In questi giorni osserviamo, con un significativo sconcerto, allo sbandamento della comunicazione attorno alle istituzioni che ci governano. E poco importa se non sono davvero le istituzioni a dire cose folli se poi lo fanno coloro che vi possono circolare e che ne dovrebbero supportare il decoro.
Allora vedere il neoeletto presidente della camera che mette platealmente in discussione le sanzioni alla Russia senza un vero dibattito e a favor di telecamera, lascia almeno perplessi sulla direzione che la classe dirigente sta prendendo. E anche la vista di una opposizione che, davanti alla porta del Presidente della Repubblica chiede un cambiamento di rotta ad un governo che non c’è mentre dice che la posizione internazionale non si tocca «e» non si manderanno più armi in Ucraina fa dubitare della propria capacità di comprendere l’italiano. O magari dell’altrui onestà intellettuale.
Ma, ovviamente, lo sconcerto è più forte per chi ha vinto e si comporta irresponsabilmente che per chi ha perso e ha comportamenti schizofrenici.
Allora, lo spettacolo offerto da Berlusconi che, un giorno sì e l’altro pure, piccona un governo non ancora nato, piccona la posizione italiana nel mondo, piccona la sua immagine di leader internazionale, piccona l’idea che abbiamo delle istituzioni, è qualcosa che non si potrà dimenticare.
In molti mi hanno chiesto un parere sul senso che ha un tale comportamento; se ha uno scopo nascosto o se sia da attribuire ad una perdita di lucidità.
Difficile sapere quanto accade dietro le quinte della politica italiana e, particolarmente, di Forza Italia. E le informazioni che filtrano non aiutano troppo a capire la realtà. Abbiamo visto che ci sono attori come Licia Ronzulli e Marta Fascina, ma anche Maurizio Gasparri e altri che si sono aggregati al cerchio magico, che formano una rete di yes man (ma in questo caso più women) e che sembrano recitare il ruolo di ispiratori o, più probabilmente di motivatori, per le intemperanze del leader di FI. E, certamente, il nostro uomo è sempre stato sensibile alle adulazioni ed al culto della personalità.
Avete presente quante volte ha espresso il desiderio di essere al centro delle barzellette? E quante lui stesso ne ha inventate, sempre e immancabilmente attorno a Berlusconi?
Per comprendere il suo comportamento, quindi, non possiamo dimenticare la sua storia: è un uomo che è partito da origini borghesi ed è diventato uno degli uomini più ricchi di Italia. E poi, entrato in politica, è pure divenuto la figura di maggior spicco (nel bene e nel male) e più longeva degli ultimi 30 anni.
Senza contare il discutibilissimo rapporto con le donne, che ha sempre avuto e, persino, professato.
Ora, che un uomo simile, con i pregi e difetti vagamente adombrati sopra, possa non riuscire a tollerare che proprio una donna lo superi, è (patologicamente) comprensibile. Che questa difficoltà personale possa condurlo ad atteggiamenti autolesionistici (se non suicidi), ogni psicologo è pronto a spiegarlo come reazione abbastanza comune (anche se, dai nostri leader, vorremmo che fossero più guidati dalla ragione che dagli istinti). Persino il contornarsi di adulatori e tirapiedi è “umano”. E l’effetto naturale di tanta adulazione è perdere il contatto con la realtà e finire per farsi condizionare da persone che hanno tutto da guadagnare nell’isolare il «ricco» leader. Visto che la ricchezza sopravviverà anche alle fortune politiche.
Ciò che ha giustamente lasciati basiti non è quindi che Berlusconi abbia sentito l’esigenza di picconare una premier-non-ancora-premier tagliando, così, il ramo su cui lui pure è seduto. E, conoscendo il personaggio, neppure che abbia sentito il bisogno di fare il galletto nel «suo» pollaio.
Ciò che rende basiti è che tutti abbiano applaudito come comparse in un film di serie B. Che le stesse persone che hanno votato sistematicamente a favore dell’Ucraina e contro la Russia di Vladimir Putin, e lo hanno fatto nel Parlamento italiano e anche in Europa, le stesse persone, dicevamo, applaudono come grillini della prima ora al capo che dichiara posizioni simmetricamente opposte a quelle tenute fino ad ora. E che continueranno ad avere, non c’è da dubitarne, anche da domani.
Che dobbiamo comprendere da questo?
La realtà è che questi parlamentari sono dipendenti dal capriccio del leader che può toglierli o metterli come figurine sul suo album Panini.
