Girando per città, con sosta nei luoghi deputati “Pinelli” e Taddeucci”, questa mattina ho raccolto più d’una lamentazione per il fatto di aver disertato l’appuntamento settimanale con “Lo Schermo”. Segnatamente si sono lamentati i “fedelissimi”: Mauro Marconcini, farmacista in piazza San Michele, Umberto Tenucci, il colonnello Vittorio Biondi e quindi Riccardo Carnicelli e Frediano Bacci. Poi anche tante persone che non immaginavo fossero assidue nella lettura dei “bollettini di guerra” divulgati da questo benemerito giornale on line: una voce fuori dal coro. A queste sollecitazioni non ho saputo resistere e adesso cerco di rimediare, ritornando su un argomento più volte trattato, ma ancora attuale: le celebrazioni (o forse è meglio dire: le mancate celebrazioni) del Centenario Pucciniano.
Della questione si è occupato anche il senatore Andrea Marcucci, (in uscita dal PD) che in un‘intervista più volte mandata in onda da NOI TV ha avuto parole di fuoco per il presidente del Comitato Albero Veronesi, accusato di non saper combinare nulla e di non sapere come utilizzare i consistenti fondi messi a disposizione dal Ministero.
Essendo stato attivo promotore della legge che ha dato il via alle Celebrazioni Pucciniane, Andrea Marcucci ha le carte in regola per far sentire la sua voce e per reclamare un radicale cambio di passo nella gestione del Comitato. Quando poi rimprovera ad Alberto Veronesi tentennamenti e incertezze nella conduzione del Comitato sicuramente coglie nel segno, ma da Andrea Marcucci è lecito attendersi di più. Innanzitutto, se non vuol far parte dei vaniloquianti che affollano il Comitato e perseguitano questa città, Marcucci può recare un effettivo contributo alla sua direzione se, alle sacrosante critiche, aggiunge anche qualche seria proposta da valutare per il programma delle celebrazioni.
Vengo al sodo: tra le idee che sono circolate in questi mesi ce ne è una che mi sta molto a cuore e che considero la carta vincente di tutta l’operazione del Centenario. Mi riferisco, per chi mi ha seguito in questi mesi è fin troppo chiaro, al recupero dello storico Caffè Caselli-Di Simo, di certo il luogo a più alta intensità pucciniana che si conosca. Da troppi anni giace nel più completo abbandono con grave disdoro per la stessa immagine di via Fillungo, che è la vetrina della città. La storia civile e culturale di Lucca fra Otto e Novecento si è svolta tutta in quel locale che Puccini frequentò trovando nel suo proprietario, Alfredo Caselli, un amico sincero e devoto, sempre pronto a difenderlo dalle malevolenze degli invidiosi e dei mediocri che a Lucca, come altrove, pullulavano. Recuperare quel locale, restituirlo alla sua vocazione di luogo di convivialità, di cultura e di arte darebbe un senso compiuto al Centenario Pucciniano, arricchirebbe la città di uno spazio fruibile dai lucchesi, ne potenzierebbe la sua attrattiva turistica, fornendo ai visitatori l’occasione di vivere un’esperienza ad alta suggestione: respirare la magica atmosfera del tempo pucciniano. Se poi a quello di Puccini aggiungiamo i nomi degli artisti del “circolo Caselli”: da Giovanni Pascoli a Libero Andreotti a Plinio Nomellini, si compone un quadro che inserisce Lucca nel raffinato circuito dell’eccellenza culturale italiana.
Con queste credenziali sarebbe legittimo pensare che nell’ambito delle scelte del Comitato Pucciniano l’impegno per il recupero del caffè Caselli-Di Simo rivesta un’importanza cruciale e che quindi il Comitato, che si aggiunge a stabilire la destinazione dei fondi avuti in dote dal Ministero, abbia deciso di indirizzarne una parte consistente all’operazione del recupero del caffè Caselli-Di Simo.
Sarebbe. Uso un verbo declinato volutamente al condizionale perché ben sapendo come vanno (o non vanno) le cose nella città dell’arborato cerchio, mi sento proprio di escludere che il Comitato delle Celebrazioni decida di intervenire sul Caselli-Di Simo. Per conto mio posso affermare che la mia parte l’ho svolta, facendo inserire nell’elenco delle priorità di spesa del Comitato una voce così formulata: “Recupero e promozione dei luoghi di esperienza pucciniana”. Fino a qui ci sono arrivati da qui in poi la palla passa al Comitato Promotore che deve tradurre quella indicazione in atti concreti.
