tutte le emozioni e, nello specifico l’ansia e la paura, svolgano un ruolo assolutamente indispensabile per la nostra sopravvivenza. Se noi fossimo immuni da queste emozioni, semplicemente, oggi non saremmo qui.
Oggi, tuttavia, i nostri sistemi di difesa sono stati messi a dura prova dalla Pandemia e adesso anche dalla paura di una Guerra. Le notizie che ci arrivano dalla Russia e dall’Ucraina e dal conflitto in corso ci portano a porci delle domande: è giusto parlare della guerra ai bambini e ragazzi?
Molti genitori si stanno facendo questa domanda e si stanno chiedendo se sia giusto raccontare quello che sta accadendo ai piccoli di casa. Ovviamente la strada più semplice sarebbe quella di evitare di affrontare l’argomento, ma questa potrebbe rivelarsi una scelta sbagliata e creare nel bambino ancora più confusione. Non possiamo infatti evitare in assoluto che i bambini vedano le immagini della guerra, la cosa più corretta è quella di trovare le parole giuste, le parole che possano aiutarli a comprendere qualcosa che non è assolutamente comprensibile neanche per noi adulti.
E come raccontarla, allora?
Il bambino deve sempre imparare ad elaborare le sue emozioni davanti a situazioni che sono più grandi di lui, ma è molto importante per noi genitori non cadere nell’errore di essere troppo pessimisti nel raccontargli gli eventi e trasferire loro ansia.
Un modo per raccontare la guerra è attraverso i libri che possono aiutare noi genitori a spiegare la guerra ai più piccoli. I libri possono aiutare a trovare le parole corrette per raccontare qualcosa che non è facile spiegare (Strabomba” di Mario Lodi, tratta dal libro “Favole di pace” o ”Promemoria” di Gianni Rodari). Altro modo è attraverso film di animazione che aiutano nel favorire una spiegazione di temi importanti, in questo caso è consigliabile MILA.
Ci sono alcuni bambini che fanno domande, curiosi, che non hanno timore di chiedere ai genitori. Altri invece più timidi, meno aperti, ma questo non vuol dire che abbiano meno bisogno di sapere…
In questo caso possiamo chiedergli se c’è qualcosa che li ha colpiti, che li ha agitati. Chiarire i dubbi anche quando non riescono a esprimerli. Approfittiamo di questo momento per spiegare che la pace è un principio da perseguire, non dimentichiamoci che è in questa fase che si formano le generazioni, che si può lavorare sull’abbattimento dei luoghi comuni, dei pregiudizi e delle negatività. Ai bambini più sensibili, quelli più empatici possiamo insegnare il valore della solidarietà. La sola immedesimazione, il bambino più sensibile che si commuove al pensiero di altri bambini che soffrono, non è una soluzione. Spieghiamogli che è possibile fare qualcosa, e che è nel fare che si trova il modo di andare oltre: possiamo fare delle donazioni insieme, portare degli abiti o dei beni di prima necessità a qualche associazione, partecipare alle manifestazioni, coinvolgiamoli in questo tipo di attività.
I genitori hanno un corretto senso di protezione nei confronti dei loro figli, ma dobbiamo essere pronti ad affrontare l’argomento quando arrivano da loro domande in merito, fornendo quindi gli strumenti giusti per comprendere i grandi avvenimenti di attualità…
Questo soprattutto con i ragazzini più grandi, per non sviluppare un senso di passività rispetto a ciò che li circonda. Il nostro compito è spiegare loro che la guerra è una scelta, così come fare la pace e costruire una cultura di pace è una scelta, e lo si può fare attraverso il rispetto delle persone e quindi dei diritti umani, non voltandosi dall’altra parte.
Per tutti i genitori, educatori e professionisti che sono impegnati nella crescita educativa di bambini e ragazzi è importante inoltre sapere che il senso di sicurezza è custodito prima di tutto dentro di noi e parte proprio dal nostro corpo. Senza sicurezza non ci può essere né relazione né regolazione, perché senza sicurezza la nostra energia è concentrata sulla difesa.
Comprendere, proteggere: con il pensiero, le parole e il corpo, giusto?
“L’Emozione cerca sempre il corpo e
la luce della consapevolezza richiede il calore del corpo”
J. Hillman (1964)
E’ fondamentale trasmettere sicurezza, è necessario che gli adulti tranquillizzino i bambini e ragazzi. Che spieghino loro che si trovano in un ambiente stabile, che la situazione è seria, che sta succedendo qualcosa ma non c’è un immediato pericolo. Questo messaggio, queste parole devono essere accompagnate e filtrate anche attraverso quella comunicazione più profonda e non verbale che passa dalla voce, dallo sguardo dai nostri movimenti. Tra noi e l’altro c’è un continuo scambio di feedback che regolano l’affettività e promuovono sensazioni di sicurezza e fiducia. Questo accade perché la regolazione emotiva passa attraverso stati psicobiologici e non solamente cognitivi. Tale meccanismo è alla base di ciò che si chiama risonanza emotiva, ovvero l’influenza reciproca delle menti di due individui (D.J. Siegel, 2001, p. 273). La risonanza emotiva coinvolge un accordo di stati emozionali che includono le modalità con cui una interazione si ripercuote su altri aspetti e attività della mente. Tale risonanza persiste anche quando due individui non sono più in diretta comunicazione. In questo modo la possibilità di sentirci sicuri nel nostro corpo induce a regolare lo stato emotivo e mentale altrui.