“Nuovo anno, stessi container”: è questo lo slogan dei ragazzi del Civitali-Paladini che ormai, anno dopo anno, si ritrovano a vivere la scuola rinchiusi dentro bunker senza avere risposte. Abbiamo approfondito la vicenda, silenziosa da anni, e queste righe sono dedicate proprio a tutti quegli studenti, essendo le risposte ai loro interrogativi.
Ripercorriamo brevemente la vicenda, con la premessa che è bene sapere che le scuole superiori sono di competenza della Provincia, mentre quelle primarie di competenza dei Comuni. Era quindi il 2018 quando la Provincia decide di intervenire sull’Istituto Civitali-Paladini in quanto l’edificio non era sicuro e aveva – ed ha ancora – bisogno di un intervento strutturale delicato e costoso. Per questo motivo, con la promessa che si trattasse di una soluzione provvisoria, gli studenti sono stati trasferiti nei container accanto all’ex Ospedale Campo di Marte.
Partiamo subito con una banale metafora che riassume tutto, per poi spiegare nel dettaglio questi anni confusi riguardo la vicenda.
Cari studenti, immaginate di dover ristrutturare la vostra casa: vostro cugino sostiene che servono – cifra inventata – 70 mila euro che preventivate di mettere da parte, e che ne possedete solo una parte mentre la restante siete costretti a chiedere un prestito. Allo stesso tempo, gli addetti ai lavori vi dicono che per la vostra ristrutturazione serve almeno il doppio della cifra che aveva preventivato il vostro parente e così decidete di evitare di cambiare il pavimento, di ristrutturare il bagno e di eliminare una camera ma, nonostante ciò, la cifra a disposizione è comunque irrisoria. Quale ditta verrebbe mai da voi a ristrutturarvi casa sapendo del budegt che avete a disposizione?
Questo banale esempio corrisponde in parole povere a ciò che è accaduto in questi anni: per un progetto di ristrutturazione così è ovvio che servono dei fondi ed è così che la Provincia nel 2018 inizia la caccia per racimolare il necessario, attraverso bandi, per rimettere in sicurezza l’edificio.
Come si agisce in questi casi? La Provincia solitamente non fa né appalti integrati, che si verificano quando uno studio di progettazione e una ditta fanno una gara e chi vince prende tutto il “pacchetto”. Allo stesso tempo non è abituale nemmeno, per situazioni del genere, fare concorsi di progettazione, perchè sarebbe oggettivamente inutile.
La soluzione è quella di usare le risorse interne per andare a fare sopralluoghi, fare verifiche e stilare una valutazione di massima dell’importo lavori che serve, poi, ad attivare le consulenze esterne.
Così infatti si è mosso l’ufficio tecnico della Provincia che, è bene ricordare, è – o dovrebbe essere – specializzato nell’edilizia scolastica in quanto la dirigenza è divisa proprio tra l’ufficio dedicato alle scuole e quello dedicato alle strade. Qui si apre inevitabilmente una problematica seria, che è poi la vera motivazione per cui questi studenti si trovano ancora bloccati in questa situazione: il fatto che ci sia un ufficio dedicato, in questo caso alla scuola, non garantisce la professionalità e l’esperienza per gestire progetti importanti e delicati. I tecnici sono comunque assunti mediante concorsi e questo porta a una mancanza della libera professione, quella che è alla base della conoscenza della materia. Non esiste in Provincia, ma è un problema che potremmo estendere a tutte le istituzioni, un controllo su chi è padrone delle varie materie e ciò comporta spesso errori, seppur in buona fede, che pagano amaramente i cittadini.
Semplificando, cosa è successo? La Provincia mediante i suoi tecnici interni ha preventivato un tot per la ristrutturazione dell’edificio, non trovando nemmeno tutti i fondi ma con l’incognita di un prestito bancario che arriverebbe a coprire il preventivo da loro stimato solo a certe condizioni. Allo stesso tempo, per il disciplinare e cioè la stesura del progetto esecutivo e definitivo è praticamente prassi affidarsi a uno studio tecnico, che viene delegato per la stesura di esso. Una volta approdato il preventivo dello studio tecnico sulle scrivanie della Provincia, esso si è rivelato di gran lunga superiore a quello dei tecnici interni. La Provincia ha così iniziato ad agire mediante tagli, sia lineari che puntuali, oltre alla suddivisione in più lotti togliendo anche una parte del complesso che è stato scorporato per “essere ristrutturato in un secondo momento”.
Per quanto riguarda la domanda: “Chi sono i responsabili”? La risposta è sicuramente i tecnici interni alla Provincia che, con tutta possibilità, hanno stimato la messa in sicurezza dell’edificio irrisoria rispetto a quanto realmente dovrebbe essere. A dimostrazione di ciò il blocco di questa cifra che la Provincia ha messo da parte: i soldi sono infatti fermi perchè appartengono a quel progetto ma non sono sufficienti per realizzare la ristrutturazione e nel frattempo tutto tace e gli studenti studiano nei container. Non è sicuramente l’unico esempio questo, potremmo parlare dell’ITC Carrara, anch’esso, dopo il fallimento della prima ditta, ora bloccato dalla paura sia della Provincia, sia delle ditte, di arrivare alla stessa fine e questo perchè non c’è la giusta copertura economica.
C’è chi dice che la causa di queste situazioni sia dovuta a una mancanza di personale in Provincia, che comporterebbe una poca attenzione ai progetti, fatti senza darne il giusto peso. Allo stesso tempo è facile evidenziare una scarsa presenza degli amministratori provinciali sul territorio, che per sopperire il distacco dai problemi reali e quotidiani, mettono sul piatto forse troppe cose senza la certezza che poi possano essere veramente realizzabili. Un puntare sulla quantità, più che sulla qualità – come si dice – .
E adesso cosa succederà? Questi anni di blocco hanno portato a un ritiro di tutte le ditte, nonostante i tagli sul progetto effettuati dalla Provincia, consapevoli che con 900 euro al metro quadro – come si evince dal computo metrico – è impossibile portare a termine quel progetto, dal momento che la Provincia non ha nemmeno preso in considerazione l’aumento dei costi dei materiali in questi anni di stop.
Nella migliore delle ipotesi, quindi, qualche audace potrà azzardare a prendere l’appalto, si siederà di nuovo ai tavoli per ricontrattare i prezzi dei materiali e se ciò andrà a buon fine dovrà comunque scontrarsi con le tempistiche. Se il progetto venisse affidato a una ditta infatti, servirebbero almeno tre mesi necessari alla partenza – sempre con l’incognita del prestito – altrettanti tempi tecnici per il cantiere e da lì due anni di lavoro.
Quindi, cari studenti, mettetevi l’anima in pace che, se tutto va bene – ed è una visione abbastanza utopica – sarete costretti a stare nei container per almeno altri due anni.
Concludendo, ci sarebbe da chiedersi una cosa fondamentale: non sarà forse il caso che, per il futuro ed estendendo questa riflessione alla situazione generale, avessimo a che fare con amministratori politici con competenze tecniche ed esperienza, invece che piantare bandierine di stampo politico, lasciando allo sbando il controllo e la progettualità delle città?