Renato Bonturi – segretario del PD e capogruppo in Consiglio Comunale – avvia il percorso di rinnovamento del partito in vista delle elezioni comunali del 2022. Oltre ai possibili profili del prossimo candidato sindaco, il consigliere ha tracciato un bilancio politico-amministrativo di questa amministrazione a trazione PD, mettendone in evidenza pregi e criticità. Senza dimenticare le priorità di questo difficile periodo, ci ha poi confidato la sua volontà: accanto al fondamentale lavoro svolto nelle amministrazioni, il PD deve tornare ad essere anche un luogo di discussione e di formazione della volontà democratica.
Qualche mese fa abbiamo provocatoriamente chiesto che cosa volesse diventare il Partito Democratico. Ecco, questa domanda gliela rifaccio volentieri oggi: in vista delle elezioni del 2022, che cosa pensate di fare?
Il PD – che con tutti i suoi difetti è uno dei pochi partiti strutturati in Italia – nelle elezioni dei propri organi si muove secondo dinamiche davvero democratiche, e questo è innegabile. Oggi il partito sconta il fatto che, sia a livello centrale che a livello locale, si è spesso incarnato nelle Istituzioni ed è stato “assorbito” dall’attività istituzionale. Tuttavia vorrei che accanto al fondamentale lavoro svolto nelle amministrazioni, il PD tornasse ad essere anche un luogo di rappresentanza, di discussione e formazione della volontà democratica. Non siamo più nell’epoca in cui il partito rappresentava una classe sociale definita, e quindi dobbiamo tenere conto del fatto che ci dobbiamo interfacciare con corpi intermedi, con il mondo associativo e anche con il mondo datoriale. Ecco, a mio avviso questo lavoro di ascolto e di confronto è una delle chiavi per la rigenerazione del partito. Mi vengono in mente le “sardine”, ad esempio, e il loro apporto al dibattito politico: hanno rappresentato un movimento sicuramente legato a questa fase storica, che tuttavia ha permesso di rimettere in discussione tante certezze dei partiti e segnatamente del nostro.
State avviando un percorso di rinnovamento, in che cosa consiste esattamente?
Vogliamo tornare a far parlare i luoghi di rappresentanza politica. Oltre a ciò che avviene a livello istituzionale, vogliamo tener vivo un confronto e una dialettica costante. Forse dovremmo ascoltare un po’ di più il territorio che ci sta intorno e aprirci ad esso, però devo anche segnalare che oggi incontriamo una maggiore difficoltà a coinvolgere le persone. Perché? Perché, oggettivamente, l’istanza del cittadino è sempre legata ad un obiettivo specifico a lui vicino. È difficile, poi, che questo bisogno si concretizzi anche in una partecipazione attiva: si chiede – anche giustamente – che le Istituzioni rispondano ad alcune esigenze, ma dopo è difficile chiamare la cittadinanza a partecipare attivamente alle decisioni. Magari si forma un comitato quando c’è una questione cogente per il cittadino. Cittadino che, tuttavia, poi spesso non si interessa ad altre vicende sociali o politiche. Quindi viene a mancare una sentinella, una voce che potrebbe portare un contributo al dibattito politico. Noi, per invertire questa tendenza, vorremmo provare a riaprire un cantiere. Vorremmo provare ad interpellare, a ridare centralità a soggetti che ci sono e che vogliono far sentire la propria voce.
Chi sarà il candidato Sindaco del centrosinistra alle prossime elezioni comunali?
Non ci sono ancora nomi precisi, anche se sarebbe quasi naturale candidare qualcuno che viene già da un’esperienza amministrativa per portare avanti un’eredità politica. Dico questo anche perché, tra i vari pregi che ha avuto, penso che l’amministrazione Tambellini sia stata in grado di far crescere una classe dirigente di centrosinistra che, forse, prima a Lucca mancava un pochino. E, intendiamoci, saper amministrare il bene comune è un patrimonio importante che non si inventa dall’oggi al domani. Ecco, avviando ora un percorso interno all’area di centrosinistra lo scopo è anche quello di arrivare ad individuare un candidato unitario e condiviso da tutti.
Quindi, mi pare di capire, il candidato sarà Raspini?