Nessuno di loro può dirsi forte di una propria forza. Ciascuno è debitore della sua posizione verso il solo leader che, quindi, dispone di un potere di vita e di morte. Sperando che non abbia anche lo “ius primae noctis”.
Quindi, che senso ha un Parlamento di nominati che non possono non applaudire al capo pena la loro estromissione dal posto che hanno?
Che credibilità ha un siffatto Parlamento?
E, soprattutto, questo è un problema solo di Forza Italia o è un problema generalizzato?
La, triste, realtà è che è un problema strutturale. Lo abbiamo visto accadere in tutti i partiti: vengono eletti solo coloro che sono graditi al potere del leader. È successo nel PD, dove i parlamentari sono stati scelti da un concerto di pochi capicorrente e dal segretario; è successo nei 5 Stelle dove il presidente e la sua segreteria hanno determinato il listino che passava davanti a tutti; è successo nella Lega, con i fedeli di Salvini nelle posizioni migliori fino a mettere in posizione non garantita persino lo storico fondatore: Bossi. È successo, più che dalle altre parti, in Forza Italia dove, per essere eletti, c’è sempre stata una sola regola: essere nell’occhio del capo. È successo anche nell’unica forza parlamentare che ha visto i suoi numeri aumentare dalla scorsa legislatura: FdI. Anche loro, che sono riusciti a confermare tutti i (pochi) parlamentari della scorsa legislatura e ad avere anche spazio per nuovi parlamentari, lo hanno fatto scegliendo persone per la loro competenza, cosa apprezzabile, ma non certo per i loro voti.
Lo schema è semplice ed è lo stesso per tutti. I voti li porta il partito. E il partito è una faccenda privata del leader e (talvolta) di una ristretta cerchia di sodali. Punto.
È evidente che tutti i leader politici sono come sottoposti ad una prova etica. Come in un racconto romanzesco: la prova per vedere se hanno il «cuore puro» o se sono corruttibili. Tutti hanno avuto la possibilità di “dare la libertà al genio della lampada con il loro ultimo desiderio”. E tutti hanno dato la risposta che troviamo in Oscar Wilde in uno dei suoi più celebri aforismi: «Posso resistere a tutto fuorché alle tentazioni». E i parlamentari continuano ad essere ostaggi dei leader di partito.
Ma questa non è una democrazia rappresentativa.
Nel senso che non c’è la rappresentatività. Perché l’eletto non rappresenta nessuno: è solo uno strumento inerme nelle mani del capo.
Credo che chi, giustamente, difende la Costituzione, dovrebbe cominciare da questo: come fare a ritornare al dettato costituzionale.
Che prevede che i partiti siano democratici. Ed oggi non lo sono perché non sono contendibili: nessuno può entrare in un partito e pensare di diventarne il segretario solo in forza delle proprie idee che possono essere condivise da una base elettorale. E non sono accessibili liberamente. in quasi tutti i partiti ci sono barriere all’ingrasso o, comunque, alla possibilità di accedere agli incarichi interni.
Che prevede che i parlamentari siano liberi e responsabili. Che è l’opposto di tutte le proposte di inserire un vincolo di mandato. Come anche di tutte le leggi che consentono di mettere in mano ai leader le nomine al parlamento. E, in fondo, anche della riduzione del numero dei parlamentari, che aveva, come unica giustificazione, il discredito di questa istituzione e non le necessità della nostra democrazia o del rafforzamento della rappresentanza che, invece, si è così solo compressa.
La Costituzione è faccenda seria. Meriterebbe una revisione solo se si vuole migliorarla.
Per poi, magari, applicarla.
Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi
“Che credibilità [internazionale] ha un siffatto Parlamento?”
Mah, direi pressappoco quella che aveva il Senato romano trattando con Alarico.
Ma se le persone ce le impogono i partiti, se dobbiamo dare fior di ministeri a Salvini che ormai lo schifano anche i legaioli, se dobbiamo dare importanza a Renzi e Calenda che hanno percentuali infime, se ancora dobbiamo ciucciarci Berlusconi (che Dio lo abbia in gloria, al più presto possibile) e la sua fidanzatina, non sarà mica colpa di una legge elettorale che farebbe ridere anche in Messico o in Colombia?
E chi l’ha voluta questa legge? Ma dove vogliamo andare con questa gente che si combatte per mettere alla Giustizia (vabbè, giustizia…) Nordio o Casellati che son la stessa cosa?
Dovremo per forza dare a quel fallito epocale di Salvini un ministero, quale che sia. O a lui o a un suo pupazzo. Per ora siamo nella Francia del 1770, vedremo se nei prossimi anni…