Ieri sera, sul palco dell’Ariston, Beatrice Venezi ha condotto la prima parte della quarta serata del Festival di Sanremo insieme ad Amadeus. Ad espressa domanda del noto presentatore, la giovane lucchese ha risposto senza esitazioni: ”Sono direttore d’orchestra, non direttrice. Per me quello che conta in realtà è il talento e la preparazione con cui si svolge un lavoro. La posizione ha un nome preciso e nel mio caso è direttore”.
Pochi minuti dopo, senza perdere tempo, la Conferenza donne democratiche – Toscana ha pubblicato un post su Facebook che aveva toni durissimi: “Beatrice Venezi […] ha commesso un grave errore nell’assumersi la responsabilità di declinare al maschile il proprio ruolo. […] No Venezi, non funziona così”. Con connessa lezione sull’importanza del linguaggio (anche!) nella battaglia di genere e pubblica richiesta di scuse alla rea confessa, traditrice delle tante battaglie quotidiane portate avanti dalle sedicenti democratiche.
Ebbene, siamo davvero a questo.
Senza entrare nel merito di asterischi e desinenze, e rimanendo appunto in tema di linguaggio, qui la questione è che una Conferenza delle donne del Partito Democratico ha usato espressioni e toni che sono la rappresentazione grafica di tutto ciò che democratico non è: in pratica, una persona non può più liberamente scegliere come farsi chiamare.
Dispiace – sinceramente – che il Partito Democratico sia arrivato a questi livelli, che lo condanneranno all’estinzione. Dispiace che nessuno, all’interno del Partito, metta in riga questi strani personaggi invitandoli a focalizzarsi su obiettivi più seri, come ad esempio il lavoro e i drammatici tassi di disoccupazione raggiunti nel paese. Per carità, fare riforme e adottare provvedimenti più strutturati in ambito socio-economico è più complesso che fare la morale a Beatrice Venezi, ma forse è davvero il caso di impiegare energie soprattutto in questo senso.
Il lavoro, dicevamo. Il lavoro, anche e soprattutto femminile, visto che i dati Istat pubblicati pochi giorni fa sono impietosi: su 101.000 nuovi disoccupati, 99.000 sono donne. Donne che, senza pane da mettere in tavola, si presume siano abbastanza disinteressate alle desinenze di genere e agli inutili diktat della Conferenza delle donne democratiche.
Dovrebbero essere queste le priorità della buona politica, senza perdere tempo a lanciare anatemi contro le dissidenti che scelgono di non dare adito a queste derive fondate sul nulla. Dovrebbero essere queste le preoccupazioni, questi gli obiettivi e queste le reali pari opportunità. Infatti, fino a quando rileverà il genere – maschile o femminile che sia – e non la competenza, ci sarà discriminazione.
Questo voleva dire, e vi ha insegnato a testa alta, Beatrice Venezi.