Nelle precedenti uscite abbiamo accennato ad alcuni reparti militari alloggiati nelle varie caserme di Lucca all’inizio del XX secolo. Tra gli altri, abbiamo visto la presenza dei “cavalleggeri”, in particolare di due Reggimenti, il 14° “Alessandria” e il 16° “Lucca” che entrano nella Storia militare dell’Italia in maniera … sopita, leggera, ma non di meno importante.
Vedremo successivamente questo importante aspetto storico.
Adesso vorrei spendere due righe per parlare di uno degli elementi fondamentali dei due Reggimenti di Cavalleria; il cavallo.
A premessa, giusto per spiegare ai meno “introdotti” che cosa è la “Cavalleria”, in ambito militare diciamo che l’Arma di Cavalleria, è la seconda Arma dell’Esercito Italiano; a sua volta la Cavalleria è suddivisa in Specialità: le Specialità dell’Arma di Cavalleria sono: Cavalieri, Dragoni, Cavalleggeri, Lancieri.
Come intuisce anche il lettore meno addentro alle cose militari i Cavalleggeri sono di fatto “cavalleria leggera”, una Specialità destinata principalmente all’esplorazione. Al momento in Italia è in organico un solo reggimento di cavalleggeri: il 19° Reggimento “Cavalleggeri Guide” in guarnigione a Salerno. Un bellissimo reparto con il quale ho avuto l’onore di partecipare ad alcune operazioni militari in Bosnia- Herzegovina.
All’inizio del XX secolo invece erano in organico nel Regio Esercito Italiano 30 reggimenti di Cavalleria, dei quali ben 18 erano della specialità “Cavalleggeri”. Il Regio Esercito, come gli altri eserciti europei impiegava copiosamente la componente equina; La Cavalleria era apprezzata principalmente per la velocità di manovra, la rapidità di schieramento, la potenza di “sfondamento” data dal volume di forza viva (cavallo + cavaliere), piuttosto che il volume di fuoco relativamente modesto, all’epoca rappresentato soprattutto da armi leggere, pistole e moschetti, e dalle lunghe sciabole o dalle lance.
La relativa “leggerezza” dell’armamento consentiva ai cavalleggeri una lunga durata operativa, con alta capacità di resistenza legata essenzialmente alla eccezionale qualità dell’animale impiegato.
Il cavallo della Real Razza Persano, o “il Persano”, il “cavallo-soldato”.
Le notizie più attendibili di questa importante razza destinata inizialmente a compiti militari, risalgono al 1751 quando Re Carlo III di Borbone, appassionato di cavalli, per potenziare la sua scuderia, ordina “l’immissione di alcuni cavalli provenienti dall’Andalusia”, con il dispaccio del 31 Dicembre 1763 in Archivio di Stato di Napoli. Di fatto nasce qui la Real Razza (dei Borbone) del cavallo Persano, dal nome della località della tenuta reale, a sud di Napoli; Persano.
Per migliorarne le caratteristiche di velocità, la razza fu successivamente incrociata con cavalli arabi e inglesi.
La fattoria base era a “Carditello”, un ippotrofio costruito per volontà di Ferdinando IV di Napoli dal grande architetto Vanvitelli; di fatto una piccola Reggia!
Nei periodi estivi, per evitare i forti calori estivi la mandria veniva inviata nei pascoli sulle montagne dell’Appennino del sud..
Il persano equipaggiò progressivamente tutti i reparti militari dei Borboni; era un cavallo di eccezionale potenza, velocità e resistenza, un connubio felicissimo. Anche Napoleone si interessò e utilizzò a questa razza! Robusto e veloce, potente e affidabile era una vera e propria macchina da guerra. Affidabile, docile, coraggioso e resistente alle malattie aveva tutte le migliori caratteristiche per un impiego militare e non solo. Era anche un cavallo elegante!
Poi al Sud arrivano i Savoia! Per spezzare in qualsiasi maniera i legami e i ricordi con la vecchia casa dinastica Borbone, il Ministro della Guerra Cesare Ricotti nel 1874 decretò la chiusura della razza “Persano” ! I cavalli furono venduti addirittura ai macelli del salernitano…
E’ un pò la storia di quello che per far dispetto alla moglie si taglia i cosidetti…
La Razza Reale Persano era cosi radicata sul territorio meridionale che ancora oggi, nello stemma sannitico della Provincia di Napoli campeggia un Persano rampante !
E tanto per dire, successivamente il famoso “cavallino rosso rampante” della Ferrari, sarà un Persano! Derivato e utilizzato da quello disegnato sul fianco dell’aereo di Francesco Baracca, non a caso Ufficiale di Cavalleria, in servizio presso la nascente componente aerea.
“Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna”. Questo aveva detto la Contessa Paolina Baracca a Enzo Ferrari.
Per fortuna alcuni esemplari di persano più ambiti, al momento della soppressione del Ministro Riccotti, furono acquistati dagli allevatori confinanti con Persano.
Lo stesso Vittorio Emanuele II, che invece ci capiva di cavalli…, acquistò una cinquantina di fattrici che fece sistemare a San Rossore, nella attuale tenuta della regione Toscana. Si leggono ancor oggi, nelle carte topografiche della zona, i toponimi “Cascine Nuove e Cascine Vecchie”; fino a un paio di decenni anni fa un ultimo esemplare di Persano pascolava tranquillamente sulle rive dell’Arno. Oggi la razza conserva ancora ancora una sua minima continuità, per la strenua volontà del Principe Alduino di Ventimiglia di Monteforte Lascari, che ha recuperato alcune fattrici, trasferendole nella originaria tenuta a Napoli dove recentemente è nato un puledrino di razza Persano!
Purtroppo l’avanzare del tempo e della tecnologia hanno fatto decadere completamente l’interesse alla continuità della razza all’Esercito Italiano, (i tagli, le risorse, i finanziamenti, l’uso del carro armato al posto del cavallo, l’acquisto dei cavalli da altri allevamenti, la difficile gestibilità, le norme, la sicurezza sul lavoro, le circolari, i filobus, ecc..!)
Pensare che anche il Vate montava, tra gli altri, alcuni cavalli Persano. E anche il Duce.
Questo cavallo è inoltre particolarmente versato alla nuova impostazione di guida del Secolo Nuovo, conosciuta universalmente come “Metodo Caprilli” dal suo inventore; il capitano Francesco Caprilli all’inizio del secolo, ribalta completamente l’assetto di guida e di condotta, inventando un metodo di assecondamento dolce alla normale postura del cavallo. Il metodo che ancora oggi si usa nelle nostre scuole di equitazione!
E’ evidente nelle foto sottostanti la differenza di impostazione, tra la vecchia scuola e la nuova; nella prima si vede un rigido D’Annunzio approcciare con assetto piuttosto verticale, l’ostacolo (forse pensava a ben altra cavalcatura come si legge nella dedica sottostante la fotografia…); nella seconda il capitano Caprilli supera di slancio, con naturalezza, assecondando il movimento del cavallo, una sedia!
Ma la guerra incombeva e la ragion di Stato ebbe il sopravvento sulle gelosie dei regnanti. Nel 1900, con l’atto 221 del 14 Novembre il Ministro della Guerra determinò rapidamente la rinascita della razza Persano, per riequipaggiare i reggimenti di cavalleria con la razza persano.
Si ricostituisce quindi la “Razza Governativa di Persano”, destinata un po’ tutti reparti montati del Regio Esercito. Le nuove sedi sono la originaria di Persano e un nuovo centro a Grosseto, presso la vecchia tenuta di caccia dei Lorena, già indemaniata dal nascente Stato Italiano nel 1870.
Una gattopardesca mossa; cambiare una parola «Reale» con «Governativa» tanto per non cambiare niente. Succede in questo Paese straordinario gestito da cialtroni.
La razza fu successivamente migliorata e raffinata con ulteriori incroci di esemplari, per potenziare le qualità di velocità, docilità e resistenza. Rapidamente i reggimenti del Regio Esercito ebbero in dotazione il “Persano”. Insieme a loro il persano alimentò anche le scuderie della Polizia, dei Carabinieri a cavallo, della Forestale, e degli Agenti di Custodia!
Equipaggiava principalmente tutti reggimenti dell’Esercito, compresa la gloriosa “Voloire”, l’artiglieria a cavallo. Persino in Russia, il persano si distinse per la grande robustezza al freddo e alla fatica prolungata. Il 3° Reggimento “Savoia” Cavalleria a JSBUSCENSKIJ il 24 agosto del 1942, condusse la “penultima” carica di cavalleria, cavalcando molti “Persano”, e sfondando un forte dispositivo russo che aveva accerchiato le truppe italiane.
Una carica magistrale e risolutiva che riscosse l’ammirazione degli stessi tedeschi che diranno al termine, al Colonnello Comandante del Reggimento Alessandro Bettoni di Cazzago: “Noi queste cose non sappiamo più farle!” In compenso eran maestri nel farne di assai peggiori… Un bianco cavallo “persano” campeggia rampante nell’araldico reggimentale, e nel verso della croce commemorativa della battaglia.
Per quello che riguarda la vera e propria “ultima carica di cavalleria”, ne parleremo più precisamente nelle prossime puntate, perché verrà condotta proprio da uno dei due reggimenti di Cavalleggeri di Lucca, il 14°!
Il persano era veramente un gran cavallo/soldato. Versatile e completo.
Con questo cavallo “ministeriale” Piero d’Inzeo si piazzò al sesto posto nelle Olimpiadi di Helsinky, nel 1952, cavalcando il persano “ Pagoro”! E pensare che inizialmente d’Inzeo aveva scartato questo cavallo perché troppo piccolo!
Lo stesso “Pagoro” cavalcato due anni dopo da Oppes si piazzò quarto ai mondiali di Madrid di salto ad ostacoli. Due anni dopo si guadagnò il secondo posto a Stoccolma.
Con un altro cavallo persano, “ Merano”, Raimondo d’Inzeo conquistò trofei e piazzamenti eccellenti!
Ma l’apoteosi del successo sportivo del Persano è legata alle Olimpiadi di Roma, nel 1960 dove Raimondo D’Inzeo sul persano “Posillipo “ si piazza al primo posto nel salto ad ostacoli, la più tosta disciplina equestre, e conquista finalmente l’ORO, seguito dal fratello Piero d’Inzeo su un altro persano “The Rock” che lo segue sul gradino dell’ARGENTO! Due giorni dopo Oppes su altro persano “The Scolar” si piazza con un BRONZO a squadre. Un trionfo del persano e della equitazione italiana, di tradizione militare!
E pensare che erano cavalli “ministeriali”, di normale allevamento statale, cavalcati da militari!
A Lucca, tanto per ritornare alla nostra città, erano dislocati circa 400 cavalli, tra i quali moltissimi “Persano”, nelle varie scuderie reggimentali. Questa erano la dotazione normale di un reggimento di cavalleria.
Se l’attento lettore passeggiando in piazza San Romano si sofferma a osservare attentamente il grande portone sul lato sinistro dell’ingresso della omonima chiesa, noterà in terra alcune lastre di pietra che fungono da marciapiede; esse provengono dal rifacimento interno delle scuderie, e alcune riportano i nomi dei cavalli nei loro stalli; si legge benissimo, ad esempio, un “Nestore”.
La presenza dei cavalli a Lucca era fonte di beneficio economico; basti pensare all’enorme quantitativo di paglia per le lettiere, di fieno per l’alimentazione, dei servizi vari, sellai, maniscalchi, veterinari, operai comunali per sistemare i campi scuola, gli ostacoli ecc.
Non era però scevra da alcuni inconvenienti di carattere tecnico-biologico. Quando i cavalli venivano portati fuori dalle caserme per sgambare o pasturare, le copiose “fatte” ( oltre 400 cavalli non campano d’aria…), creavano non pochi inconvenienti “tecnici” alle lunghe gonne delle gentili signore lucchesi che passeggiavano sulle Mura. Le copiose deiezioni e gli effluvi erano oggetto di continue lettere di protesta da parte del Sindaco al Comandante di reggimento, per chiedere di spostare il transito e la sgambatura in zone meno… passeggiate dalla gentile cittadinanza.
Ma nonostante questi leggeri inconvenienti tecnici, la presenza del cavalleggeri a Lucca era apprezzata dai commercianti per i motivi anzidetti…, ma soprattutto dalle giovani signorine in età da marito e anche da qualche più robusta signora in vena di meno poetici ma più “efficaci” incontri cavallereschi.
Le signore della borghesia di Lucca, proprio per testimoniare il loro affetto, provvederanno nel 1860 a regalare al reggimento, il 16° Cavalleggeri “LUCCA” una Bandiera/Stendardo la cui adozione sarà ufficializzata dal Ministro, disponendo che sia affiancata a quella ufficiale.
“Laonde cotesto Reggimento potrà bensì accettare lo Stendardo ad esso regalato , ma siccome pegno dell’affetto, e simpatia dei generosi , preziosamente serbato nell’Ufficio Della Maggiorità e presso la Bandiera Reale , la quale soltanto è la vera di Ordinanza di cui debbono fare uso i Corpi“.
Il mio doveroso e sentito ringraziamento va al geom. Bruno Giannoni per il copioso lavoro di ricerca storica delle fonti documentali, raccolte in due pubblicazioni sul 16° Reggimento Cavalleggeri “Lucca”, e della cortese autorizzazione a utilizzarle, e al mio amico Vito Raso per tutte le preziose informazioni riguardo al Persano.
Bel pezzo, Vittorio!
Grazie Colonnello, per averci raccontato la storia della cavalleria a Lucca, e averci dato informazione sulla razza del cavallo Persano, che trovo molto interessante.
Sempre molto interessante la storia di questi splendidi, meravigliosi cavalli e delle vicende storiche che li riguardano!!
Attendiamo il seguito.
come sempre la storia raccontata senza retorica , attendiamo il seguito . Lucca era comunque una città con grande vocazione militare ma come dicano i tempi son cambiati e si è preferito serrare tutto per far si che vada tutto in malora .Intanto un ponte Bailey in poche ore i genieri della Folgore lo rendevano operativo ,ora mesi e mesi per chiudere una buca .Si stava meglio quando si stava peggio