Il titolo di questo articolo è chiaramente riferito ad un post di Flavio Briatore su Instagram.
Sono certo che l’uscita sia venuta un po’ più forte che nelle intenzioni dell’autore ma credo che questa posizione fotografi bene uno dei grandi mali di questo paese: la scarsa mobilità sociale.
Attenzione! Quest non è un male antico e da sempre presente. In anni anche recenti (parliamo degli anni dal dopoguerra alla fine degli anni ’80) non era così. C’erano persone che si sono fatte quasi dal nulla creando una ricchezza importante. E non parlo degli unicorni, di quei pochi casi eclatanti che tanto piacciono alle cronache. Parlo di tante piccole iniziative private che hanno creato il tessuto di piccole e medie aziende che ha fatto la fortuna dell’Italia.
Eppure questo processo si p interrotto. L’Istat ci dice che, negli ultimi anni, il tasso di mortalità delle aziende è nettamente superiore a quello delle nuove nascite. E che le aziende non riescono ad aumentare la loro efficienza al passo di quella degli altri paesi europei.
Non è qui in discussione il fatto che siano le aziende a creare valore: nel nostro sistema l’azienda è il sistema organizzativo che la legge prevede per fare azione economica. Quindi è evidente che la ricchezza la creano le aziende.
Il punto in discussione è chi, oggi, è in grado di creare aziende “di successo”. Se, cioè, questo è possibile per chiunque sia armato di qualche buona idea e di “spirito imprenditoriale” (qualunque cosa voglia significare questa espressione) o sia invece prerogativa di chi è già “ricco”. Perché oggi fare azienda è più complicato che 50 anni fa. Una volta c’erano meno regole, meno adempimenti, prodotti meno complessi, concorrenza meno numerosa (era locale e non mondiale) e meno agguerrita (il mondo in cui si operava era più piccolo). Tutto questo creava una esigenza di capitali iniziali più modesto per partire. Ma soprattutto, c’era un sistema bancario che poteva darti quei capitali più piccoli con una discrezionalità che, dal 2000 in poi, semplicemente non c’è più.
Quindi oggi, per creare impresa, c’è una barriera di capitale nettamente più alta che in passato. E non c’è nessuna “rampa” per superarla. Quindi, se i soldi li hai, nessun problema. Altrimenti….
Se chiunque dotato di “cervello” e nulla o quasi di più è in grado di creare per sé e per gli altri una azienda di successo, allora il sistema funziona. Se per ottenere successo devi essere figlio di qualcuno che ha posizioni previlegiate (indipendentemente dal perché le abbia conseguite) allora il sistema non funziona.
È questa la “mobilità sociale” buona: quella in cui una persona possa cambiare il corso della propria vita a suo piacere. In cui non devi essere già ricco (o benestante) per realizzare i tuoi sogni ma tu lo possa fare solo armato di idee e buona volontà (che significa sgobbare duro). Quindi, in un sistema ideale, tutto quello che ti serve per realizzarti lo hai di natura: le tue forze e la tua intelligenza.
Oggi non è così. Oggi, se non disponi di capitali tuoi, non puoi fare nuove iniziative con concrete possibilità di affermarsi. Oggi, “se sei povero, non crei posti di lavoro”.
È questo il fronte del sociale oggi: non la fabbrica. Neppure lo sfruttamento del lavoro. Il vero fronte è dare la possibilità alle persone di liberare un potenziale creativo che possa far avanzare tutta la nazione.
Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi