Cima Vallona

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25 giugno 1967, Alto Adige, poche centinaia di metri dal confine austriaco.

Un confine che ancora brucia nella testa di nazionalisti tirolesi che non accettano la sconfitta del 1918, e la conseguente ripartizione geografica. Non a caso ancora oggi il Trentino Alto Adige è una delle 5 regioni a Statuto Speciale, ma si vede che non gli bastava…

Allora nel cervello di questi delinquenti travestiti da irredentisti tirolesi, scatta la molla del terrorismo. Il gruppo terroristico era chiamato B.A.S.

Cominciano a piazzare bombe e abbattere i tralicci della alta tensione per segnare con le loro azioni momenti di difficoltà che si ripercuotono sulla vita civile, creano disagio, fanno sentire la loro presenza le rivendicazioni (di cosa poi…?).

I due governi, italiano e austriaco, cercano di gestire la cosa. Chi più fermamente, chi più… blandamente. Le autorità italiane istituiscono per la prima volta nel dopoguerra, una Unità dedicata a questa lotta: “Il Reparto Speciale di rinforzo per l’Alto Adige”. Era un reparto misto, dove operavano insieme carabinieri e sabotatori paracadutisti del 9° Btg. Sabotatori di Livorno.

Alle 03,40 del 25 giugno, un alpino di sentinella al Distaccamento di Forcella Dignas avvertì una forte esplosione provenire dal territorio di San Pietro di Cadore (BL). La sentinella avvertì il Comando di Santo Stefano di Cadore. E quindi la catena di comando.

Il terroristi avevano piazzato 6 cariche di tritolo, (8/10 kg.) alla base di un traliccio della alta tensione e lo avevano abbattuto.

Il Comando alle 05,30 inviò per le prime investigazioni, una squadra composta da alpini, artificieri e finanzieri. La pattuglia arrivò con una autovettura da ricognizione fino a 600 metri dal punto di esplosione, poi a causa della neve proseguirono a piedi.

In prossimità del traliccio abbattuto l’Alpino Armando Piva, 22 anni, effettivo al Battaglione Val Cismon, venne investito da una potente esplosione causata da un ordigno posizionato sotto un mucchio di ghiaia. Mori la sera stessa all’Ospedale di San Candido (BZ) tra forti sofferenze causate dalle innumerevoli schegge di pietra che lo avevano investito.

Al mattino presto il Comando inviò con un elicottero una squadra della Compagnia Speciale Antiterrorismo, una unità creata apposta per combattere questo fenomeno, composta da elementi provenienti da reparti misti dell’Esercito, Carabinieri, Finanzieri, Sabotatori Paracadutisti… i componenti erano il Capitano dei Carabinieri par. Francesco Gentile, il Sottotenente Sabotatore par. Mario Di Lecce, Sergente Sab. par. Olivo Dordi, e il Sergente maggiore Sab.par. Marcello Fagnani.

La squadra fece i rilievi, repertando i resti dell’attentato all’Alpino Piva. Mentre si apprestava a rientrare verso l’elicottero, una mina posizionata sul sentiero di rientro, a 400 metri dal punto del precedente attacco, esplose coinvolgendo mortalmente il Capitano Gentile, il Sottotenente Di Lecce, il Sergente Dordi, e ferendo gravemente il Sergente Maggiore Fagnani.

Sul luogo dell’attentato furono repertate due tavolette di legno a firma della organizzazione terroristica BAS con scritto «Voi non dovrete avere mai più la barriera di confine al Brennero. Prima dovete ancora scavarvi la fossa nella nostra terra.».

Le indagini congiunte italiane e austriache (a fatica quelle…) portarono a individuare i colpevoli che vennero condannati all’ergastolo. Naturalmente la vulgata irredentista locale nega qualsiasi responsabilità. Uno pseudo storico locale ha scritto un libro con una ricostruzione artificiosa e artefatta, che ha subito incontrato la forte contestazione del personale coinvolto che ne ha smentito la veridicità.

Sul punto dell’attentato sono state costruite una chiesetta e un bivacco.

Francesco Guccini ha scritto una canzone bellissima in loro ricordo, “Cima Vallona” cantata da Caterina Caselli, “caschetto d’oro”.

Ci fu un tuono secco però non pioveva,
un lampo di fuoco da terra veniva.
E l’eco veloce si sparse lontano
riempiendo di fumo le valli ed il piano.

Ma il vento quel giorno era dolce e veloce
portò via quel fumo ogni grido e ogni voce,
e là sulla cima il silenzio tornava
e tutto tranquillo di nuovo sembrava.
Tornò dell’estate il rumore leggero
tornarono i falchi a volare nel cielo.
Restarono i quattro che a terra straziati
guardando quel cielo con gli occhi sbarrati.

Guardando le nubi vicine lassù
con occhi che ormai non vedevano più,
l’odore di morte era in quella giornata
soltanto una grande bestemmia insensata.

Portate dei fiori, portate parole,
portate canzoni, portategli il sole,
portate ogni cosa che serva per loro
a fare più dolce il sereno riposo.
Portategli il vostro sincero rimpianto,
portategli il vostro ricordo soltanto,
che sappiano loro che sono partiti
che noi tutti noi siam rimasti feriti.
Portategli i fiori, portategli il sole,
un bacio di donna, un ricordo d’amore.
Chi sa maledire o chi sa pregare
quei quattro ragazzi dovrà ricordare.
Voglio saper se la mano assassina
che ha mosso la terra, che ha messo la mina,
sa stringere un’altra, se sa accarezzare
se quella d’un uomo può ancora sembrare.


Nella foto sono con Marcello Fagnani, con il quale ho condiviso un paio di missioni, in Irak del Nord -prima guerra del Golfo e in Bosnia-Herzegovina a Sarajevo.

Vittorio Lino Biondi
Vittorio Lino Biondi
Sono un Colonnello dell'Esercito Italiano, in Riserva: ho prestato servizio nella Brigata Paracadutisti Folgore e presso il Comando Forze Speciali dell'Esercito. Ho partecipato a varie missioni: Libano, Irak, Somalia, Bosnia, Kosovo Albania Afganistan. Sono infine un cultore di Storia Militare.

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