E qui casca il miccio: sono pronto a scommettere che quel Comitato non ha stabilito di finanziare il recupero del Caselli-Di Simo: e con la stessa disinvoltura si è impegnato per interventi a dir poco risibili: come potrebbe essere la tinteggiatura della facciata del Teatro Del Giglio. Che ce ne sia bisogno lo vedono tutti, ma ad immaginare che quelle spese vengano accollate al centenario Pucciniano ci vogliono una smisurata fantasia, un bel po’ di faccia tosta e soprattutto una mancanza di riguardo per il Maestro Puccini.
Andando in quella direzione forse sarebbe il caso anche di provvedere a dare un’imbiancata ai servizi igienici del Giglio, magari anche incrementandone la dotazione di carta igienica. E allora chiaro e forte: adagio Biagio! Fermatevi, fino a che siete in tempo.
Stando così le cose è troppo chiedere al senatore Marcucci di precisare il suo pensiero e se, come ho buon motivo di ritenere, condivide la validità dell’operazione Caselli-Di Simo farlo sapere con una dichiarazione che avrebbe il pregio della chiarezza e del coraggio.
Se come è lecito pensare il senatore Marcucci intende ancora svolgere un attivo ruolo politico, allora non può fare a meno della chiarezza e del coraggio.
Mi fa piacere che il Professore abbia riportato alla ribalta il problema del Di Simo, luogo storico tanto caro a Puccini, ma che viene snobbato dal comitato per il centenario Pucciniano a favore del Teatro del Giglio, struttura che negli anni è stata foraggiata ampiamente. Mi associo al ragionamento del professor Sereni in quanto alle critiche di Marcucci andrebbero contrapposte idee e iniziative per far risorgere finalmente lo storico caffè Di Simo, tanto caro ai lucchesi.
Bravo Umberto anzi SUPER!!!
Sono certo che Andrà Marcucci raccoglierà’ questa tua accorata sollecitazione
Non perché porto il cognome Di Simo, forse nostri lontani parenti, ma quando abitavo a Lucca, ora sono all’estero da diversi anni ma segue ugualmente la vita di Lucchese, entrare nel Caffè Di Simo mi sembrava di respirare aria diversa, di antica cultura. Mi associo alla proposta del Professor Sereni, credo che i fondi che lo stato italiano ha destinato per il Centenario Pucciniano molto di questo, dovrebbe essere speso per il completo restauro di questo glorioso e importante locale dei lucchesi. Anzi da portare a livello di monumento nazionale dove gli ospiti possono trovare ricordi e memorie dei diversi personaggi che sono passati da questo locale in modo che tutto il mondo ci dovrebbe invidiare, Purtroppo non credo che ci siano persone capaci di portare certi progetti fino in fondo.
Bravo Umberto anzi SUPER!!!
Sono quasi sicuro che Andrea Marcucci saprà cogliere questo accorato e ripetuto appello e si impegnerà affinché lo storico caffè Di Simo torni ad essere quello che è sempre stato nel passato
il professor Sereni ha colpito nel segno; piaccia o no, ma la verità, stavolta servita cruda , è questa. Che la facciata abbia bisogno di una rinfrescata, è certo, e questa è una esigenza che si affronta in termini di si chiama ordinaria manutenzione; se l’intervento è più complesso diventa manutenzione straordinaria, ma sempre affrontabile con risorse e capacità interne, e ci mancherebbe altro! I fondi del comitato sono pensati e assegnati per progetti alti , che non ricadono sotto le ordinarie e straordinarie manutenzioni. Ad esempio il doveroso recupero del caffè Di Simo- Caselli; quelli si che era un luogo pucciniano e della città; è sotto gli occhi di tutti, ma di cosa parliamo? Penosa e patetichina la successiva querelle…veramente penosa. Datevi da fare con progetti alti, invece di imbiancare.
Come sempre il prof:Sereni coglie nel segno riferendosi al caffè di Simo,da altre fonti mi sono preso delle citiche in quanto si dice che i soldi pubblici non possono finire a finanziare il privato;vorrei dire che se il privato rappresenta un punto di rilevanza cittadina,cioè pubblica, ,credo he si possa fare,magari vincolando i proprietari allla destinazione che ha ftto del caffè un punto storico della citta..
I vecchi lucchese.io compreso,provano un grande tistezza nel passre davaniti al caffè con la serranda abbassata! Ma possibile che nssun imprenditore possa prendere un’iniziativa tendente al suo recupero-Io credo che il ischio non sarebbe così alto; assai più basso che riaprire” il caffè dell mura” (forse) del quale si parla in questi giornii.