(prosegue la storia della politica italiana avviata con:
- Le radici della politica italiana – le origini dei Bianchi e dei Rossi e lo scontro tra le due culture – I Parte (’46 – ’80)
- Le radici della politica italiana – I Rossi tra opzione democratica e opzione rivoluzionaria: Pannella e la cultura della sinistra moderna – II Parte (’46 – ’80)
- Le radici della politica italiana –La costituzione, Togliatti e il filo del dialogo – III Parte (’46 – ’80))
Come dicevamo nei precedenti articoli, il Pentapartito ha goduto fino alla fine degli anni ’70 di condizioni particolari che ne hanno prolungato a dismisura l’esposizione al potere. In particolare, la forza dei Rossi in Italia, e la loro dichiarata intenzione di portare l’Italia nell’orbita della Russia (seppure non necessariamente con una rivoluzione), costituirono la motivazione di una chiamata permanente all’«emergenza democratica» che consentì al «blocco democratico» di mantenere un controllo ininterrotto (per circa 35 anni) della cosa pubblica e di godere di un appoggio senza eguali di due pilastri internazionali di allora: la Chiesa Cattolica e gli Stati Uniti.
E una tale esposizione al potere, fatalmente, portò ad una progressiva erosione delle motivazioni ideali a favore di una più brutale gestione del potere stesso.
A cavallo degli anni ’80 si rompe definitivamente un salutare rapporto tra governanti e governati.
La paura del terrorismo è finita, la Russia non può più nascondere il suo affanno economico e comincia a fare meno paura, l’Italia non è più il paese da ricostruire ma una nazione divenuta ricca e in forte crescita.
E i partiti, e i politici, diventano famelici.
Di potere prima ancora che di soldi.
Della tensione morale di un tempo resta assai poco. In un decennio la spesa pubblica esplode senza più controllo.
Di questa stagione populista ante-litteram, fu maestro e primo inventore Bettino Craxi. Per primo intuì che il potere ormai passava dalla soddisfazione delle più basse richieste della gente. Ma soprattutto fece molti proseliti nelle classi politiche del tempo.
Cominciò l’abuso di assunzioni nel pubblico a pioggia allo scopo di creare delle potenti constituency elettorali. Il che coincideva con la crescita smisurata del lavoro pubblico. E alla creazione di enti deputati a gestire erogazioni e sussidi che venivano sfruttati per accrescere il peso di partiti e correnti. O, ancora, la concessione di pensioni dopo pochi anni di lavoro. Talvolta anche meno di 10, in dispregio di quello che era stato il bilancio dell’INPS, fino a quel punto basato sugli accantonamenti dei lavoratori.
Quest’ultima innovazione fu possibile inaugurando una idea di «legislazione creativa» che molta fortuna ha fatto anche negli anni successivi. In questo caso fu con piccoli ritocchi di legge: bastò dire che il bilancio dell’INPS non si dovesse più fare tenendo conto degli accantonamenti dei versamenti dei lavoratori ma solo del rapporto tra uscite e entrate di quei versamenti nella parte corrente dell’anno corrente. E in un paese che stava portando nel mondo del lavoro il boom della natalità degli anni’60 e ’70, si aprirono avanzi di bilancio generosissimi. Ai danni delle generazioni successive.
È un periodo in cui il dato più rilevante è l’esplosione dell’inflazione per la crisi energetica internazionale del ’73 resa ancora più drammatica dalla rivoluzione komeinista in Iran del ’79, che tagliò fuori quel paese dai produttori di petrolio. Sulla crisi di quegli anni incidono anche questioni interne di politica monetaria degli Stati Uniti, con la conseguente stratta monetaria dll’81 che impatterà l’anno successivo anche da noi. Una serie di motivazioni esogene innescarono, quindi, un rialzo in tutto il mondo che, in Italia, ebbe caratteristiche molto forti.
Nel 1980 l’inflazione tocca il suo massimo dal dopoguerra al 21% annuo. Poi, pur calando, si mantiene oltre la soglia del 10% fino alla metà degli anni ’80.
Per circa un decennio (dal ‘74 al ’85) l’inflazione ha viaggiato tra il 12% e il 22%. Un tale livello inflattivo distrugge i redditi e impoverisce i ceti più deboli, costringendo i governi a varare una serie di misure straordinarie. Ma mentre fino al 1980 tali misure sono comunque moderate dall’idea che il bilancio pubblico è un bene comune da tutelare, da qui in poi il sistema esplode.
Nel 1981 Craxi viene nominato Primo Ministro per un accordo interno al Pentapartito. E avvia una serie di iniziative. Alcune orientate al contenimento dell’inflazione e alla spinta dell’economia (che, sebbene debole, comunque non era in recessione). Altre caratterizzate un disinvoltissimo uso delle finanze pubbliche per il consenso elettorale.
Un pauroso disavanzo di bilancio (fino ad oltre il 15% annuo) viene così giustificato come utile e necessario per sostenere la popolazione. In realtà sono in gran parte elargizioni che non aiutano significativamente l’economia né garantiscono equità sociale ma, in compenso, innescano un gusto per le regalie dello stato che diverrà endemico nel paese arrivando fino ad oggi. E così si accumulerà un debito che sarà il peso opprimente che schiaccerà le possibilità di crescita dell’Italia nei successivi 30 anni: anche questo da allora fino ad oggi.
Il rapporto debito PIL passa, così, da circa il 55% del 1980 al 120% del ’94. Una crescita paurosa (+65%, più del doppio del valore iniziale) in un momento in cui l’economia funzionava e motivato solo dall’inseguimento di un facile tornaconto elettorale.
In un decennio, si accumula un debito enorme in cambio di facili consensi. La politica smette di essere guida della nazione e comincia ad inseguire la pancia degli italiani.
In cambio ne riceve potere, assieme a discredito.
È una stagione che distrugge completamente il mito dei politici come persone competenti e “migliori di noi”.
Poi, o per conseguenza, c’è tangentopoli.
E questo è l’argomento del prossimo (e ultimo) articolo.
Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi