Mi voglio idealmente collegare alle parole di Ilaria Vietina.
Lei le usa per bollare la risoluzione della maggioranza come antistorica e finalizzata a snaturare il valore simbolico e umano della tragedia della Shoah. Volendo “sminuire, annacquare, equiparare eventi storici differenti”, con lo scopo, a suo dire, “di far dimenticare la tragedia dell’Olocausto, i lager, la violenza e la responsabilità storica del nazismo e del fascismo che la destra lucchese, ancora oggi, è incapace di riconoscere”.
Uno potrebbe pensare che gli strali siano rivolti al Barsanti: lo stesso ha più volte, nel passato, detto di essere un «fascista moderno». Col che caricandosi di un retaggio storico che non ha seguito nella cittadinanza, né è bene che lo abbia. Va però detto che il Barsanti non è il bersaglio delle forze di centrosinistra. Il consigliere Vietina, infatti, non punta il dito verso un soggetto in particolare, ma verso tutta la maggioranza rea, a suo dire, di una specie di legame non reciso con il fascismo.
Solo che l’oggetto del contendere sono i morti friulani (che, per inciso, significa italiani) delle Foibe. «Delle» Foibe e non «nelle» Foibe perché con il termine intendiamo tutti i morti di quella tragedia, non solo quelli che materialmente furono gettati dentro le stesse. E che morirono senza nessun’altra ragione se non essere italiani. Il che ascrive questa tragedia al vasto, e purtroppo assai popolato, filone dei genocidi. Filone che ha il suo culmine nella Shoah.
Le foibe poi, per noi lucchesi, sono un argomento che dovrebbe essere particolarmente sensibile: fu grandissima la partecipazione della nostra città all’accoglienza della massa di profughi che venne espulsa da territori che erano popolati in gran parte da italiani. E fu benemerito e diffuso il senso di fratellanza che guidò i nostri nonni nell’offrire rifugio e nuova patria a tantissimi. Che arrivarono nelle nostre scuole, e nelle case di tanti, senza nulla se non le proprie mani e i vestiti che indossavano. E che in questa città trovarono una nuova casa.
Il senso di una Giornata della Memoria è ricordare un evento drammatico perché non avvenga più nel futuro. Non l’evento stesso, dato che la storia non si ripete mai uguale a sé stessa neppure quando nessuno si prende la cura di vigilare, ma eventi di simile natura anche, e soprattutto, di dimensioni minori. Sì, soprattutto minori. Perché le probabilità di eventi simili per dimensione sono ovviamente poche ma noi dobbiamo vigilare perché i semi di quell’odio non attecchiscano mai più. E i semi sono più piccoli della pianta.
Altrimenti tutta la memoria che senso ha? Altrimenti sarebbe inutile ricordare. Altrimenti il posto giusto in cui lasciare traccia di questi eventi è solo un libro di storia.
Allora dico «non ci sto»: non ci sto a dire che sono cose che non c’entrano nulla una con l’altra. Sono vicende simili, troppo simili, avvenute nello stesso periodo e condite con la stessa indifferenza di una parte troppo grande della nostra popolazione per non capire che c’è un legame profondo che non possiamo non vedere. E che è stato implicitamente indicato mettendo le due giornate vicine sul calendario.
E, francamente, sfugge il senso di un allarme democratico e storico contro la disinformazione e la cancellazione del ricordo della Shoah.
Non pare davvero legittimata la preoccupazione per la nostra democrazia né quella per il ritorno di violenze e soprusi fatti da formazioni politiche ai danni di militanti in formazioni opposte. Né pare che ci possano essere concreti pericoli democratici per lo scivolamento verso sistemi autoritari nel nostro paese. Neppure appare fondata la preoccupazione per la nostra comunità particolare: non ho memoria di cronache che raccontino che la comunità ebraica lucchese sia stata oggetto di fenomeni razzisti. Né che questo sia un fenomeno che stia colpendo altre comunità minori.
Allora che dobbiamo pensare della presa di posizione sopra ripresa?
Non ci resta che ascrivere questi interventi alla tattica politica: bassa cucina; battaglie ideologiche volte a distrarre l’attenzione pubblica dalla mancanza di progettualità; ammuine e simili espedienti. Nulla di nuovo, sia chiaro. Nulla che non facciano tutti, ma proprio tutti, soprattutto quando mancano di spinta concreta. Ma ammuina e richiami ideologici si possono fare senza strumentalizzare ciò che non andrebbe banalizzato. Che siano Foibe o Shoah.
La passione è buona cosa. E ne abbiamo vista assai sul tema, seppure solo per strumentalizzare qualcosa che sarebbe meglio non strumentalizzare e non usare nel gioco delle parti politiche.
Lacciatemi però dire, ancora, «io non ci sto»: non ci sto a vedere che si parla di tutto per non parlare di nulla. Non ci sto a lasciare che l’attenzione venga sviata da ciò che è importante per il nostro futuro.
Soprattutto non ci sto a tacere la mancanza di progettualità travestita da grandi ideali e questioni fondamentali. voglio dire ai consiglieri di destra e di sinistra: mettete questa passione per discutere del futuro della nostra bellissima città.
Per discutere della destinazione di tanti, troppi, contenitori dentro le mura che cercano una destinazione utile.
Dell’uso delle risorse già rese operative ma poco sfruttate (i molti immobili per l’aggregazione, per esempio).
Del turismo cittadino e di quale tipo di turismo vogliamo e quale ci fa bene e quale meno (argomento un tempo assai sentito e oggi passato quasi sotto silenzio e svilito da slogan e idee sciocche).
O di come sostenere lo sviluppo produttivo della nostra città, magari rafforzando gli sforzi per la fibra ultraveloce, sostenendo lo sviluppo di nuove iniziative, rafforzando il legame tra scuole professionali e attività, lavorando sulla formazione per gli adulti…
O ancora di come rafforzare le competenze scientifiche presenti in IMT, che tutt’oggi è una specie di corpo estraneo alla città: indipendentemente da come sia arrivato a esistere andrebbe incluso in un progetto di città di domani!
Potrei continuare ancora: ad esempio con un «temino» come la cultura nella nostra città, a partire da Puccini e investendo i vari musei o la Fondazione Ragghianti, ma il senso mi pare sufficientemente chiaro.
Vi prego: parlate della città; di come svilupparla; di come renderla migliore. Di questo vogliamo sapere.
Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi
Foto originale di Johnny Mckane
Lasciando da parte Barsanti, direi che accomunare il genocidio degli Ebrei alle Foibe è 7na operazione puramente ideologica, che ha l’unico scopo di legittimare una sorta di ” tutti sono uguali” . Falso storico. Ricordo che le Foibe sono state precedute dai campi di concentramento per cittadini slavi dell’Istria, del Friuli e della Venezia Giulia. Le Foibe sono state lo strumento criminale con cui si è esercitata una vendetta. La Shoah è stato il genocidio degli Ebrei.
Come ho cercato di spiegare nell’articolo, è un curioso esercizio quello di distinguere i genocidi sulla base di quanto avvenuto precedentemente: quasi che esistano dei comportamenti (dei toriti) che possano giustificare il genocidio e altri no. Come è anche un curioso esercizio quello di fare memoria di un evento che non può nè deve mai essere messo in confronto con nessun altro: se non è confrontabile, se non possiamo usarlo come paragone con altri perchè non avvengano nel futuro, allora a che serve?
La verità è che quello delle Foibe fu un genocidio come, purtroppo, ne sono avvenuti molti nella storia. Un genocicio come lo fu la Shoah che giustamente ricordiamo per imparare che gerte cose non devono ripetersi. E, ricordando, dobbiamo ricordare i molti modi in cui questi genocidi cominciano per impedire che il futuro ci porti ancora e ancora dei pazzi dittatori (come lo furono Hitler, Mussolini, Tito, Stalin, e tanti altri di tutti i colori politici) che possano far “sparire” persone innocenti solo perchè di una certa nazionalità, credo, idea politica, colore della pelle discendenza ecc. Poi se il numero degli uccisi si conta con le migliaia, le decine di migliaia, le centinaia di migliaia o i milioni è davvero così importante?