I nomi che circolano sono noti, ma parlarne oggi non ha senso. Oltre a Raspini ci sono anche altri possibili profili idonei, di persone che hanno fatto per dieci anni l’assessore o di consiglieri comunali che hanno maturato una struttura politico-amministrativa importante. C’è poi da considerare la necessità di un rinnovamento della politica, che deve anche aprirsi alle istanze della società civile. Basti pensare, a questo proposito, al percorso di Alessandro Tambellini, che ha un profilo originariamente e primariamente civico e che solo in seconda battuta si è inquadrato in un partito. Penso anche a Giulio Lazzarini, un uomo molto stimato che veniva dalla società civile, un professionista validissimo prestato alla politica! In definitiva, quindi, ci sono tante riflessioni da fare.
Però, mettendo un attimo in disparte la componente civica mi sembra di capire che, oltre a Raspini, gli altri possibili candidati siano Mammini e Vietina. Sbaglio?
Non faccio nomi, ma queste sono tutte persone che godono della mia stima e che a mio avviso hanno un grande spessore politico. Ci sono anche altri soggetti in grado di ricoprire quel ruolo, ma la prima valutazione da fare è capire se i profili indicati hanno anche l’intenzione di fare il sindaco. È un impegno che uno deve volersi assumere, e non è così scontato. Però, ecco, essendo noi all’inizio di questo nuovo percorso di apertura e di confronto, da segretario comunale non me la sento di dare soluzioni preconfezionate. Siamo aperti al dialogo su tutti i possibili profili ma, in questa difficilissima fase storica, più che all’individuazione di un nome per le prossime elezioni la nostra attenzione è rivolta a capire quali sono le necessità del tessuto-economico sociale del territorio. È questo, oggi, il vero problema che dobbiamo affrontare. Non dimentichiamocelo.
Ci sono, in questi anni di amministrazione a trazione PD, delle cose che rivendicate con orgoglio?
Tante cose. Io sono consigliere comunale dal 2012, dal primo mandato Tambellini, e posso sicuramente dire che c’è stato un rinnovamento amministrativo significativo. È stato fatto un lavoro enorme di riorganizzazione del sistema delle società partecipate, e questo è stato importante per l’ottimizzazione del bilancio. Penso al lavoro che è stato fatto nei quartieri, dove l’amministrazione ha saputo intercettare un bagaglio di finanziamenti che non ha eguali nella storia di Lucca. Penso anche all’investimento sulle fognature nella zona dell’oltreserchio, che è un altro traguardo storico che deve essere evidenziato. Sulla base della nuova legge regionale sull’urbanistica, poi, è stato fatto un nuovo piano strutturale che è un punto di partenza per la riqualificazione urbana della città. Ancora, stiamo facendo quotidianamente un lavoro di conservazione della memoria storica con l’istituzione della “Casa della Memoria”. Secondo me queste sono tutte acquisizioni che Lucca si ritroverà, ecco.
Ci sono, invece, degli errori che sono stati fatti e che riconoscete?
Io credo che, su alcuni temi, più che il problema sia stata la gestione del problema a creare un po’ di malcontento nella popolazione. Questo perché, in certe fasi e in alcuni contesti, c’è stato meno monitoraggio e meno controllo da parte nostra. Faccio un esempio: a San Vito c’è stata una maggiore presenza e siamo stati più in grado di costruire i progetti insieme alle associazioni e alla popolazione, e questo ha fatto sì che siano state adottate soluzioni quasi sempre apprezzate dai cittadini. In altri casi – e mi riferisco a San Concordio – questo non è avvenuto e le ragioni sono di varia natura. Ecco, su questo è giusto fare un mea culpa perché credo che le critiche non vadano mai demonizzate ma ascoltate. Lì, a dire il vero, abbiamo anche provato a ridiscutere alcune parti del progetto, che peraltro sono state effettivamente ridefinite anche sulla base di un confronto in extremis con i residenti. Però, poi, un amministratore pubblico deve decidere se una cosa si fa o meno, perché ad un certo punto le decisioni devono essere prese. È questa la difficoltà di amministrare, ciò che a volte il cittadino fa fatica a comprendere.